Eolico, un contributo al dibattito a cura di Piero Mazzinghi, ex dirigente di ricerca del CNR ed ex professore di Ottica Radiometrica e Fotometrica all’Università di Firenze.
Seguendo in questi giorni le discussioni, in Toscana e in Mugello, riguardo alla proposta di legge regionale sulle aree idonee al fotovoltaico e all’eolico e in generale sulla transizione energetica, rimango sempre stupito per il fatto che la discussione avviene sempre come confronto ideologico fra due tifoserie, come per una partita di calcio, senza valutare oggettivamente i dati e le evidenze scientifiche.
In realtà se si analizzano le cose con calma e metodo le conclusioni sono abbastanza semplici e ovvie. Innanzitutto spero che tutti siano convinti della necessità e dell’urgenza di cessare di bruciare ogni tipo di combustibili fossili, pena l’ulteriore intensificazione dei danni per i cambiamenti climatici che vediamo nel mondo e nel Mugello, anche recentemente. Chi non ne fosse ancora completamente convinto può leggere il libro “Ha sempre fatto caldo! E altre comode bugie sul cambiamento climatico” del collega Giulio Betti, del CNR-IBE di Firenze, che smonta le falsità e le bugie propagandate da pseudo-esperti o da prezzolati dai petrolieri. Come, per esempio, che effettivamente Annibale ha attraversato le alpi con gli elefanti, ma poi questi sono morti di freddo nell’inverno in pianura Padana. Alla faccia che anche allora faceva caldo!
Allora vediamo quali sono le emissioni di CO2, equivalenti, cioè considerando anche gli altri gas climalteranti, delle varie fonti di energia elettrica in tutto il ciclo di vita, contando quindi anche la costruzione e lo smaltimento finale degli impianti.
Come si vede chiaramente non c’è competizione, se vogliamo ridurre le emissioni bisogna passare alle rinnovabili! In particolare, a parte idroelettrico, ormai già sfruttato al massimo, e nucleare, che merita un discorso a parte, ad eolico e solare.
Alla stessa conclusione arriverebbero anche i più incalliti negazionisti climatici, o gli egoisti che dicono “tanto io ho l’aria condizionata in casa e in macchina!”, perché c’è un argomento convincente anche per loro: anche loro pagano le bollette e la benzina (o il gasolio) e si saranno accorti dell’aumento continuo dei prezzi! E quali sono le fonti energetiche più economiche? Chiaramente le rinnovabili sono in vantaggio, perché i “combustibili”, sole e vento, sono gratis e disponibili dappertutto senza doverli importare, magari da paesi poco raccomandabili, ma i costi totali? Il parametro che comprende tutti i costi di progetto, di costruzione, di funzionamento, di manutenzione e smaltimento a fine vita di un impianto di produzione di energia si chiama LCOE (Levelized Cost Of Energy).
Anche in questo caso si vede chiaramente che l’energia proveniente da eolico e fotovoltaico è la più conveniente. Per giunta, mentre i costi dei combustibili fossili, e anche dell’uranio, sono in continua crescita, quelli delle rinnovabili stanno diminuendo, quindi la scelta è ovvia.
Ma come fare la scelta fra le varie possibilità? Qualcuno sostiene che si possa fare la transizione solo con il fotovoltaico sulle coperture dei capannoni industriali. Sicuramente questo dovrà essere fatto, ma non basta. Analizzando i dati del Piano Strutturale Intercomunale del Mugello (leggi anche: Proposte “energetiche” per un Mugello rinnovabile ed autonomo), si vede che questo può produrre solo una parte minoritaria dell’energia che ci serve, la parte preponderante deve essere prodotta dall’eolico. Questa conclusione è del tutto generale, vale per l’Italia e per il resto del mondo.
Nella figura che segue si vedono i risultati per l’Italia del modello di transizione elaborato dall’università di Stanford, dove si vede che il contributo dell’eolico (onshore e offshore) per fornire energia con continuità a passi di un minuto, è del 51,3%.
Analoghi risultati si ottengono dallo studio fatto da ASPO Italia (Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio), pubblicato dal CNR, e da molti altri articoli scientifici (leggi anche: Geophysical constraints on the reliability of solar and wind power worldwide | Nature Communications).
Il motivo di questa prevalenza dell’eolico risulta evidente quando non si commette l’errore comune di considerare la potenza nominale degli impianti invece che l’energia prodotta. Poiché le fonti di energia rinnovabile sono intermittenti non producono sempre l’energia nominale, ma bisogna considerare quello che si chiama “capacity factor”, cioè la produzione media annuale effettiva rispetto a quella nominale. Per un impianto fotovoltaico istallato in condizioni ottimali alle nostre latitudini il CF è circa 0.14, cioè l’impianto produce in media il 14% della potenza nominale. In condizione meno ottimali, magari imposti da vincoli, anche molto meno. (leggi anche: Fotovoltaico nei centri storici: molto rumore per nulla).
Questo è evidente perché il sole non c’è di notte e in inverno ce n’è di meno. Per l’eolico invece questo fattore, in un posto ventoso, può anche superare il valore di 0.5, cioè per produrre l’energia media di un kW di eolico ci vogliono 4 kW di fotovoltaico.
Ma in Mugello, e in generale in Toscana, ci sono posti sufficientemente ventosi? Sedicenti “esperti” sostengono che “in Appennino non c’è vento”. Basta però andare a vedere le stesse fonti che questi citano per rendersi conto che questa è un’affermazione falsa, determinata da incompetenza o malafede. La figura seguente mostra la mappa del Capacity Factor di una turbina eolica nelle nostre zone.
Si può vedere che ci sono zone specifiche con CF molto alto, addirittura 0.57, di poco inferiore a quello nel Mare del Nord, che va da 0.6 a 0.65. La differenza è che nel Mare del Nord questi alti valori sono possibili in aree molto ampie, mentre da noi solo in aree specifiche molto delimitate, generalmente sui crinali. Il motivo è che la catena appenninica funziona come una gigantesca vela che “concentra” il vento sfogandolo sui crinali. È lo stesso effetto per cui le barche di Coppa America riescono viaggiare a 30 nodi anche con un vento a 10 nodi.
Alla stessa conclusione si arriva consultando l’atlante eolico di RSE oppure lo studio commissionato dalla Regione al LAMMA.
Ma c’è di più. Guardando nella stessa figura in basso a destra, si vede che il massimo di produzione degli impianti eolici (zone rosse) è di notte e nei mesi invernali, quindi perfettamente complementare alla produzione del fotovoltaico. Un approvvigionamento energetico solo da fotovoltaico richiederebbe enormi sistemi di accumulo. Quelli giornalieri sarebbero anche possibili, con batterie e pompaggio idroelettrico, ma quelli stagionali sarebbero praticamente impossibili senza l’apporto dell’eolico, o delle fonti fossili.
Per tutto ciò la determinazione delle aree idonee per l’eolico in Toscana è semplice: sono i crinali! E fra questi quali scegliere? Come abbiamo potuto vedere per l’impianto di Villore, l’impatto maggiore è quello delle infrastrutture per la costruzione, strade di accesso e collegamenti elettrici. Perciò la scelta migliore è di selezionare aree dove ci siano già strade e linee elettriche nelle vicinanze. Questo porta al paradosso che una eccessiva attenzione al cosiddetto impatto visivo, o paesaggistico, porta ad aumentare l’impatto ambientale perché costringe a realizzare gli impianti in zone remote, prive di infrastrutture che sono quindi da realizzare ex novo.
Non si capisce quindi perché nella bozza di legge regionale non siano state individuate aree idonee per l’eolico, che sarebbe semplice con i criteri di cui sopra, ma solo aree “normali”, con la conseguenza che la procedura autorizzativa, o meno, durerà 9-10 anni, contro una media europea di un anno e mezzo. In questi 10 anni l’energia dovrà continuare ad essere da combustibili fossili, con gli effetti che sappiamo. Inoltre questo porterà a favorire le grandi industrie, le uniche che possono permettersi di seguire procedure così lunghe e complesse, penalizzando magari piccole realtà locali, come cooperative o amministrazioni locali.
La motivazione è che “le procedure sono complesse e richiedono tempo”. Mah! Io ricordo il programma Apollo: dal discorso di Kennedy nel ’61 in cui lo annunciava allo sbarco di Armstrong sulla luna del ’69 sono passati 8 anni. Possibile che progettare e realizzare una missione lunare sia meno complesso che decidere dove si può mettere una turbina eolica?
Quanto poi agli altri supposti impatti circolano delle notizie al limite delle “fake news”, come quello sull’avifauna. Secondo Servizio forestale del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, non certo al servizio dei produttori di turbine, valuta in questa tabella la mortalità aviaria per cause umane. Come si vede le turbine eoliche sono una causa di morte assolutamente trascurabile.
Si potrebbe obiettare che attualmente le turbine sono poche, ma quando saranno molte di più? Bene, basta confrontare la mortalità con le altre fonti a parità di energia prodotta. Come si vede le turbine eoliche provocano 5 volte meno decessi delle centrali elettriche a combustibili fossili. Questo non solo per l’impatto diretto delle centrali, come le ciminiere e le emissioni di gas nocivi, ma anche per tutto il processo di estrazione, raffinazione e trasporto del carburante, che provocano distruzione di habitat e ulteriore inquinamento. (vd. Contextualizing avian mortality: A preliminary appraisal of bird and bat fatalities from wind, fossil-fuel, and nuclear electricity – ScienceDirect).
Una ulteriore disinformazione è quella relativa alla supposta “speculazione” che motiverebbe la costruzione degli impianti, trascurando il fatto che almeno a guadagnarci sono aziende italiane invece che sceicchi e oligarchi che poi spesso usano i guadagni per fare guerre e ricattarci minacciando di chiuderci i rubinetti. È chiaro che se qualcuno investe in qualcosa spera di guadagnarci, almeno nel lungo periodo, ma bisogna anche chiarire che non ci sono incentivi o sovvenzioni pubbliche per la realizzazione di impianti eolici, se non forse per pochissimi piccoli impianti per autoconsumo. L’unico guadagno, a fronte di milioni di euro spesi per la costruzione, è dovuto alla vendita dell’energia agli stessi prezzi degli impianti termici pur con prezzi di produzione più bassi. Questo è dovuto al meccanismo di costruzione del prezzo dell’elettricità, il PUN (Prezzo Unico Nazionale), che allinea il prezzo di tutte le fonti a quello più alto.
Questo meccanismo però è finito, e dal 1 gennaio 2025 è entrato in vigore il Prezzo Zonale. L’Italia è stata suddivisa in 7 zone e Toscana fa parte della zona Centronord, insieme a Marche ed Umbria. Se per ipotesi queste 3 regioni riuscissero a produrre tutta la propria energia elettrica con rinnovabili, il prezzo della componente energia delle bollette si ridurrebbe in proporzione all’LCOE visto sopra. Per questo è assurda una politica come quella della Sardegna (che fa zona a sé) di frenare le rinnovabili con la scusa che già producono più energia di quella che consumano. Ma allora chiudete le centrali a carbone, che vi forniscono la parte prevalente dell’energia a costi più alti! Finché ce ne sarà anche una sola il prezzo sarà determinato da quella! Purtroppo sembra che anche la Toscana sia avviata verso questa stessa politica.
Non ho speranze che tutto questo riesca a convincere quanti hanno già una posizione ideologica, ma spero che sia utile a chi ancora non ha preso una decisione per ragionare su dati oggettivi, di cui ho citato le fonti, e pensando al futuro dei giovani. So che per questo verrò attaccato e accusato, come è avvenuto per altri miei articoli, di fare “propaganda”. Lascio ai lettori decidere chi fa propaganda, se un pensionato, ex ricercatore, senza alcun interesse economico o politico, oppure qualche giornalista che sfrutta la sua posizione per candidarsi alle elezioni.
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