L’esercito ugandese (UPDF) ha annunciato l’invio di proprie truppe nella città di Bunia, nel nordest della Repubblica Democratica del Congo (RDC), in risposta ai «massacri della popolazione da parte delle milizie».
TRUPPE UGANDESI NELLA RDC
Kampala ha assunto questa decisione dopo che domenica scorsa il gruppo armato antigovernativo Movimento 23 marzo (M23) e le unità dell’esercito ruandese che lo sostengono, avevano conquistato Bukavu, capoluogo della provincia del Sud Kivu, città occupata militarmente a seguito a una rapida avanzata nella RDC orientale che alla fine di gennaio aveva portato alla presa di Goma, nel Nord Kivu. Bunia, centro urbano situato nei pressi del lago Alberto e al confine con l’Uganda, è frequentemente soggetta agli attacchi dei gruppi armati, in particolare del M23 e delle Forze Democratiche Alleate (ADF), queste ultime originariamente composte per lo più da ribelli ugandesi di religione islamica. La decisione di Kampala di schierare proprie forze nella RDC è stata presa in accordo con il governo di Kinshasa.
ULTIMATUM A BUNIA
Sabato scorso il comandante in capo delle forze armate ugandesi, generale Muhoozi Kainerugaba, aveva intimato un ultimatum di ventiquattro ore a tutti i combattenti presenti a Bunia affinché consegnassero le armi, minacciandoli di un attacco qualora non lo avessero fatto. Alcune settimane fa Kampala aveva reso noto che avrebbe rinforzato le proprie difese nelle regioni orientali della confinante RDC, zone dove agiscono i gruppi armati, senza tuttavia specificare l’entità e il numero di militari che avrebbe schierato. Al momento migliaia di soldati ugandesi sono presenti nell’Ituri, ma le ADF, che si sono macchiate di crimini contro la popolazione civile, continuano a saccheggiare e a uccidere la gente nonostante dalla fine del 2021 le unità dell’UPDF operino a fianco dell’esercito congolese (FARDC).
L’OPERAZIONE “SHUJAA”
Lo schieramento di forze nell’area di Bunia rientra in questa più vasta e prolungata, quanto inefficace, attività, denominata in codice «Operazione Shujaa». Sulla politica regionale ugandese a Kinshasa, poerò, alcuni sollevano dei seri dubbi, poiché accusano l’Uganda di danneggiare gli interessi della Repubblica Democratica del Congo attraverso il sostegno fornito al M23, consentendo ai guerriglieri di quest’ultimo di utilizzare il territorio ugandese come retroterra logistico, accuse che tuttavia sono state fermamente respinte. A questo punto si teme che l’escalation nella RDC orientale possa riportare a una situazione simile a quella che si verificò nel 1998, quando Uganda e Ruanda sostennero attivamente i gruppi ribelli nella regione, una dinamica che dette avvio alla cosiddetta Seconda guerra del Congo, che durò fino al 2003 coinvolgendo numerosi Stati africani e provocò milioni di morti a causa di violenze, malattie e carestia.
IL BELGIO SOSPENDE GLI AIUTI AL RUANDA
Intanto il Belgio (già potenza coloniale che fino agli anni Sessanta ha controllato i territori di Congo e Ruanda) ha sospeso gli aiuti finora erogati a Kigali a causa del sostegno da questa fornito al M23 e per il suo diretto coinvolgimento nel conflitto. dal canto suo il governo ruandese ha successivamente accusato Bruxelles di avere preso posizione in favore della RDC. «Il Belgio chiede una posizione più ferma da parte di Kigali e ha finalmente varato misure preventive», ha dal canto suo replicato il ministro degli Esteri belga Maxime Prévot. Nello specifico, lo scorso gennaio il Belgio aveva chiesto all’Unione europea di prendere in considerazione l’eventualità di imporre sanzioni a Kigali dopo che il M23 e le truppe ruandesi avevano conquistato militarmente Goma. Il governo ruandese ha accusato il Belgio di «aver orchestrato una campagna aggressiva assieme alla RDC, volta a sabotare l’accesso del Ruanda ai finanziamenti per lo sviluppo, anche da parte di istituzioni multilaterali», denunciando le recenti misure adottate da Bruxelles alla stregua di «ingiustificate interferenze esterne».
SANZIONI EUROPEE AL RUANDA?
In seguito, Kigali ha annunciato la sospensione del programma di aiuti bilaterali con il Belgio per il periodo 2024-29, il cui bilancio ammonta a 120 milioni di euro, (dati: agenzia di sviluppo belga Enabel). Dalla comunità internazionale aumentano nel frattempo gli appelli alla de-escalation, tuttavia sistematicamente ignorate, mentre aumentano i timori di una estensione del conflitto in guerra regionale. Sabato scorso, a seguito della richiesta del Parlamento europeo di sospendere la partnership sulle materie prime con il Ruanda, l’Unione europea ha annunciato che avrebbe esaminato urgentemente tutte le opzioni disponibili, ma finora non è stata annunciato il ricorso ad alcuna misura. Kinshasa accusa Kigali di voler controllare lo sfruttamento e il commercio dei minerali, materie prime di importanza strategica che abbondano nel sottosuolo della RDC orientale, utilizzabili nella produzione di batterie e apparecchiature elettroniche. Il Ruanda nega le accuse e contesta invece che la sua sicurezza verrebbe posta a repentaglio dai gruppi armati che operano nella regione, tra i quali le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), guidate da ex leader hutu in precedenza coinvolti nel genocidio dei tutsi in Ruanda.
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