Il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, comportando effetti traslativi, va soggetto a imposta di registro proporzionale (ex art. 8 comma 1 lett. a) della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86), che va applicata sui singoli beni costituenti l’attivo fallimentare trasferito, con le aliquote dell’imposta di registro previste dalla Tariffa per i vari beni o diritti. Resta fuori dalla base imponibile dell’imposta di registro, invece, l’accollo dei debiti, posto che ricade nella disposizione di cui all’art. 21 comma 3 del DPR 131/86.
Questo, in breve, il contenuto della risoluzione n. 13, pubblicata ieri, con cui l’Agenzia delle Entrate rivede il proprio orientamento in materia di tassazione del concordato fallimentare con terzo assuntore, allineandosi all’orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Va ricordato che il concordato fallimentare può prevedere l’intervento di un terzo assuntore (art. 124 del RD 267/42, art. 240 del DLgs. 14/2019), il quale:
– da un lato si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo (art. 1273 c.c. );
– dall’altro acquisisce le attività fallimentari.
In pratica, come illustrato anche dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 13, questa procedura si caratterizza per la produzione di un duplice effetto:
– uno obbligatorio, “che si realizza con l’assunzione degli obblighi derivanti dal concordato da parte del terzo e si sostanzia in una sorta di accollo dei debiti dell’imprenditore fallito da parte dell’assuntore”;
– uno traslativo, realizzato dal trasferimento all’assuntore del patrimonio fallimentare.
Con riferimento all’applicazione dell’imposta di registro, la prassi dell’Amministrazione finanziaria e la Cassazione sono allineate: il decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore, similmente al concordato preventivo con assuntore (cfr. ris. Agenzia delle Entrate 26 marzo 2012 n. 27), ma diversamente dal concordato con garanzia o con cessione di beni, non può andare soggetto all’imposta di registro in misura fissa, in quanto realizza effetti reali (circ. Agenzia delle Entrate 21 giugno 2012 n. 27, § 1.2 e risposta a interpello Agenzia delle Entrate 30 ottobre 2018 n. 55) anche ove non preveda il trasferimento di beni mobili o immobili al terzo assuntore, ma, ad esempio, solo crediti (Cass. n. 34249/2021).
Il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi della lett. a) dell’art. 8 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, senza che assuma rilevanza il generico e nominalistico riferimento agli “atti di omologazione” contenuto nella lettera g) del medesimo art. 8 (cfr. Cass. 2 marzo 2022 n. 6803, 12 aprile 2022 n. 11782, 7 settembre 2022 n. 26341). Trovano applicazione, quindi, le diverse aliquote previste dalla Tariffa per i vari trasferimenti di beni o diritti (cfr. la circ. Agenzia delle Entrate n. 27/2012, § 1.2).
Ma il problema affrontato dalla ris. n. 13 concerne specificamente la base imponibile, con riferimento all’accollo. Infatti, in passato, l’Agenzia delle Entrate (circ. n. 27/2012), rinvenendo il nesso di derivazione necessaria tra l’accollo dei debiti e i trasferimenti all’assuntore, applicava in questi casi il comma 2 dell’art. 21 del DPR 131/86, che sancisce la tassazione unica come se l’atto contenesse solo la disposizione più onerosa. A tal fine, l’Agenzia prescriveva di confrontare:
– l’imposizione del 3% gravante sulla parte del decreto relativo all’accollo dei debiti (ex art. 9 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86);
– l’imposizione gravante sui beni dell’attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato.
Di diverso avviso è, invece, la giurisprudenza di legittimità, che ritiene applicabile il comma 3 dell’art. 21 del DPR 131/86 che, con norma speciale (perché riguardante specificamente agli accolli), stabilisce che “non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni”. Quindi, la base imponibile dell’imposta di registro proporzionale da applicare sul concordato con terzo assuntore, secondo la giurisprudenza, è data dal valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, “con esclusione del contestuale accollo dei debiti collegato a detta cessione dei beni fallimentari” (tra le ultime, si vedano Cass. nn. 21144/2024; 29904/2023; 27086/2022; 34249/2021).
Mentre l’Amministrazione finanziaria valorizza l’autonomia dell’accollo rispetto al patto di concordato, i giudici di legittimità evidenziano che l’accollo è un effetto legale, non riconducibile alla volontà delle parti.
Ora l’Agenzia ritiene di allinearsi all’orientamento della Cassazione e, pertanto, dichiara che “devono ritenersi superati i chiarimenti forniti” con la circ. n. 27/2012.
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