Trump non cambia le leggi sull’immigrazione. Le applica

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La politica di contrasto all’immigrazione illegale di Donald Trump è così dirompente come viene descritta? Prima di tutto è bene ricordare che un presidente degli Stati Uniti non può cambiare le leggi. Quello è, semmai, il compito del Congresso. Con una decina di ordini esecutivi, firmati nei primissimi giorni dell’amministrazione, Trump può semmai indirizzare l’azione delle agenzie del governo federale, per applicare la legge in modo più o meno rigoroso. Quel che cambia, con Trump, rispetto ai presidenti precedenti e al suo stesso primo mandato, è un modo più rigoroso (e scenico) di applicare la legge.


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C’è stato, da parte di Trump, un solo tentativo di cambiare le norme nella loro sostanza ed è finora fallito: il presidente aveva già dichiarato nel suo primo mandato di voler abolire lo jus soli (diventa cittadino chi nasce sul suolo degli Usa), ma non se ne era fatto nulla, ora invece la riforma è preannunciata da un ordine esecutivo in cui si dispone di non conferire la cittadinanza ai figli di immigrati illegali o anche di quelli dotati di un permesso di soggiorno temporaneo. Questa piccola rivoluzione non è riuscita, perché, dietro denuncia di una ventina di governi statali democratici e di associazioni non profit, due giudici federali hanno bloccato l’ordine, ritenendolo incostituzionale.


Una novità, non solo nominale, consiste nel definire come “invasione”, anche nei documenti ufficiali la crisi migratoria al confine meridionale. Questo permette di chiudere i confini senza fare distinzioni fra ingressi illegali e richiedenti asilo. Oltre a permettere di schierare anche forze dell’esercito, non solo della polizia, in quella che viene definita una “priorità militare” volta a difendere “sovranità, integrità territoriale e sicurezza degli Stati Uniti”.


Seguendo lo stesso principio (fermare tutti, altrimenti finiscono le risorse per gestire l’immigrazione) è stata revocata anche la protezione umanitaria per le persone che provengono da paesi “a rischio”, come Venezuela, Nicaragua, Cuba e Haiti. Circa un milione di persone erano entrate negli Usa in base a questa regola, approvata dall’amministrazione Biden. Ora, benché Trump abbia vinto anche grazie al voto dei cubani e abbia un ministro (Marco Rubio) figlio di cubani, non farà distinzioni fra paesi a rischio e non. Tutti gli immigrati sinora coperti da protezione umanitaria dovranno essere espulsi. Oltre a ciò, verrà introdotto l’obbligo di registrazione, impronte digitali incluse, di tutti gli immigrati legali che non abbiano ancora preso la cittadinanza americana.


Il nuovo presidente ha anche ridotto o annullato del tutto i finanziamenti alle associazioni non profit che assistevano gli immigrati, soprattutto a quelle che fornivano assistenza legale a chi cercava di ottenere la cittadinanza e ai richiedenti asilo. Biden aveva elargito circa 650 milioni di dollari a tutte le associazioni e gli enti che rientravano nel Ssp (Programma per il rifugio e i servizi agli immigrati).


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Infine, i cartelli internazionali della droga, forti soprattutto in Messico, sono stati designati come “organizzazioni terroristiche”, ciò vuol dire che contro di loro può essere condotta una guerra vera di contro-terrorismo, con tutti i mezzi finora impiegati contro i jihadisti.


Oltre a questi provvedimenti nuovi, Trump ha riesumato anche le politiche che aveva introdotto, o cercato di introdurre, nel suo primo mandato (2016-2020). Fra queste misure, troviamo: la sospensione dell’ammissione di nuovi rifugiati negli Usa, il divieto di scarcerare gli immigrati illegali arrestati (per qualsiasi ragione spingesse a rilasciarli), tenere in Messico i richiedenti asilo, cercare paesi terzi per ospitare sul loro territorio i richiedenti asilo (il Salvador ha già risposto all’appello),  reintrodurre il test del Dna per le famiglie di immigrati illegali, ritenere passibili di espulsione tutti gli immigrati illegali (in quanto illegali) a prescindere dal fatto che si siano macchiati o meno la fedina penale. Aumenta di nuovo anche il novero di cittadini americani che possono essere privati della cittadinanza, non solo nazisti e criminali di guerra (come nei decenni passati), ma anche cittadini naturalizzati americani che abbiano mentito durante il processo di ottenimento della cittadinanza.


Questo irrigidimento della politica sull’immigrazione ha sinora portato, fra il 20 gennaio e il 5 febbraio, a 5693 immigrati illegali espulsi, arrestati 8768, da 121 paesi, di cui poco più di 4mila solo dal Messico. Mancano le risorse per accelerare il processo delle espulsioni degli immigrati illegali, per questo l’amministrazione sta potenziando i dipartimenti dell’Fbi che se ne occupano, a costo però di sottrarre risorse da altri dipartimenti, come quelli sull’anti-terrorismo e sul contro-spionaggio.




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