La crisi tedesca e ascesa dell’AfD

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Dal 1945, la Germania convive con il senso di colpa per aver generato il Nazionalsocialismo e lo sterminio degli ebrei. La questione della colpa (Schuldfrage) rende il popolo tedesco ontologicamente responsabile di crimini commessi tre generazioni fa, che sembrano espiabili solo attraverso il rifiuto di qualsiasi forma di “chiusura”, in particolare verso gli stranieri. Una società ossessionata da un passato che non passa finisce per sostituire la realtà con un modello di inclusione e apertura che, negli ultimi decenni, ha ripetutamente dimostrato il suo fallimento.

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Inseguire costantemente i buoni sentimenti porta alla perdita di oggettività e a paradossi: si può davvero – come molti vorrebbero – escludere un partito (Alternative für Deutschland) dalle elezioni per difendere la democrazia senza venir meno alla democrazia stessa? Come può la Germania democratica, dove l’antisemitismo è un tabù e la sua condanna uno dei pilastri identitari del Paese, accettare la presenza di immigrati musulmani che elogiano Hamas, gridano “Allah Akbar” sventolando bandiere della Palestina e promuovono la distruzione di Israele? Si può forse essere antisemiti, a patto di non essere tedeschi etnici?

La verità è che oggi l’antisemitismo è un sentimento che caratterizza gli immigrati musulmani, l’estrema sinistra e solo marginalmente la destra. L’AfD non ha mai smesso di condannare l’antisemitismo e di dare pieno sostegno a Israele: niente di più normale in Germania. Il partito di destra – nato da professori universitari euroscettici – viene tuttavia apostrofato come “neonazista” perché insiste sulla questione dell’impossibile assimilazione degli immigrati extraeuropei (12,46 milioni, il 14,9% della popolazione), come se ciò non fosse vero.

Il totale complessivo degli immigrati in Germania è di quasi 24 milioni su 84 milioni d’abitanti. Di questi, circa 11 milioni provengono da Africa o Asia.

La questione di fondo dell’immigrazione è che gli stranieri hanno un’età media più bassa e sono mediamente più fecondi. Questo significa che, nel lungo periodo, la popolazione autoctona invecchia e diminuisce, mentre gli stranieri aumentano. Oggi, in Germania, un quarto degli studenti non parla tedesco tra le mura di casa.

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Il numero di immigrati provenienti da Iraq, Siria e Afghanistan in Germania è quasi quintuplicato in 12 anni.

In Germania la liberà d’espressione non è più un diritto

L’ex responsabile del servizio segreto interno («Ente federale per la protezione della Costituzione»), Thomas Haldenwang (2018-2024), metteva in guardia affermando che «la libertà di espressione non è carta bianca» e che devono essere monitorati anche coloro che, pur senza violare il codice penale, «delegittimano lo Stato». Ancor più orwelliana è stata la sua considerazione sul linguaggio: infatti, per l’ex responsabile del servizio segreto interno, in Germania sta avvenendo «uno spostamento dei limiti mentali e verbali. Dobbiamo fare attenzione a che certi paradigmi di pensiero e linguistici non si annidino nella nostra lingua». Vietato pensare, vietato parlare al di fuori della «democrazia protetta», che diventa sempre più simile a uno «Stato di sorveglianza» in stile DDR.

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Prima di Haldenwang, a capo del servizio segreto interno c’era Hans-Georg Maaßen, nominato nel 2012. Ha guidato l’intelligence interna fino al 2018, quando è stato rimosso dal suo incarico dal governo di Angela Merkel. La sua destituzione è avvenuta in seguito alle sue dichiarazioni sulle proteste di estrema destra a Chemnitz, che “minimizzavano” le violenze contro i migranti e mettevano in dubbio la narrazione ufficiale del governo. Dopo la sua uscita dal servizio segreto, Maaßen si è spostato sempre più a destra, criticando le politiche migratorie della CDU e fondando “Unione dei Valori”, un movimento interno alla CDU che nel 2024 si è trasformato in partito. Il suo obiettivo è quello di sdoganare l’AfD e promuovere una collaborazione tra CDU e AfD, posizione talmente «sovversiva» da farlo finire, a sua volta, nel mirino dei suoi ex colleghi dei servizi segreti.

Per comprendere le pressioni subite dall’AfD, oltre alle quotidiane accuse di essere un partito neonazista e quindi costantemente sotto la lente dei servizi interni, basta considerare un fatto significativo: il regolamento del Bundestag prevede che ogni gruppo parlamentare designi un vicepresidente d’aula. Eppure, nel parlamento tedesco, tutti i partiti ne hanno uno, tranne l’AfD, la cui elezione viene sistematicamente sabotata. Inoltre, i suoi esponenti vengono esclusi dai dibattiti televisivi e il parlamento ha approvato una legge per escludere il partito di destra dal finanziamento delle fondazioni. Nel 2020, Angela Merkel arrivò persino a pretendere le dimissioni del liberale Thomas Kemmerich, colpevole di aver vinto in Turingia con i voti dell’AfD.

Democrazia sospesa in nome della democrazia

Non stupisce, dunque, che oltre la metà dei tedeschi non esprima pubblicamente il proprio orientamento politico per timore dell’esclusione sociale o addirittura di finire negli elenchi dei super attenti servizi segreti. Ciò di cui, invece, si parla spesso è la guerra. Dal 24 febbraio 2022, la possibilità di uno scontro armato che coinvolga anche la Germania è un tema dibattuto quotidianamente. Il ministro della Difesa, Boris Pistorius, ormai da tre anni parla di una possibile reintroduzione del servizio militare obbligatorio, arrivando a sostenere che una guerra contro la Russia potrebbe realizzarsi entro otto anni. Il ministro dell’Istruzione, Bettina Stark-Watzinger, ha sostenuto che «Gli ufficiali dovrebbero venire negli edifici scolastici a raccontare ciò che stanno facendo per la nostra sicurezza».

La guerra preoccupa, a partire dalle questioni economiche. Berlino è stata la più colpita dagli effetti delle sanzioni contro la Russia. Secondo la Hans Böckler Stiftung, il conflitto in Ucraina ha causato alla Germania una riduzione del PIL del 5%. Alice Weidel ha recentemente dichiarato: «Vogliamo avere relazioni molto buone con i nostri vicini europei… ma vogliamo anche avere relazioni molto buone con le grandi potenze. Questo include la Russia… Fino a due anni fa, ricevevamo gas naturale a basso costo dalla Russia attraverso un consorzio chiamato Nord Stream. Vogliamo porre fine alla politica delle sanzioni, che danneggia principalmente il nostro Paese».

“Chi è causa del suo mal pianga se stesso”

Tuttavia, la crescita dell’AfD non dipende solo da questo. Il partito guidato da Alice Weidel è molto popolare proprio nell’ex DDR. Nella fu Germania dell’Est, 35 anni dopo l’unificazione, non solo non è stata “assorbita” l’alterità culturale (antioccidentale) dei tedeschi orientali, ma gli stipendi sono mediamente più bassi (15-20%) rispetto al resto della Germania, così come più basse sono le pensioni e più alta è la disoccupazione. Non solo: i tedeschi dell’Est sono sottorappresentati nelle istituzioni. A ciò si aggiunge il fatto che in Germania vivono 2,5 milioni di russi (Russlanddeutsche), terza minoranza dopo turchi e polacchi, che apprezzano le politiche conservatrici e “filorusse” della Weidel. AfD, dunque, è lo strumento di riscatto dei tedeschi dell’Est e, unendo questa “causa regionale” a temi nazionali (crisi economica, immigrazione, maggiore indipendenza da Washington), il partito è cresciuto anche nel resto della Germania come forza anti-establishment.

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Secondo i sondaggi l’AfD è il primo partito in tutto il territorio della ex Germania orientale, riflettendo così quasi perfettamente la divisione del paese durante la Guerra Fredda.

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Secondo il politologo tedesco Werner J. Patzelt le ricerche demoscopiche degli ultimi anni evidenziano un cambiamento significativo nell’opinione pubblica: è in aumento il numero di persone, sia anziane che giovani, che non credono più al principio, considerato scontato nei decenni passati, che le generazioni future avranno una vita migliore delle precedenti. Questo spiega perché il partito dei Verdi, che sin dalla sua nascita ha basato il proprio messaggio sulla promessa di un futuro migliore, facendo leva sulla solidità economica tedesca, sta perdendo consensi tra gli elettori più giovani. Il crescente sostegno all’AfD tra i giovani non sembra tanto essere dovuto alla diffusione di nuove ideologie di estrema destra, quanto piuttosto alla percezione che i partiti tradizionali – in  particolare i Verdi – abbiano  condotto la Germania verso una fase di decadenza e di perdita di stabilità.

La verità è che la CDU è la principale causa dell’ascesa dell’AfD. Negli ultimi anni, il partito della Merkel – teoricamente di centrodestra – ha assunto posizioni immigrazioniste (tra il 2015 e il 2016, la cancelliera decise di accogliere un milione di profughi provenienti dalla Siria) e ambientaliste, spingendo gli elettori verso risposte “più di destra” e trovando nell’AfD l’unico contenitore politico. Inoltre, tutto l’apparato politico tedesco, anziché aprirsi al dialogo con gli esponenti dell’AfD, ha cercato sempre di censurarli, emarginarli, se non addirittura perseguirli a norma di legge. Risultato: la destra cresce, erodendo consensi alla “finta destra”.

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La Germania sta vivendo una crisi profonda. La guerra in Ucraina ha scosso le coscienze dei tedeschi: non si può vivere solo di economia nell’attuale caos globale, con guerre che arrivano alle porte dell’Europa. Negli USA sta avvenendo un profondo cambiamento, di cui Trump è solo l’espressione politica, quella più visibile. Gli americani sostengono che gli europei devono provvedere da soli alla loro difesa, il caos globale aumenta e l’obiettivo primario di Washington è il contenimento della Cina nell’Indo-Pacifico. Questo ci carica di responsabilità che, a dispetto dei fanatici europeisti, farà emergere maggiormente la frammentazione dell’Europa, le cui nazioni hanno interessi spesso inconciliabili. Starà alle singole nazioni collaborare sui singoli dossier, fermo restando che ciò che unisce due nazioni in una regione può dividerle in un’altra.

Tuttavia, questa è anche una grande occasione per gli europei di ritagliarsi nuovi margini di manovra. In questa corsa, la Germania arriva in ritardo massimo: esercito carente e dipendenza economica dalla Cina. L’AfD rappresenta un sintomo di questa crisi. Alle prossime elezioni, il partito della Weidel toccherà il picco dei consensi, ma il «cordone sanitario» con ogni probabilità le impedirà di far parte della prossima maggioranza. L’unico modo che i partiti tradizionali – la CDU in prima linea – hanno di arginare l’AfD è quello di assorbirne le istanze: abbandonare le politiche green, ridurre l’immigrazione, aumentare la sicurezza, riaprire – per quanto possibile – canali di dialogo con la Russia, investire in difesa, “recuperare” – ci sia consentito il verbo – i tedeschi orientali. Fare tutto ciò che normalmente viene chiamato interesse nazionale.

Fonti

I grafici elaborati dall’autore si basano sui dati estrapolati dal sito “destatis.de”

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«Die Haldenwang-Kontroverse», Nikolaus Doll, welt.de, 12.04.2024
«Jeder Deutsche verliert 2.600 Euro durch Energiekrise in Folge des Ukrainekriegs», NDR, 18.4.2024
«Stark-Watzinger will Zivilschutzübungen an Schulen», Süddeutsche Zeitung, 16.3.2024.
«Far-right candidate for German chancellor wants “good relations” with Russia», babel.ua, 16.02.2025.
Werner J. Patzelt, «La prevedibile ascesa di AfD, La Germania senza qualità» («Limes» 6/2024)



Umberto Camillo Iacoviello

Battitore libero del pensiero non conforme, scrive per diverse testate e blog. Si interessa di dinamiche demografiche, storia, geopolitica e «ideologie alla moda».



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