Il webinar del CEN dedicato alle nuove norme sull’ecoprogettazione per la transizione all’economia circolare.
Lo scorso 13 febbraio si è svolto lo stakeholder forum del Circular Economy Network dedicato all’ecodesign. Tema quanto mai attuale: ad aprile, infatti, la Commissione Ue dovrebbe licenziare il primo piano di lavoro previsto dal nuovo regolamento ecodesign. Ma ci sono molte altre date che le aziende dovranno segnare in agenda, che andranno a delineare il calendario di implementazione e aggiornamento delle nuove norme sul tema. L’appuntamento del CEN è nato con l’intento di capire quanto e come possa incidere l’ecoprogettazione sulla transizione all’economia circolare. Ma è stato anche un momento di confronto con le aziende per fare il punto sulle misure che già stanno mettendo in atto per adeguarsi al nuovo quadro normativo.
L’ecoprogettazione riduce la dipendenza dalle importazioni di materie prime strategiche
“Il regolamento avrà impatti favorevoli sull’economia – ha spiegato Roberto Morabito, presidente dell’ICESP, l’Italian circular economy stakeholder platform – perché favorisce il disaccoppiamento della crescita dal consumo di risorse, riduce la dipendenza dall’importazione di materie prime strategiche, aumentando resilienza e competitività del sistema produttivo. Per le imprese può significare riduzione del costo dei materiali e del conferimento dei rifiuti, ma anche creazione di nuove opportunità di business, ad esempio nei settori della manutenzione, riciclaggio, riparazione e rifabbricazione”.
Morabito ha illustrato alcune soluzioni da applicare in tutte e tre le fasi che caratterizzano la vita di un prodotto – pre-uso, uso, fine vita – al fine di adottare approcci di ecodesign. Dalla scelta dei materiali (riciclabili o a basso impatto) all’ottimizzazione del design per ridurre peso e volume. Dalla realizzazione di prodotti durevoli a una progettazione modulare (che consenta la sostituzione dei soli componenti danneggiati). Dal creare prodotti che siano facilmente smontati al termine del ciclo di vita al predisporre sistemi di tracciabilità dei materiali in modo da favorire il loro corretto riciclo. Fino ai sistemi di logistica inversa: la possibilità di ritiro del prodotto per consentirne la rigenerazione e la rivalorizzazione.
Stefano Leoni, responsabile scientifico del CEN, ha elencato le date che definiscono il calendario degli atti che dovranno essere prodotti per la progressiva attuazione del regolamento. Tra le prime citiamo, innanzitutto il piano di lavoro che dovrebbe arrivare entro la fine di aprile. Un piano con validità triennale comprensivo della prima lista dei prodotti da adeguare ai nuovi criteri di ecodesign. Il testo del regolamento definisce alcune categorie di prodotti a cui la Commissione sarà obbligata a dare priorità. Tra queste rientrano:
- ferro e acciaio,
- alluminio,
- tessili (abbigliamento e calzature),
- mobili (inclusi materassi),
- pneumatici,
- detersivi, vernici, lubrificanti, prodotti chimici,
- prodotti energetici e prodotti ICT.
I primi requisiti di ecoprogettazione sostenibile e le informazioni per l’invenduto sono attesi per la fine di luglio. Su alcune categorie di prodotti è stato già stabilito un divieto di distruzione dell’invenduto (abbigliamento e calzature) che sarà effettivo dal 29 luglio 2026 (per le Pmi l’obbligo scatta dal 2030). Sempre nel luglio del prossimo anno dovrebbe arrivare il registro digitale per la conservazione degli identificativi unici, prerequisito essenziale per il passaporto digitale dei prodotti.
Dall’ecodesign benefici per 23 miliardi
“La Commissione ha stimato i possibili impatti di qui al 2030 delle nuove norme di ecoprogettazione – ha spiegato Leoni – confrontando lo scenario business as usual con lo scenario in cui vengono introdotte misure di ecodesign. I maggiori costi di spesa delle imprese saranno ampiamente compensati da minori costi energetici (-162 miliardi al 2030), maggiori ricavi (+23 miliardi) e maggior occupazione (+252 mila nuovi posti di lavoro)”.
Per essere efficace, il nuovo regolamento Ecodesign dovrà intervenire in maniera dettagliata in ogni singolo settore preso in considerazione. Il che lo espone a una deriva regolatoria e burocratica che potrebbe rendere la vita complicata alle imprese. “Se osserviamo il processo dall’alto, vediamo un disegno complessivo innovativo e un cambiamento di paradigma – ha sottolineato Edo Ronchi – ma dobbiamo pensare alla sua traduzione nel nostro tessuto produttivo fatto di medie, piccole e piccolissime imprese. È una criticità da tenere presente, soprattutto nel contesto attuale in cui c’è una culturale che contesta l’eccesso di regolazione”. “Un’articolazione così complessa richiede formazione e informazione”, ha proseguito Ronchi. “Il livello di conoscenza delle problematiche, soprattutto nelle Pmi, non sempre è all’altezza”.
Dalla sezione documenti è possibile scaricare le presentazioni di Roberto Morabito e Stefano Leoni.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link