Crosetto vuole altri 17 miliardi di euro in armi. Forza Italia e FdI: «Li troveremo col sostegno dell’Europa», ma la Lega frena

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Il ministro della Difesa punta al 2,4% del Pil. Bignami: «Lo scorporo dal patto di stabilità grande aiuto», Matteo Perego (FI): «Sì agli eurobond», ma la leghista Pucciarelli: «L’Europa finora ha fatto poco»

La guerra in Ucraina pesa come un macigno sui conti dell’Italia, ma Palazzo Chigi non sembra intenzionato a fare marcia indietro sugli impegni presi con la Nato. E per alcuni partiti lo scorporo delle spese per la Difesa dalla tenaglia del Patto di stabilità (la proposta arrivata la scorsa settimana dalla Commissione europea) potrebbe essere la chiave per superare gli ostacoli economici che ci tengono lontani dalle grandi potenze. «Non c’è tempo da perdere: per rispettare gli obiettivi di capacità militare che ci chiede la Nato dobbiamo centrare il target del 2,4% del Pil impegnato”, ha dichiarato oggi il ministro Guido Crosetto in un’intervista al Messaggero. Le dichiarazioni arrivano dopo una serie di incontri in cui si è discusso del futuro dell’Ucraina e della sicurezza dell’Europa. Solo la scorsa settimana il segretario dell’Alleanza atlantica, Mark Rutte, ha chiesto agli Stati membri presenti alla Conferenza di Monaco di spendere di più, “molto di più» per la loro difesa: l’obiettivo deve essere quello di superare il 3% del pil. Ma se rivediamo gli sviluppi delle ultime settimane e confrontiamo i numeri forniti dal ministro, qualcosa non torna. O meglio, qualcosa manca, e si tratta di vuoti difficili da ignorare. Nell’intervista il ministro spiega che l’Italia dovrà impegnare il 2,4% del suo Pil per la Difesa. In termini assoluti, questo significa 51,3 miliardi di euro, ma attualmente il nostro Paese ne destina 33,5 miliardi. Insomma, servirebbe un aumento del budget del 53,43%, pari a 17,9 miliardi di euro. Dove trovarli?

La disponibilità di Forza Italia e meloniani

«Molto dipenderà dall’apertura mostrata da Ursula Von der Leyen sullo scorporo del Patto di stabilità, che consente ai singoli Paesi di accumulare deficit sulle spese per la difesa. Questa è una delle possibili modalità” a dirlo è Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario di Stato al ministero della Difesa, tra le fila di Forza Italia.  Ma ci sono altre due vie possibili secondo il sottosegretario: «Un’altra opzione potrebbe essere quella di creare strumenti finanziari comuni, come gli eurobond o titoli specifici per finanziare la difesa. Sarà necessario uno strumento finanziario dedicato, non basterà una manovra».  E intensificare i rapporti tra pubblico e privato «potrebbe rivelarsi cruciale, aprendo la strada all’ingresso di investitori privati e istituzionali come fonte di finanziamento» chiarisce Perego. Anche per il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Galeazzo Bignami, lo scorporo degli investimenti dal Patto di stabilità potrebbe essere la soluzione per sbloccare i 17 miliardi: «Il ministro Crosetto sottolinea da tempo l’importanza di escludere le spese per la Difesa dal Patto di stabilità, ne ha fatto una battaglia personale. Questa rappresenta una delle possibili soluzioni da perseguire». I 17 miliardi, specifica Bignami, non saranno sottratti ad altri settori fondamentali per il Paese, perché «il problema non è solo italiano, ma coinvolge l’intero sistema europeo”, che deve affrontare le sfide di un contesto geopolitico bollente. In quest’ottica, «per soddisfare adeguatamente le esigenze di finanziamento della Difesa serviranno degli strumenti finanziari a livello comunitario».

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Salviniani prudenti

Frena invece la Lega, per il partito di Matteo Salvini l’obiettivo del 2,4% è ancora un miraggio lontano: «L’’Italia non è ancora riuscita a raggiungere il 2%. Per adesso il nostro obiettivo resta questo” – specifica la senatrice del Carroccio Stefania Pucciarelli – dal giorno dopo l’insediamento dell’attuale governo, l’Italia ha sottolineato la necessità di sottrarre le spese per la Difesa ai rigidi paletti europei che regolano la gestione dei conti pubblici”. Poi prosegue: «Fin quando le spese della difesa rimangono concorrenti con quelle della sanità o dell’istruzione, penso sia difficile poterle incrementare ulteriormente. Questa è una sfida non solo italiana ma europea: rispondere a nuove emergenze con misure d’emergenza. Mi sembra che a distanza di tre anni dall’invasione russa la discussione è ancora in una fase iniziale. L’Europa continua a non rispondere e continua ad essere distante dalle sollecitazioni esterne».



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