Caso-Paragon, divampa lo scontro fra opposizioni e governo. Palazzo Chigi: “Chiarimenti solo al Copasir”

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Da un lato ci sono la Federazione della stampa e l’Ordine dei giornalisti che hanno presentato una denuncia contro ignoti alla Procura di Roma per fare chiarezza sul caso dei giornalisti spiati attraverso lo spyware Graphite dell’azienda israeliana PARAGON, dall’altro lato c’è un muro contro muro sempre più duro fra opposizioni e governo. Difatti, se l’esecutivo sceglie di non rispondere in Aula, ma “nelle sedi opportune, come il Copasir”, invece le opposizioni mantengono il punto e intensificano il pressing su Palazzo Chigi per avere risposte in Aula sull’utilizzo dello spyware di produzione israeliana, per mezzo del quale sarebbero stati spiati giornalisti e attivisti in Italia, fra i quali il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e Luca Casarin, fondatore della Ong Mediterranea.

Le minoranze

Dopo i reiterati richiami delle minoranze a Giorgia Meloni e la richiesta di informativa urgente arrivata dal partito di Matteo Renzi, le forze che non sostengono l’esecutivo provano a ‘stanare’ il governo attraverso il question time. Ma il sottosegretario ai Servizi, Alfredo Mantovano – che scrive al presidente Fontana – fa sapere che le uniche notizie divulgabili sulla vicenda Paragon sono già state fornite. Il resto non è divulgabile. Le opposizioni insorgono, parlano di “prerogative del Parlamento violate”, di “un gravissimo precedente” e di un “vulnus”. E attaccano anche lo stesso presidente Fontana, ‘reo’ di “avallare” tale comportamento. E’ a Fontana, infatti, che si rivolgono chiedendo di intervenire a “tutela e difesa delle prerogative parlamentari e delle opposizioni”. Ma alla conferenza dei capigruppo le posizioni di governo e presidente della Camera restano immutate: “Siamo profondamente insoddisfatti”, afferma la capogruppo Pd Chiara Braga. E il presidente dei deputati Iv Davide Faraone chiosa: “Di fatto, con il rifiuto a rispondere se è stata la polizia penitenziaria ad utilizzare Paragon, il governo lo ammette”.

Il punto

Infatti, è proprio questo il punto: le opposizioni vogliono sapere se il software fornito dalla società israeliana è o è mai stato nella disponibilità della polizia penitenziaria o delle Procure. Il governo respinge ogni accusa e alla fine dice chiaramente di no per la polizia durante il question time il Guardasigilli Carlo Nordio, Ma non solo: “Non c’è nessuna volontà di non dare informazioni”, scandisce il ministro Ciriani. Tuttavia, trattandosi di informazioni “non divulgabili”, il governo le darà complete “nelle sedi opportune”. “Si tratta di dare risposte su informazioni classificate e quindi il governo non può riferire tutto pubblicamente – insiste Ciriani – perché si tratta di informazioni che non possono essere divulgate. Tutte queste informazioni possono invece essere divulgate nelle sedi opportune, che sono quelle previste dalla legge”, e cioè “il Copasir, che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni”.

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L’articolo

L’articolo a cui ha fatto riferimento l’esecutivo per non rispondere al question time è il 131 del Regolamento della Camera, che dispone: “Il governo può dichiarare di non poter rispondere indicandone il motivo. Se dichiara di dover differire la risposta, precisa in quale giorno, entro il termine di un mese, è disposto a rispondere”. La deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, però, osserva: “Se Fontana avalla questo si assume una responsabilità gravissima”. Dello stesso avviso Federico Fornaro del Pd: “Non ci sono motivazioni per rifiutarsi di rispondere al question time, dov’è il segreto? Così salta uno dei cardini della democrazia parlamentare”. Sulla stessa linea Riccardo Magi: viene “inferto un altro colpo alle prerogative del Parlamento e alla correttezza dei rapporti tra governo e Parlamento”. Ed è Matteo Renzi a tirare le somme sui social: “Io non so se ci rendiamo conto: il question time si fa solo se il governo gradisce le domande. Per me siamo oltre il delirio istituzionale: scappano dal Parlamento, ma mandano le veline alle redazioni. Mala tempora currunt…”. Ma, avverte il leader Iv, “le maggioranze cambiano, le Istituzioni restano. Adesso si è ferita la democrazia parlamentare”.

AVS

“Non possono essere utilizzati strumenti del genere, come l’art. 181, per coprire responsabilità penali. Se il governo sta coprendo qualcuno ha l’obbligo di dire chi sta coprendo”. Lo ha affermato Angelo Bonelli (AVS) rispondendo ai cronisti a Montecitorio, dopo aver ribadito, in linea con Nicola Fratoianni (AVS) che la vicenda Paragon “è gravissima”. “Sono state fatte affermazioni molto gravi, prima facendo trapelare elementi sulla vicenda e poi suggerendo di chiedere in merito alle Procure. Sono modalità queste – ha aggiunto Bonelli – assolutamente incompatibili, come postura, al linguaggio delle istituzioni. Non si può sentire da un‘Autorità delegata ai servizi ‘chiedete alle Procure'”. “Noi non chiediamo alle Procure – ha ribadito l’esponente Avs – ma vogliamo sapere dal governo perché, come appare evidente, qualche apparato dello Stato ha utilizzato quei software. Se Meloni pensa di essere come Trump, che firma ordini esecutivi come fosse Dio-Patria-Legge, se lo può scordare”. “Su un questione così grave – ha concluso Bonelli – il governo rischia di traballare”.



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