Sentenza europea su Terra dei Fuochi. Parla il Presidente di Ecomafie

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Pietro Luppi

Alla luce di oltre 150 pagine colme di dati, evidenze, argomentazioni e ricostruzioni giudiziarie, lo scorso 30 gennaio la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato in via definitiva lo Stato italiano per non aver protetto adeguatamente gli abitanti della cosiddetta Terra dei Fuochi, area ubicata tra le province di Napoli e Caserta, martoriata per decenni dagli smaltimenti illegali di rifiuti (per leggere la versione integrale della sentenza fai clic qui). Una sentenza storica, che nasce da un esposto presentato nel 2014 da 41 cittadini. Il primo firmatario dell’esposto, Alessandro Cannavacciuolo, ha raccontato in una conferenza stampa che la sua famiglia è stata decimata. “La nostra azienda di ovini a pascolo brado, che si nutrivano dei campi coltivati, è stata devastata. Molti miei parenti si sono ammalati di tumore. Mio zio, che era socio dell’azienda, è morto in soli trenta giorni, e nel suo sangue è stata trovata una concentrazione altissima di diossina”.

“Questa sentenza sancisce che c’è stata una violazione del diritto alla vita” ha aggiunto Cannavacciuolo. “Quando mostravamo gli agnelli deformi in piazza lo Stato si è girato dall’altra parte e ha abbandonato i cittadini al loro destino”.

Secondo la Corte a contribuire all’incapacità dello Stato italiano di contrastare il business degli smaltimenti illegali gestito dalla camorra, è stata anche la mancanza di coordinamento e di informazioni. Le relazioni delle Commissioni Bicamerali Ecomafie succedutesi negli ultimi 25 anni, attentamente analizzate dai giudici, hanno dato conto del fenomeno ma senza riuscire a fornire quadri realmente completi di quanto stesse accadendo, e senza offrire soluzioni veramente efficaci per sconfiggere il sistema.

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In via eccezionale, quindi, i quarantasette giudici di Strasburgo hanno fatto uso della loro prerogativa di imporre al condannato strategie ed azioni dettagliate finalizzate al superamento di un fenomeno che si considera ancora vigente. L’Italia, stabilisce la Corte, dovrà tener conto dell’evoluzione della situazione, visto che vengono scoperte nuove discariche e i rifiuti continuano a essere bruciati.

Su questo tema, Oltre il Green 24 ha interpellato l’On. Jacopo Morrone, attuale Presidente della Commissione Bicamerale “Ecomafie”.

In Campania il fenomeno degli smaltimenti illeciti è diminuito, anche se non scomparso, ma gli smaltimenti illeciti sembrano trasferirsi in altre Regioni e, sempre di più, in paesi esteri dove la tracciabilità si interrompe totalmente. Esiste il rischio che il maggiore controllo e repressione in un’area specifica non facciano altro che determinare uno spostamento del problema?

Il fenomeno degli smaltimenti illeciti è ancora vivo. Lo testimoniano gli episodi denunciati dalle forze dell’ordine, da cittadini e amministratori pubblici che trovano anche vasta risonanza mediatica. Si tratta di un fenomeno estremamente variegato e per questo difficile da interpretare in tutti i suoi aspetti e di conseguenza problematico da contrastare in modo efficacemente unitario. Si articola, infatti, attraverso impianti di trattamento censiti e autorizzati, siti abusivi di stoccaggio o trattamento, depositi occasionali, cumuli non autorizzati, contenitori di rifiuti stradali, roghi di rifiuti abbandonati. Ad oggi, comunque, si può affermare che il fenomeno degli interramenti di rifiuti anche pericolosi è in diminuzione fino a poterlo considerare residuale, permangono illeciti in forme diverse, per esempio i rifiuti trovano nuovi sbocchi geografici seguendo rotte diversificate verso il nord Italia ma soprattutto verso paesi esteri dove i controlli e la legislazione non sono così stringenti come in Italia. È su queste rotte che intende lavorare la Commissione con l’obiettivo di indagarle per individuare possibili ipotesi di miglioramento anche normativo da sottoporre al legislatore.

La Corte Europea chiede al Governo di combattere il fenomeno. Cosa possono fare i legislatori per aiutarlo in questa battaglia? Quali sono le carenze normative da colmare? A livello strutturale, quali potrebbero essere le soluzioni?

Compito della Commissione è svolgere indagini, audizioni e missioni su attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari anche con riguardo al ruolo della criminalità organizzata e alla verifica di eventuali comportamenti illeciti di soggetti pubblici o privati operanti nella gestione del ciclo dei rifiuti. A questo ci atteniamo. Analisi relative al ciclo dei rifiuti, ai suoi profili impiantistici e alle connesse attività illecite sono materia di ‘filoni’ di approfondimento. Tra questi ce n’è uno specifico sulla Campania, con particolare riguardo alla cosiddetta Terra dei Fuochi, su cui ci poniamo l’obiettivo di fornire al Parlamento, al Governo e al pubblico un quadro aggiornato degli elementi di criticità tuttora esistenti, tra cui la verifica dell’inquinamento delle falde acquifere. C’è da aggiungere un ulteriore aspetto molto problematico ovvero la propensione delle organizzazioni criminali ad inserirsi negli spazi del tessuto economico reinvestendo nei circuiti legali collegati allo smaltimento rifiuti proventi delle attività illecite anche con il supporto di professionisti e intermediari e l’utilizzo della criminalità locale per la manovalanza.

Gli attuali sistemi di tracciabilità e controllo dei flussi dei rifiuti possono essere migliorati, per rendere più difficile lo smaltimento illecito?

Tutto può essere migliorato, si possono individuare soluzioni di carattere normativo per intervenire in maniera più incisiva su chi organizza questi smaltimenti illeciti o i traffici e su chi si presta alla materiale esecuzione. Si può intervenire anche sul sistema dei controlli relativamente al cosiddetto ‘giro bolla’ ovvero il cambio del codice dei rifiuti che ne fa perdere la tracciabilità durante il percorso. L’attività di acquisizione documentale e le audizioni finora svolte dalla Commissione hanno consentito di ricostruire, almeno in parte e ancora a livello di studio, le modalità operative di gestione della movimentazione dei rifiuti e le criticità dei segmenti gestionali o istituzionali coinvolti a vario titolo in questa filiera. Gli approfondimenti hanno lo scopo di verificare se e quale vulnus affligga uno o più segmenti della filiera dei rifiuti, con particolare attenzione alla continuità della tracciabilità dei rifiuti durante ogni fase dei movimenti intermodali e alle modalità criminali per eludere i controlli che devono essere potenziati anche con un incremento di personale altamente specializzato. Voglio però evidenziare anche che l’Italia è il paese che in Europa prevede più controlli per esempio nel settore dell’agroalimentare, altro ambito di cui si occupa la Commissione. Paradossalmente, quindi, il fatto che emergano irregolarità, contraffazioni, sofisticazioni e business illegali attraverso il percepimento di risorse pubbliche e fondi europei è strettamente connesso al serrato numero di controlli effettuati.

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