Perché non sono d’accordo con lo sciopero della magistratura, elegantemente definito “strumento di sensibilizzazione”? Non riesco a cogliere fino in fondo l’opportunità di una protesta rispetto a una prerogativa del Parlamento che è munita di un aggancio costituzionale. Sicuramente per un mio limite non riesco davvero a comprendere perché non si possa riconoscere al Parlamento la prerogativa di modificare la Costituzione laddove lo ritenga opportuno e in sintonia con il sentire sociale.
Il ruolo del Parlamento e il rispetto delle sue prerogative
Mi ritrovo nelle considerazioni di chi ritiene che il contributo che la magistratura potrebbe dare rispetto alle nuove leggi sia essenzialmente di natura tecnica e sistematica, finanche di saggiarne la compatibilità rispetto al sistema ordinamentale. Penso tuttavia che questo contributo debba essere percepito anzitutto come non vincolante e poi offerto principalmente nel momento iniziale della formazione della legge, dovendosi progressivamente ridurre quando il procedimento si avvii alle fasi conclusive, per evitare eccessivi condizionamenti.
Per spiegarmi meglio, a mio avviso andrebbe rispettato il potere legislativo di formazione delle leggi e, una volta illustrato serenamente l’impatto che la legge in approvazione potrebbe generare e aver fornito (anche come cittadini), gli strumenti per comprendere meglio il significato e le possibili implicazioni di una riforma: ebbene, una volta fatto ciò, bisognerebbe lasciare campo libero a chi è investito della prerogativa. In sostanza, si tratta del rispetto delle funzioni assegnate a un organo della Repubblica ed è il rispetto che, come magistrato, pretenderei dagli altri poteri dello Stato e dai cittadini, lì dove si tratti di esercitare la funzione giudiziaria. Con questo dunque intendo dire che forse vi è un limite oltre il quale la spiegazione tecnica e il fisiologico contributo democratico, incluso il diritto di critica, non possano andare. Secondo me, in linea di principio, non è possibile porsi radicalmente in contrasto o, comunque, avversare aspramente una funzione costituzionale. Così come pretendo che ci si muova nel sistema quando si tratta di criticare un provvedimento giudiziario, altrettanto si dovrebbe fare nel momento in cui si tratta di giudicare un provvedimento legislativo. E muoversi nel sistema significa essere anche autenticamente consapevoli che esistono organi di garanzia ai quali non andrebbe sottratto il compito di verificare il rispetto dei parametri normativi più elevati, come la Costituzione o i trattati europei o, comunque, le norme internazionali.
L’importanza degli organi di garanzia
A salvaguardia di questi sistemi normativi vi sono altri giudici come la Corte costituzionale che, d’altronde, è viva e vegeta, e lo ha dimostrato in occasioni anche recenti, nelle quali non a caso la magistratura aveva già anticipato i propri rilievi critici. Si pensi all’intervento in materia di autonomia differenziata che ha dimostrato che esistono limiti costituzionalmente invalicabili e che devono essere tutelati dalla Corte costituzionale. Ora, questo suggerisce che vi è appunto un limite oltre il quale probabilmente non è il caso di spingersi.
I limiti della protesta radicale
È per questo che non posso essere d’accordo con una protesta a oltranza e, quindi, per uno sciopero, perché rispetto profondamente il senso del lavoro di un Parlamento, malgrado le denunciate crisi del parlamentarismo. Non si può sorvolare sul fatto che l’art. 138 della Costituzione consente la revisione costituzionale e, al contempo, trascurare che esistono i famosi contro limiti o comunque la salvaguardia dei princìpi fondamentali della Costituzione che spetta alla Corte costituzionale assicurare, lì dove siano superati.
Per non parlare del fatto che, se non vengono raggiunte determinate maggioranze all’esito delle articolate procedure previste dall’art. 138 per la modifica costituzionale, la parola andrà direttamente ai cittadini in sede di referendum confermativo, e questo dovrebbe rassicurare in ordine alla tenuta del sistema e delle sue scelte di riforma. Se l’ordinamento, così come strutturato, intende accogliere una diversa scelta politica in tema costituzionale, perché il potere giudiziario dovrebbe contrapporsi nettamente rispetto a una scelta che compete all’organo parlamentare?
Intendiamoci, questo non vuol dire che io sia complessivamente d’accordo con il tema e le anche inesplorate implicazioni istituzionali, sistematiche, ordinamentali e interpretative che possono derivare da riforme di impatto come la separazione delle carriere o lo sdoppiamento del Consiglio Superiore della Magistratura che effettivamente potrebbero generare distorsioni anche impercettibili (al momento), capaci di incrinare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura che anche a me sta profondamente a cuore, ovviamente. Mi limito solo a constatare che metodologicamente non posso, se non sentendomi antidemocratico e di parte, negare a priori quello che pare il senso ultimo di una scelta fortemente politica, qual è anche quella relativa all’assetto istituzionale e della magistratura. Dopodiché, lì dove all’esito del procedimento legislativo si dovesse constatare che affiorano o permangono insanabili contrasti con i princìpi supremi dell’ordinamento, non resta che investire il giudice delle leggi o quelli sovranazionali.
Fiducia nel sistema democratico
Mi rendo conto che in gioco vi sono valori fondamentali dell’ordinamento, ma devo essere consapevole e fiducioso nella tenuta del sistema complessivamente ideato: non posso ritenere che l’unico custode dell’immutabile bontà di un sistema che è comunque ritenuto insoddisfacente da molti debba permanere per forza, perché altrimenti sembrerei antidemocratico e, soprattutto, antisistema.
Per questa ragione personalmente ritengo di non poter condividere una scelta così radicale come quella di uno sciopero che avrebbe ai miei occhi una forte connotazione politica. Se la società italiana da circa un quarantennio, mossa magari effettivamente dal tumultuoso stratificarsi delle idee critiche e probabilmente anche influenzata da una certa demagogia (chi lo nega?), avesse inteso adottare un cambiamento istituzionale di tal tipo, perché si dovrebbe disconoscerlo? Non temo i cambiamenti e, soprattutto, non voglio dare la sensazione di essere percepito come una parte in gioco, quando invece rivendico di voler rivestire il ruolo di arbitro nel sistema democratico.
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