È cominciato stamani a Riad, in Arabia Saudita, l’incontro tra delegati americani e russi sull’Ucraina. Una svolta diplomatica, a tre anni ormai dall’invasione russa del 24 febbraio 2022. I colloqui, che si svolgono nel palazzo Diriyah di proprietà della famiglia reale saudita, non sono stati preceduti dalle abituali strette di mano a beneficio di fotografi e telecamere.
Cosa si vuole raggiungere?
Più che direttamente delle condizioni per porre fine alla guerra in Ucraina, oggi si parla del rilancio delle relazioni tra Mosca e Washington. Tra i principali obiettivi dell’incontro c’è la preparazione del faccia a faccia fra il presidente americano Donald Trump e l’omologo russo Vladimir Putin. Trump ha già annunciato che il vertice si terrà “presto in Arabia”.
Chi vi partecipa?
La delegazione Usa è guidata dal segretario di Stato, Marco Rubio, affiancato dal consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Waltz, e dall’inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Quest’ultimo viene accreditato come la figura centrale nonostante la sua inesperienza diplomatica: magnate dell’immobiliare, vecchio amico, consigliere, donatore e compagno di golf di Trump, ha mediato la tregua fra Israele e Hamas e, con la Russia, la liberazione del docente americano Marc Fogel. Escluso invece l’inviato per il conflitto russo-ucraino Keith Kellogg, che tiene i rapporti con gli europei e che oggi è in Polonia prima di incontrare a Kiev, il 20 febbraio, il presidente Volodymyr Zelensky.
La delegazione di Mosca è guidata dal ministro degli Esteri, Sergeij Lavrov, accompagnato dal consigliere per la sicurezza nazionale Yuri Ushakov. Lavrov è il diplomatico di più lungo corso al mondo. A Riad è presente, anche se non siede al tavolo dei colloqui, Kirill Dmitriev, capo del Fondo russo per gli investimenti diretti.
Presente anche una delegazione dell’Arabia Saudita, seduta al centro tra le altre due, composta dal ministro degli Esteri, il principe Faisal bin Farhan al-Saud, e dal consigliere per la sicurezza nazionale Mosaad bin Mohammad al-Aiban.
Perché a Riad?
La scelta della capitale saudita è un riconoscimento dello status di potenza non solo regionale acquisito dalla monarchia del Golfo, sempre più attore chiave anche nella crisi a Gaza. Forte di un rapporto più che solido con Trump, che nel 2017 scelse il regno del Golfo per la prima visita ufficiale all’estero, il principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS) mantiene legami privilegiati con la Russia (tanto da aver agevolato il rilascio dell’americano Fogel) e con la Cina, ma al tempo stesso non ha rotto con Kiev. Domani proprio il presidente ucraino Zelensky sarà a Riad, per una visita programmata da tempo come tappa del suo viaggio in Medio Oriente (sarà anche negli Emirati Arabi Uniti). Da tempo MbS è impegnato ad accreditarsi come un giocatore essenziale nella diplomazia globale: appare ormai superato l’isolamento internazionale seguito alla barbara uccisione del giornalista d’opposizione Jamal Khashoggi avvenuta nel consolato saudita a Istanbul. Trump conta su Riad anche per rilanciare gli Accordi di Abramo siglati durante il suo primo mandato e che avrebbero dovuto portare alla normalizzazione dei rapporti fra Israele e Paesi arabi.
Qual è la posizione di Kiev e dell’Ue?
Sia Kiev che Bruxelles, esclusi dai colloqui di Riad avviati unilateralmente dagli Usa, hanno sottolineato che non implementeranno un accordo negoziato senza di loro. Sullo sfondo, l’annunciato ridimensionamento dell’investimento statunitense nella sicurezza dell’Europa.
Ci sono novità nei rapporti tra Mosca e Kiev?
Proprio oggi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha ribadito che Putin è pronto a incontrare Zelensky anche se “la realtà lascia spazio a dispute sulla legittimità dello stesso Zelensky”. Il riferimento è al fatto che il mandato presidenziale è scaduto nel maggio del 2024, ma non è stato possibile indire le elezioni a causa della legge marziale per il conflitto in corso. Lo stesso Peskov ha detto che la Russia riconosce il diritto dell’Ucraina di aderire all’Unione Europea ma “la situazione è completamente diversa quando si tratta di questioni di sicurezza e di alleanze militari”. Ovvero: Mosca non potrebbe accettare l’ingresso di Kiev nella Nato.
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