Un sistema mondiale già in crisi per guerre e catastrofi naturali, non aveva bisogno, all’inizio di questo 2025, di un ulteriore evento che ne accelerasse la dissoluzione. Quell’ordine internazionale, creato nel 1945 con l’istituzione delle Nazioni Unite (Onu) per “salvare le generazioni future dal flagello della guerra”, a ottanta anni dalla sua fondazione, sta presentando tutta la sua fragilità.
Un sistema mondiale già in crisi per guerre e catastrofi naturali, non aveva bisogno, all’inizio di questo 2025, di un ulteriore evento che ne accelerasse la dissoluzione. Quell’ordine internazionale, creato nel 1945 con l’istituzione delle Nazioni Unite (ONU) per “salvare le generazioni future dal flagello della guerra”, a ottanta anni dalla sua fondazione, sta presentando tutta la sua fragilità. L’ONU ha mostrato, nel tempo, i suoi limiti sia nel non riuscire a prevenire e risolvere i conflitti, compresi quelli fra Paesi aderenti alla stessa Organizzazione – vedi Russia e Ucraina – sia nell’impedire attacchi e “picconate” agli organismi multilaterali da essa derivati. A iniziare dalle sanzioni, annunciate da Trump, alla Corte penale internazionale, istituita nel 1998, (Statuto di Roma) per perseguire i responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità, fra cui Netanyahu. Una decisione condannata prontamente da 79 Paesi, molti dell’Unione europea, fuorché l’Italia. Stessa sorte per altre organizzazioni internazionali per le quali Trump ha già disposto la soppressione e/o la sospensione degli aiuti. Tra queste, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu, istituito per portare cibo e assistenza sanitaria a milioni di bambini in fuga da fame e conflitti, l’organizzazione mondiale della Sanità (OMS) e gli accordi di Parigi sul clima (COP), dai quali gli Stati uniti sono già usciti. Mattone dopo mattone si sta demolendo quella casa comune, costruita dopo la Seconda guerra mondiale, per fare convivere in pace – come è stato fino a oggi, almeno per L’Europa – il maggior numero di Paesi. Con le sue iniziative, prese spesso col piglio dell’uomo forte, Trump sta imprimendo una accelerazione alla disgregazione, già in corso, di quel “sistema globale”, orientato alla crescita e alla cooperazione, per sostituirlo con uno divisivo – “isolazionismo” – orientato alla difesa degli interessi delle singole nazioni (“America First” su tutti). La pregressa esperienza presidenziale, ma anche il suo modo, imprevedibile e avventato, di affrontare i problemi, gli hanno consentito di firmare, in un mese, oltre cento provvedimenti esecutivi, di annunciare dazi per gli “infedeli” e di proporre, per i conflitti in corso, soluzioni sprezzanti di ogni principio etico e morale. A fronte del sollievo per gli imminenti colloqui per la soluzione del conflitto in Ucraina – senza peraltro, il concorso dell’Europa- a preoccupare sono proprio le condizioni poste per il perseguimento di tale obiettivo. Quale pace, ci si chiede: quella onorevole per entrambe le parti, o quella – più probabile – destinata a mortificare il più debole? Ancora più preoccupante l’idea di deportare in Egitto e in Giordania i profughi palestinesi, per fare della striscia di Gaza una “Riviera del Medio Oriente”. Una proposta, già respinta dai suddetti Paesi, destinata ad acuire le tensioni in una regione esplosiva e a compromettere quegli accordi fra Israele e Egitto faticosamente raggiunti con il trattato di pace del 1979 (accordi di Camp David). Con il rischio, inoltre, di accentuare quel caos che già regna sugli scenari internazionali e vedere, al tempo stesso, vanificati i benefici di cui tutti abbiamo goduto nel periodo a cavallo fra i due secoli. Stati Uniti compresi, considerati da sempre, un polo di attrazione per le loro tradizioni democratiche e civili. L’aveva già intuito Papa Francesco, quando a gennaio, nel congratularsi con Trump per la sua elezione, gli augurava di farsi promotore «di una società più giusta, in cui non ci sia spazio per l’odio, la discriminazione o l’esclusione». È “il momento di agire”, ha detto Mattarella rivolgendosi ai 27 dell’Unione, nel suo recente discorso all’università di Marsiglia. Occorre superare quel “clima di sconforto di fronte agli sconquassi mondiali degli ultimi anni”. L’ Europa, ha aggiunto, “in quanto erede della civiltà che patrocina i diritti umani, lo Stato di diritto, la democrazia e, negli ultimi decenni, la pace”, ha tutti i numeri, nonostante le sue criticità, per competere non solo nei riguardi del mondo intero, ma anche nei confronti dell’America di Trump. Purché si muova unita e non si faccia ammaliare dal metodo “Divide et impera” propugnato dal nuovo inquilino della Casa Bianca.
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