Un crescente scandalo di spionaggio sta scuotendo l’Italia. Emergono quotidianamente rivelazioni di giornalisti, attivisti e ONG presi di mira con strumenti di sorveglianza di fabbricazione israeliana – scatenando reazioni politiche, smentite del governo e richieste di un’inchiesta dell’UE.
“Questo è uno dei più gravi attacchi allo Stato di diritto in Europa”, ha dichiarato Sandro Ruotolo, eurodeputato del Partito Democratico (S&D) che la scorsa settimana ha organizzato una conferenza stampa a Strasburgo sulla questione dei cittadini europei presi di mira da software di spionaggio di fabbricazione israeliana.
“Abbiamo inviato una lettera, firmata dalle forze di opposizione in Italia, alla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, chiedendo una commissione d’inchiesta”, ha dichiarato Ruotolo a Euractiv, sottolineando che non si tratta di una questione solo italiana.
Secondo una dichiarazione del governo italiano, un totale di 90 persone in 14 Paesi dell’UE sono state prese di mira in violazione delle regole di ingaggio stabilite e sette casi sono stati confermati finora in Italia.
“Vogliamo sapere quali Paesi hanno spiato illegalmente i propri cittadini, perché e come possiamo proteggere i cittadini europei”, ha aggiunto Ruotolo, sottolineando che la commissaria europea per la Sovranità tecnologica, la Sicurezza e la Democrazia Henna Virkkunen dovrebbe partecipare oggi a un’audizione della commissione per le libertà civili del Parlamento europeo (LIBE), dove intende sollevare la questione.
Tuttavia, le aspettative della Commissione europea rimangono basse. Il 6 febbraio, il portavoce della Commissione europea Markus Lammert ha dichiarato ai giornalisti che le autorità nazionali sarebbero state responsabili di indagare su tali accuse e non l’esecutivo dell’UE, osservando tuttavia che, in generale, “qualsiasi tentativo di accedere illegalmente ai dati dei cittadini, compresi i giornalisti e gli oppositori politici, è inaccettabile, se provato”.
Il “caso Paragon” è emerso dopo le denunce pubbliche del direttore di Fanpage Francesco Cancellato e del capo missione di Mediterranea Saving Humans Luca Casarini.
Cancellato, che nell’ultimo anno ha pubblicato due importanti inchieste sul partito di Giorgia Meloni, e Casarini, impegnato in operazioni di salvataggio in mare dei migranti, hanno entrambi rivelato di aver ricevuto avvertimenti da Meta.
Il gigante tecnologico li ha informati che i loro dispositivi erano stati “compromessi da un’operazione di spyware di alto livello che utilizzava uno dei più sofisticati strumenti di sorveglianza disponibili”.
La controversia ruota attorno a Paragon Solutions, l’azienda israeliana dietro lo spyware avanzato Graphite. Sebbene Paragon affermi di vendere la sua tecnologia esclusivamente a “un gruppo selezionato di democrazie globali, in primo luogo gli Stati Uniti e i loro alleati”, il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito che tra i clienti italiani dell’azienda vi sono “due entità distinte: un’agenzia di polizia e un’organizzazione di intelligence”.
Anche David Yambio, portavoce di Refugees in Libya, era presente alla conferenza stampa di Strasburgo. Strettamente legato ai membri della ONG presa di mira, Yambio ha ricevuto la stessa notifica che il suo dispositivo era stato sottoposto a un attacco spyware “di alto livello”, anche se non è ancora stato confermato che sia stato utilizzato il software Graphite di Paragon.
Parlando con Euractiv, Yambio ha avvertito che lo scandalo segnala “un’enorme rottura dello stato di diritto”.
“Inizia con me come migrante che non ha voce, né basi legali per opporsi a loro. Ma poi si passa ai soccorritori italiani, poi ai giornalisti. Domani potrebbe essere un giudice, poi qualcun altro”, ha detto.
Ha affermato che i regimi oppressivi che spingono le persone a fuggire dall’Africa si stanno ora manifestando in Europa, anche se “in un modo molto più sofisticato e burocratico”.
“Non vedo alcuna differenza rispetto al regime da cui sono fuggito, il che mi fa sentire ancora più insicuro”, ha concluso.
Due narrazioni contrastanti
Il 6 febbraio, The Guardian ha riferito che Paragon ha rescisso il contratto con il governo italiano “per abbondanza di cautela” in seguito alle accuse iniziali di potenziale abuso, poiché il contratto non consentiva di prendere di mira giornalisti o membri della società civile, citando una persona che aveva familiarità con la questione.
Tuttavia, il 12 febbraio, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani ha smentito le affermazioni, affermando: “Nessun contratto è stato rescisso negli ultimi giorni. Tutti i sistemi restano pienamente operativi contro chi minaccia la sicurezza nazionale”. Ha inoltre ribadito che Graphite non è mai stato utilizzato per monitorare giornalisti o critici del governo.
“Il governo intraprenderà azioni legali contro chiunque lo accusi direttamente di spiare i giornalisti”, ha annunciato Ciriani.
Lo stesso giorno, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha dichiarato che “se c’è stato un uso improprio, che certamente non può essere attribuito a Paragon, in quanto si limita a fornire il software, è di competenza dell’autorità giudiziaria, in quanto sono stati commessi dei reati. Siamo in attesa dell’esito di queste indagini”.
Nonostante le ripetute richieste dell’opposizione e delle persone coinvolte, le uniche risposte ufficiali sono arrivate da un primo comunicato del Governo e dalle dichiarazioni di mercoledì di Ciriani e Mantovano.
Solo tre giorni dopo, l’agenzia di stampa Ansa, citando fonti di intelligence, ha rivelato che l’Italia ha effettivamente sospeso il contratto con Paragon Solutions in attesa di un’indagine da parte del COPASIR (Comitato parlamentare di vigilanza sull’intelligence) e dell’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica.
“Mercoledì il governo ha detto una cosa, venerdì ne ha detta un’altra. Prima ha negato qualsiasi sospensione, poi ha sospeso il software spia”, ha osservato Ruotolo, sostenendo che la situazione richiede un chiarimento urgente.
[VP]
(Alessia Peretti | Euractiv.it)
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