Il summit di Parigi che ha riunito la “coalizione dei volenterosi” orientata a proseguire il sostegno all’Ucraina in caso di avanzamento delle trattative dirette tra Stati Uniti e Russia ha visto due profondi distinguo circa l’idea del primo ministro britannico Keir Starmer di garantire in futuro Kiev inviando truppe sul terreno: Germania e Polonia. Il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz e il premier popolare di Varsavia Donald Tusk hanno espresso la loro contrarietà all’ipotesi di garantire la pace futura in Ucraina schierando militari sul terreno per motivazioni diverse che hanno finito per convergere.
Scholz: “Inopportuno discutere di truppe in Ucraina”
Per Scholz l’idea è “prematura” perché da tempo il leader di Berlino gioca la carta del “cancelliere della pace“: a inizio anno il capo di governo ha promosso una svolta che ha reso tiepido il suo orientamento all’appoggio a Kiev, conscio che l’avvicinamento del voto federale previsto per domenica rischiasse di mettere la Spd tra l’incudine del conflitto a Est e il martello del malcontento sociale. Con l’appoggio all’Ucraina egemonizzato dal centro-destra della Cdu e con gli alleati Verdi che pressano per alzare l’asticella del sostegno a Kiev, Scholz ha provato a prevenire il passaggio di voti verso l’ultradestra dell’Afd bloccando a inizio anno un pacchetto di aiuti a Kiev dal valore di 3 miliardi di euro e svoltando ora a Parigi.
Scholz, dopo aver lasciato in anticipo il summit parigino, ha dichiarato alla stampa che discuterne ora “è del tutto prematuro e non è il momento giusto per affrontare questa discussione adesso”. Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di Tusk, che alla vigilia del summit ha detto che la Polonia non fornirà truppe a un’eventuale missione multinazionale di pace. Ma in quest’ottica le scelte di Varsavia sono diversamente motivate. La Polonia resta duramente antirussa ma non vuole apparire come pronta a fare dei distinguo verso il suo ferreo atlantismo: ricorda Trump come il presidente che più di tutti ha avviato il sostegno americano al Paese centroeuropeo e ora cavalca al contempo la virata dell’Europa verso l’economia di guerra e la speranza che si avveri la spinta di The Donald per la spesa militare al 5% del Pil proposta ai partner della Nato.
Tusk a Parigi per blindare un’Europa fedele agli Usa
Tusk ha dichiarato che è andato a Parigi “per prevenire tutte le possibili voci che vorrebbero introdurre una sorta di gioco competitivo tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti”. In altre parole, per stoppare ogni postura volta a promuovere l’autonomia strategica europea proposta dal presidente francese Emmanuel Macron, a cui Starmer con la proposta dello schieramento di truppe ha dato un assist, e sfidare gli alleati a dimostrare la volontà di contenere la Russia muovendo in prima persona le proprie risorse. Nella consapevolezza tutta polacca che debbano essere gli altri a far la loro parte e Varsavia, prima per spesa militare nella Nato (4,7% del Pil), sia la prima della classe.
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A Parigi, nota Politico.eu, “Tusk ha sottolineato che il continente dovrà aumentare drasticamente i bilanci della difesa” come alternativa inevitabile per cambiare una situazione in cui “gli Stati Uniti pretendono dall’Europa spese militari molto più elevate e non lasciano spazio ai paesi europei nei colloqui che intendono tenere con la Russia”, considerando l’Europa poco attenta alla sua stessa sicurezza. Cosa emerge? Che tra tatticismi, rivalità e diverse visioni non esiste un’unità europea sull’Ucraina. Quel che il format ristretto del summit lasciava presagire le discussioni concrete lo hanno confermato. Nulla di nuovo sotto il sole. E il saldarsi della strana coppia Scholz-Tusk, che partono da presupposti differenti, lo conferma.
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