A livello globale, la direzione che si sta cercando di portare avanti con il processo della energy transition è quella di produrre idrogeno tramite elettrolisi, quindi estraendolo dall’acqua utilizzando la corrente prodotta da una centrale alimentata da energie rinnovabili come quella idroelettrica, eolica o solare. Non è una sfida semplice per le imprese che operano lungo la filiera dell’idrogeno, come fa notare Fabio Margheritti, business development manager in Siad Macchine Impianti Spa.
«Il passaggio chiave è la transizione da un’energia legata al fossile a un’energia pulita introducendo la molecola dell’idrogeno – spiega Margheritti –. Gli scenari, rispetto a soli due anni fa, sono cambiati molto: sarà davvero sfidante rientrare nei target fissati al 2030 per tutti i player del mercato». È importante allontanarsi sempre di più dai colori grigio e blu dell’idrogeno, che richiedono l’uso di fonti fossili. L’idrogeno grigio può essere un sottoprodotto di una reazione chimica o estratto dal metano o da altri idrocarburi, con conseguente rilascio di CO2 nell’atmosfera. Nel caso dell’idrogeno blu, l’anidride carbonica viene catturata e immagazzinata nel suolo.
I dati diffusi dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) prevedono che la capacità globale degli elettrolizzatori salirà a 90 GW entro il 2030, aumentando la capacità di produzione dell’idrogeno verde. La cifra investita dai Paesi che adottano la strategia per produrre idrogeno a basse emissioni è 337 miliardi di dollari: si prevede che ci sia il Nord America in prima linea, ma giocheranno un ruolo importante anche Cina, Giappone e Medio Oriente. L’Unione europea prevede di produrre 10 milioni di tonnellate metriche di idrogeno verde entro il 2030.
Una delle sfide: la competitività
Uno degli ostacoli principali legato alla diffusione di idrogeno verde risiede nella competitività: «Il problema a cui andiamo incontro come player di settore è quello della mancanza di incentivi statali legati all’idrogeno verde, rispetto alla produzione di idrogeno da altre fonti già consolidate – prosegue Margheritti –. Infatti, i progetti che hanno trovato il sostegno pubblico si stanno realizzando, viceversa questo non sta succedendo per progetti senza sostegno. Il Pnrr italiano ha stanziato diversi fondi per progetti green: alcuni esempi virtuosi sono le varie Hydrogen Valley (Valli dell’Idrogeno, ndr): progetti legati alla mobilità su rotaia, treni, quindi, che funzionano a idrogeno. Ci sono alcuni esempi: il treno della Valcamonica che collegherà Brescia e Edolo, oppure quello in Sardegna che collegherà l’aeroporto di Cagliari al centro città. In Europa, invece, si guarda anche alla mobilità pesante su gomma, gli autobus e i camion».
La commessa di Marsiglia
Uno degli ultimi sviluppi della divisione ingegneristica del Gruppo con sede a Bergamo è un compressore capace di comprimere l’idrogeno fino a 550 bar. Lo sviluppo di questa tecnologia ha permesso l’accesso a un settore ancora più di nicchia, le stazioni di rifornimento di idrogeno, e l’ottenimento di un importante commessa nel Sud della Francia: «Il progetto fa riferimento al porto di Marsiglia.
L’ordine include sette compressori a supporto dell’infrastruttura, che giocherà un ruolo cruciale nella transizione energetica dell’Europa del Sud. I primi quattro compressori a bassa pressione avranno un ruolo prettamente energetico, mentre gli altri tre andranno a comprimere idrogeno a 450 bar per tutta la mobilità interna, ovvero gli autobus della città di Marsiglia» conclude Margheritti. L’impianto sarà alimentato interamente da energie rinnovabili e produrrà circa 6.000 tonnellate di idrogeno all’anno, contribuendo ad evitare l’emissione di 60mila tonnellate di CO2 ogni anno.
Purezza elevata perché senza olio
Un compressore innovativo per un idrogeno più puro. È questa la peculiarità della nuova tecnologia, oltre alla capacità di comprimere l’idrogeno a pressioni molto superiori rispetto ai livelli tradizionali di 250-300 bar comunemente usati per le bombole e i carri bombolai, arrivando fino a 550 bar. «La particolarità è che non viene utilizzato olio», spiega Fabio Margheritti, business development manager in Siad Macchine Impianti Spa: «È per questo motivo che il compressore è denominato oil-free. In questo modo riduce la possibilità che le impurità entrino in circolo nelle “fuel cell” (celle a combustibile, ndr), danneggiandole con ripercussioni sulle prestazioni e sulla sicurezza».
Grazie all’adozione di materiali innovativi è stato possibile raggiungere prestazioni ancora più performanti e grazie a uno stoccaggio più efficiente e meno costoso è stato possibile aprire nuovi scenari di applicazione. «I compressori oil-free sono essenziali – si legge nelle pagine del bilancio di sostenibilità del Gruppo – soprattutto nelle applicazioni come la mobilità, in cui l’elevata purezza dell’idrogeno è requisito rigoroso, poiché qualsiasi traccia di contaminazione da olio nell’idrogeno può risultare dannosa, con conseguente compromissione delle prestazioni delle celle a combustibile e situazioni potenzialmente pericolose».
In un’ottica futura le sperimentazioni a cui Siad Macchine Impianti sta lavorando sono molte: «Si prosegue con una ricerca meticolosa volta ad aumentare le prestazioni dei nostri compressori sia dal punto di vista tecnologico che innovativo», prosegue il responsabile dello sviluppo di nuove strategie di business. «Uno degli obiettivi è estendere le capacità di compressione nell’ottica di inserirsi come fornitori della mobilità sostenibile anche per i veicoli leggeri». Il lancio del nuovo compressore ad alta pressione consente al Gruppo Siad di consolidare la sua posizione competitiva nel settore dell’idrogeno, penetrando strategicamente nel mercato delle stazioni di rifornimento. Siad offre competenze avanzate nella compressione per garantire stoccaggio e trasporto in sicurezza tramite idrogenodotti o carri bombolai, alcuni dei quali gestiti direttamente dall’azienda. Fornisce consulenza specializzata per favorire l’adozione di questa molecola, sostenendo la transizione verso un sistema energetico più sostenibile.
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