Secondo un’analisi della Banca d’Italia, l’accorpamento tra istituti di credito, se da un lato può portare a una maggiore efficienza operativa, dall’altro comporta rischi concreti per la liquidità, i conti correnti, le polizze vita e il risparmio privato. Questi rischi si articolano in cinque aspetti che vogliamo approfondire in questo articolo:
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Meno sportelli bancomat e filiali -
Costi più alti per investimenti -
Conti correnti più costosi -
Consulenza finanziaria distorta -
Possibile vendita massiccia di Btp
Meno sportelli bancomat e filiali
Uno degli effetti più immediati delle fusioni bancarie è la razionalizzazione della rete fisica degli sportelli e delle filiali. Con l’unione di più istituti, la logica aziendale impone di chiudere le strutture ritenute ridondanti, soprattutto nelle aree con una bassa densità di popolazione. Questo fenomeno, già noto come desertificazione bancaria, rischia di aggravarsi e di lasciare intere zone del paese senza un accesso fisico ai servizi bancari essenziali.
Le conseguenze di questa riduzione sono chiare: per gli anziani e per chi non ha una piena familiarità con il digitale, l’assenza di sportelli è un ostacolo concreto alla gestione del proprio denaro. Anche le imprese locali e i piccoli commercianti, che spesso preferiscono operazioni bancarie tradizionali per depositi e transazioni, potrebbero trovarsi in difficoltà. Non meno rilevante è il problema della diminuzione degli sportelli bancomat che riduce l’accessibilità al contante in molte aree, con ripercussioni dirette sulla fluidità delle transazioni quotidiane.
Costi più alti per investimenti
Un mercato bancario meno frammentato significa minore concorrenza che comporta il rischio di condizioni economiche meno favorevoli per i clienti. Con un numero inferiore di banche operative, la competizione per attrarre investimenti diminuisce e lascia ai grandi istituti maggior margine per imporre commissioni più alte su prodotti finanziari, conti deposito e strumenti di risparmio.
Questa dinamica si riflette soprattutto sui piccoli e medi investitori, che potrebbero trovarsi costretti ad accettare condizioni meno vantaggiose rispetto al passato. Un mercato bancario più oligopolistico porta anche alla standardizzazione dei prodotti di investimento e limitare la varietà di scelte a disposizione degli utenti. La possibilità di negoziare condizioni migliori si riduce sensibilmente, e gli strumenti finanziari più redditizi diventano accessibili solo a chi può investire somme elevate.
Il minor dinamismo nel settore bancario può frenare l’innovazione finanziaria poiché le banche, non sentendo la pressione della concorrenza, potrebbero rallentare l’introduzione di nuovi prodotti e servizi digitali. Si tratta di un rischio soprattutto in un’epoca in cui il fintech sta rivoluzionando il mondo della finanza, rendendo gli strumenti di investimento più accessibili a una platea più ampia di risparmiatori.
Conti correnti più costosi
Uno degli effetti della concentrazione bancaria è l’aumento dei costi di gestione per i conti correnti. Quando il numero di operatori sul mercato si riduce, le banche rimaste possono rivedere le loro politiche di pricing e aumentare le spese per i servizi di base come bonifici, prelievi e gestione del conto.
Negli ultimi anni, si è già osservata una tendenza all’aumento dei costi fissi annuali per i conti correnti tradizionali, accompagnata da una spinta verso modelli digitali che, se da un lato riducono le spese per gli utenti più tecnologici, dall’altro penalizzano chi preferisce il supporto fisico degli sportelli. Questo divario rischia di accentuarsi con le fusioni bancarie, con conseguenze dirette sui consumatori meno inclini all’uso delle piattaforme online.
A risentire di questo incremento dei costi saranno le famiglie e le piccole imprese, che già oggi devono far fronte a spese bancarie sempre più elevate. La riduzione della concorrenza tra istituti rende meno probabile la nascita di offerte competitive che possano calmierare i prezzi. Senza alternative reali, i consumatori possono trovarsi costretti ad accettare condizioni economiche meno vantaggiose.
Consulenza finanziaria distorta
Un altro rischio legato alla riduzione della concorrenza è quello di una consulenza finanziaria meno trasparente. Con meno banche sul mercato, i clienti avranno meno possibilità di scelta, e gli istituti di credito avranno un margine più ampio per spingere prodotti finanziari propri piuttosto che consigliare le soluzioni migliori per i risparmiatori.
Le fusioni bancarie possono incentivare le banche a promuovere strumenti di investimento interni e ridurre la gamma di alternative disponibili per il cliente. Questo scenario rischia di distorcere il rapporto di fiducia tra risparmiatori e istituti di credito e portare a una minore trasparenza nelle scelte di allocazione del capitale. Per un investitore, diventa più difficile confrontare le diverse opzioni sul mercato e ottenere una consulenza realmente indipendente.
Anche il settore delle polizze vita potrebbe essere influenzato da questa minore concorrenzialità. Con una ridotta pluralità di offerte, i clienti potrebbero ritrovarsi con rendimenti più bassi e condizioni contrattuali meno favorevoli rispetto a un contesto in cui la competizione tra operatori è maggiore.
Possibile vendita massiccia di Btp
Uno degli aspetti più delicati delle fusioni bancarie riguarda la gestione dei titoli di Stato in portafoglio, in particolare i Btp. Le banche italiane detengono ingenti quantità di Btp, e una concentrazione del settore potrebbe indurre alcuni istituti a ridurre l’esposizione.
La vendita di BTP da parte delle banche potrebbe inoltre comportare una maggiore volatilità sui mercati, con effetti sui rendimenti dei nuovi titoli emessi dallo Stato.
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