In primo luogo, è stato stabilito, nel nuovo comma 4 dell’art. 63 del DLgs. 14/2019 (CCII), che il Tribunale può omologare pure in mancanza di adesione, che comprende il voto contrario (Cass. n. 27782/2024), da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie quando – anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente – l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento dei quorum di cui agli artt. 57 comma 1 e 60 comma 1 del CCII (60% per gli accordi “ordinari” e 30% per quelli “agevolati”), e ricorrono congiuntamente alcune condizioni, oggetto di specifica valutazione da parte del Tribunale, due delle quali sono confermate rispetto al previgente art. 1-bis comma 2, lett. a) e c), del DL 69/2023: l’accordo non ha carattere liquidatorio e il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è pari ad almeno il 25% del totale dei debiti.
Le novità riguardano altri due presupposti, il primo dei quali è costituito dal soddisfacimento dell’Amministrazione finanziaria o degli enti fiscali e previdenziali, che deve essere non deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale – in luogo del previgente “conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria” – alla data della proposta. Tale modifica è, peraltro, coerente con il rinnovato comma 1 dell’art. 63 del CCII, secondo cui l’attestazione del professionista indipendente ha ad oggetto “la sussistenza di un trattamento non deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale, quando è prevista la continuità dell’impresa” e, dunque, nei casi, come quello in esame, di accordi di ristrutturazione dei debiti “non liquidatori”.
La seconda condizione modificata riguarda la misura del soddisfacimento dei predetti creditori fiscali e previdenziali, che deve essere almeno pari al 50% (anziché il previgente 30%, inclusi interessi e sanzioni) dell’ammontare dei crediti di ciascun ente creditore, esclusi interessi e sanzioni, fermo restando il pagamento degli interessi di dilazione al tasso legale vigente nel corso di tale periodo.
È stato, inoltre, inserito il comma 5 dell’art. 63 del CCII, secondo cui se i creditori aderenti rappresentano meno del 25% del debito complessivo, oppure non vi sono altri creditori aderenti, il cram down è comunque invocabile se risultano soddisfatte alcune specifiche condizioni: il consenso dei suddetti enti pubblici è determinante per raggiungere i quorum di legge e il soddisfacimento loro proposto non è deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale, l’accordo non ha natura liquidatoria e il pagamento proposto agli enti fiscali e previdenziali destinatari della transazione è almeno pari al 60% (in luogo del previgente 40%, inclusi interessi e sanzioni) dei crediti di ciascun ente, esclusi interessi e sanzioni, e la dilazione richiesta non eccede i 10 anni.
La novità assoluta è, tuttavia, costituita dalla previsione di alcune cause ostative all’omologazione “forzosa”. In particolare, il comma 6 dell’art. 63 del CCII precisa che i suddetti commi 4 e 5 non sono applicabili qualora risulti che il debitore, nei 5 anni precedenti al deposito della proposta, fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 58 del CCII, ha concluso una transazione nell’ambito degli accordi di ristrutturazione avente a oggetto debiti della stessa natura, risolta di diritto (art. 63 comma 8 del CCII). Tale ipotesi si considera verificata anche quando il proponente ha proseguito – ancorché solo parzialmente, per effetto di fusione o scissione, cessione d’azienda, anche di fatto, conferimento o affitto d’azienda, ovvero a seguito di atti produttivi di conseguenze analoghe – l’attività esercitata da un soggetto che, nel corso dei 5 anni precedenti al deposito della proposta, ha concluso una transazione risolta di diritto (art. 63 comma 8 del CCII), ovvero risponde a qualsiasi titolo delle passività tributarie e contributive del debitore originario.
Un’altra causa ostativa, alternativa alla precedente, è rappresentata dalla congiunta sussistenza di due condizioni: il debito nei confronti del Fisco e degli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie, maturato sino al giorno anteriore a quello del deposito della proposta di transazione, è almeno pari all’80% dell’importo complessivo dei debiti maturati dall’impresa alla medesima data; il debito, tributario o previdenziale, deriva prevalentemente da omessi versamenti, anche solo parziali, di imposte dichiarate o contributi nel corso di almeno 5 periodi d’imposta, anche non consecutivi, oppure deriva, per almeno un terzo del complessivo debito oggetto di transazione con i creditori pubblici, dall’accertamento di violazioni realizzate mediante l’uso di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente.
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