Decine di chili d’oro sono spariti dall’azienda durante il periodo in cui era sotto sequestro in amministrazione giudiziaria. E’ la pesante denuncia di Rita Iacopi, titolare di Castoro srl, ditta del distretto dei preziosi di Arezzo fondata nel 1983 a Castiglion Fibocchi. Accusa gravissima che poggia su un accertamento della guardia di finanza e su una consulenza tecnica. Si parla di un ammanco rilevante, fra i 34 e i 51 chili. C’è un procedimento giudiziario in corso, complesso e assai controverso, che proprio in questi giorni vive una fase cruciale. Va subito detto che la procura della repubblica di Arezzo per la seconda volta ha chiesto l’archiviazione, dopo che il gip aveva rifiutato la prima richiesta, non ravvisando elementi per mandare qualcuno a giudizio per appropriazione indebita o altri reati, ma la titolare di Castoro si oppone con forza.
Gli indagati sono l’amministratore giudiziario, il direttore commerciale e due intermediari che seguivano le relazioni della ditta con i clienti. Il fascicolo penale su reati ipotizzati e tutti da dimostrare è in bilico tra processo e nulla di fatto. Con possibile battaglia legale sul terreno della giustizia civile, per mala gestio.
Prologo della storia è la tempesta giudiziaria del 2018 sull’azienda Castoro, al centro di un’inchiesta della procura di Bologna per contrabbando di oro tramite un intermediario turco: metallo, tanto metallo non punzonato, in uscita, e soldi, tanti soldi, in arrivo, pare da compratori cinesi. La titolare, alla fine, fu assolta da ogni addebito. All’inizio la procura di Bologna fece scattare quattro arresti: azienda decapitata e messa in amministrazione giudiziaria con la nomina da parte del tribunale di un professionista per tenerla operativa. La vicenda giudiziaria si concluse ad Arezzo, dopo che la Cassazione aveva estromesso Bologna per competenza territoriale: patteggiamenti e confische da un lato e appunto l’assoluzione della titolare Rita Iacopi, la proprietaria al 50 per cento della ditta che poté riprendere le redini dell’azienda. Immediata scattò la denuncia.
E’ 2020 quando Rita Iacopi lamenta l’assenza di un ingente quantitativo di metallo, con la guardia di finanza che conferma, alla luce delle pesate e degli accertamenti su magazzino documentale e fisico ad inizio e fine dell’amministrazione giudiziaria.
Ma cosa è successo nel magazzino aurifero della Castoro? Le anomalie emerse sono finite sotto la lente della procura e una recente consulenza tecnica ha concluso: contabilità tenuta in modo corretto durante il sequestro, ma sbilancio finale in una forbice compresa tra un minimo di kg 30.685,20 ed un massimo di kg 56.310,81. E dato che si tratta di oro puro, con la valutazione attuale stiamo parlando di 5 milioni di euro.
L’inchiesta si è incentrata sull’esistenza di eventuali collaboratori infedeli o di eventuali vendite senza fatture con proventi non entrati nelle casse societarie. Ma il risultato finale, secondo il pubblico ministero Elisabetta Iannelli, non avrebbe fatto emergere elementi e il fatto poi che l’inventario all’inizio e alla fine sia stato effettuato con procedimenti diversi, metterebbe in dubbio il calcolo finale. Di opposta idea sono gli imprenditori di Castoro che si oppongono all’archiviazione e sollecitano il gip per una imputazione coattiva o affinchè disponga ulteriori indagini.
Gli avvocati Rocco Alagna del Foro di Bologna e Piero Melani Graverini assistono Castoro. Il sospetto dell’azienda è che ci siano state movimentazioni di metallo fuori contabilità. Ma va provato. Rilievi vengono mossi anche sulla condotta dall’amministratore giudiziario che, risulterebbe, durante la sua gestione, rilevate certe anomalie, le avrebbe segnalate ad una agenzia di investigazioni privata, ma non al giudice.
I difensori dei 4 indagati sono gli avvocati Luca Fanfani, per il commercialista, Roberto Alboni e Antonella Calussi per direttore e intermediari.
La difesa non ci sta e ribatte alle accuse, osservando che la consulenza conclude per l’impossibilità di affermare che del metallo sia stato sottratto in costanza di amministrazione giudiziaria, e che in precedenza si sono già rivelati buchi nell’acqua due denunce sempre collegate alla ‘vicenda Castoro’ per calunnia e riciclaggio.
Come se non bastasse, è giallo su un pizzino anonimo rinvenuto dall’amministratore giudiziario nei primi mesi di incarico e subito consegnato alla Procura, uno scontrino nel retro del quale, scritto a penna, pare si alluda a telecamere da aggirare e borse con cui far uscire, presumibilmente, metallo. Da mesi le difese chiedono che si facciano le opportune indagini per capire chi ne è l’autore, a chi era diretto, cosa doveva essere portato fuori dall’azienda, se al pizzino sia stata data esecuzione, dato che contestualmente al reperimento del foglietto anonimo le telecamere sono state trovate sabotate. Un giallo sempre più intricato. Giallo oro.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link