Caso Paragon, il governo non vuole rispondere alle interrogazioni di Pd e Italia Viva

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Il governo si è rifiutato di rispondere a due interrogazioni urgenti circa l’utilizzo di Paragon, lo spyware della società israeliana utilizzato per spiare decine di giornalisti e attivisti, sette dei quali italiani. 

L’esecutivo attraverso una lettera inviata al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, si è rifiutato di fornire informazioni sulle richieste presentate dal Partito Democratico e Italia Viva, appellandosi all’articolo 131 del regolamento dell’Aula. Ciò che le opposizioni vogliono sapere è se Paragon sia a disposizione della polizia penitenziaria o delle Procure della Repubblica
 

  • L’articolo 131 comma 1 permette all’esecutivo di eludere un’interrogazione. Nel dettaglio recita: «Il governo può dichiarare di non poter rispondere indicandone il motivo. Se dichiara di dover differire la risposta, precisa in quale giorno, entro il termine di un mese, è disposto a rispondere».

La posizione del governo

La missiva, firmata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, specifica che il governo «ha fornito le uniche informazioni pubblicamente divulgabili» rispondendo alle interrogazioni della scorsa settimana. «Tutto il resto», sostiene Mantovano, è «classificato» e quindi materia del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica). 

La scorsa settimana (10-15 febbraio) il governo aveva cercato di fare chiarezza sul caso Paragon prima con l’audizione del direttore dell’Aise, Giovanni Cavarelli, proprio al Copasir (i cui contenuti sono segreti per legge) e poi con il question time del ministro ai Rapporti con il Parlamento di Fratelli d’Italia, Luca Ciriani. Durante l’audizione, il ministro aveva negato la chiusura del contratto tra l’intelligence italiana e l’agenzia israeliana proprietaria dello spyware. 

La reazione delle opposizioni

Le scelte del governo hanno provocato una dura reazione da parte delle opposizioni (comprese Alleanza Verdi Sinistra, M5s e +Europa) che chiedono al presidente Fontana di non accettare la risposta dell’esecutivo e insistere affinché mercoledì 19 febbraio ci sia un rappresentante del governo a fornire i chiarimenti richiesti. 

Sia Italia Viva, sia il Pd hanno contestato l’appello all’articolo 131. Il dem Federico Fornaro ha chiesto a Fontana «un supplemento di riflessione» e Maria Elena Boschi ha sottolineato che «non si era mai verificato sul question time che il governo rifiutasse di rispondere. Se passa il principio che voi sostenete, il governo da qui in avanti potrebbe non venire mai». Si creerebbe un precedente per la «fine della democrazia parlametare», come l’ha definita il segretario di Italia Viva, Matteo Renzi. 

Chi ha usato lo spyware?

Il nocciolo della questione continua a essere uno: chi ha utilizzato lo spyware? Come ha ricordato il capogruppo di Iv, Davide Faraone, dopo la diffusione delle notizie relative all’uso di Paragon «alcune istituzioni, come le Forze Armate, hanno subito chiarito che non lo hanno utilizzato. Subito dopo lo hanno detto anche i Servizi». Ma all’appello manca qualcuno. Sono «rimaste solo due entità che non hanno chiarito sia a livello mediatico sia istituzionale se avessero a disposizione Paragon: la Polizia penitenziaria e le procure».

«L’opinione pubblica ha il diritto di conoscere la verità, di sapere chi ha spiato e per conto di chi, il direttore di Fanpage e gli attivisti della Ong Mediterranea. Chi sono gli altri quattro italiani spiati?», domanda Sandro Ruotolo, responsabile informazione della segreteria nazionale del Pd. 

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«Il presidente della Camera, su invito di Mantovano, ha bloccato l’interrogazione a Nordio sulla polizia penitenziaria. Adesso apprendiamo dal sottosegretario Mantovano che su Paragon c’è il segreto. Perché mettono il segreto solo ora quando chiediamo lumi sul ruolo della polizia penitenziaria e non lo hanno messo prima quando abbiamo chiesto del ruolo dei servizi segreti? Cosa non possiamo sapere?», ha concluso Ruotolo.

Fnsi e Ordine dei giornalisti sporgono denuncia contro ignoti

Intanto la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Ordine nazionale dei giornalisti hanno presentato denuncia contro ignoti alla Procura di Roma con l’intento «di fare chiarezza sul caso dei giornalisti e attivisti spiati, anche in Italia, attraverso lo spyware Graphite della società Paragon Solutions».

L’iniziativa sarà illustrata nel corso di una conferenza stampa, mercoledì 19 febbraio alle 11, nella sala Walter Tobagi della sede del sindacato a Roma. Con la segretaria generale Fnsi, Alessandra Costante, e il presidente, Vittorio di Trapani, all’incontro parteciperanno il presidente nazionale dell’Ordine, Carlo Bartoli, con la segretaria nazionale Paola Spadari e l’avvocato Giulio Vasaturo, che fornisce a sindacato e Ordine supporto legale a sostegno dell’iniziativa. (riproduzione riservata)



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