“Il motto delle Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea) è innovare per preservare la tradizione”, ci ha detto Sara Zenoni, professoressa di Genetica Agraria all’Università degli Studi di Verona. La professoressa, anche con lo spin off universitario EdiVite, sta portando avanti una sperimentazione su vite per renderla capace di rispondere a infezioni di patogeni. Con il professore Mario Pezzotti (Dipartimento di Biotecnologie – Università degli Studi di Verona), sono stati i primi in Europa a portare in campo piantine di Chardonnay che erano state testate in laboratorio e risultate resistenti alla peronospora. Purtroppo il campo a oggi non esiste più, nella notte fra il 12 e il 13 febbraio scorsi qualcuno si è introdotto nel vigneto sperimentale dell’Università degli Studi di Verona a San Floriano, in Valpolicella e lo ha distrutto.
Il campo era composto da cinque piantine Chardonnay editate con Tea e cinque piantine di controllo. Era il frutto di un lavoro che dura dal 2017. A nulla quindi sono servite telecamere e rete metallica, i vandali che certamente sapevano bene cosa stavano distruggendo, si sono comunque introdotti. Le protezioni, contrariamente a quanto si potrebbe pensare dopo gli attacchi dell’estate 2024 alle piantine di riso dell’Università degli Studi di Milano editate contro brusone, sono previste a norma di legge e non erano quindi state pensate specificamente contro atti vandalici. Il team di ricerca dell’Università degli Studi di Verona ha seguito tutti i protocolli e risposto a tutte le normative prima di impiantare, nel settembre scorso, il campo sperimentale. Se i cosiddetti vandali non l’avessero distrutto, a breve avremmo saputo se quelle piantine di Chardonnay resistenti a peronospora in laboratorio, lo sono anche in ambiente reale. Ora occorrerà attendere un po’ di più, almeno un altro anno per conoscere i risultati, ma Sara Zenoni ha già fatto sapere che la ricerca va avanti.
Il campo era composto da cinque piantine Chardonnay editate con Tea e cinque piantine di controllo
(Fonte foto: Università degli Studi di Verona)
L’avevamo incontrata proprio il 12 febbraio scorso, a Pordenone Fiere, durante NovelFarm 2025, fiera delle nuove tecniche di coltivazione fuorisuolo e in vertical farming. La professoressa aveva spiegato, durante il convegno d’apertura di NovelFarm 2025, dal titolo “L’indoor farming in Italia: serre tecnologiche, vertical farm, agricoltura urbana tra normative, investimenti e mercato”, l’importanza delle ricerche portate avanti con Tea su vite da Università degli Studi di Verona ed EdiVite.
“Noi vogliamo aiutare la vite dal didentro, cioè renderla capace di rispondere alle infezioni dei patogeni. Questo perché? Perché la vite, sappiamo, è una pianta molto suscettibile alle malattie, soprattutto le fungine. Con le nostre ricerche andiamo a spegnere quei meccanismi che facilitano l’infezione del patogeno, rendendo quindi le piante più resistenti”, ci aveva spiegato a margine dell’evento. In particolare i ricercatori dell’Università degli Studi di Verona stanno lavorando sia su Chardonnay sia su vitigni come Glera, Corvina e poi ancora Cabernet Sauvignon, Syrah e Pinot nero. “Stiamo poi ampliando anche a varietà d’interesse, ad esempio dell’Alto Adige. E ad altre importanti per la Campania, come Aglianico e Falanghina”, ci ha detto la professoressa Sara Zenoni.
Sì, ma cosa stanno facendo esattamente nei laboratori dell’Università degli Studi di Verona e perché le Tea sono così importanti sia per i viticoltori che per l’economia italiana in generale e per i consumatori? Sara Zenoni ce l’ha spiegato durante l’intervista. “La vite si caratterizza per grande suscettibilità a malattie fungine – ha detto – e la coltivazione sta diventando sempre meno sostenibile”. Secondo i dati mostrati durante l’evento, la vite, pur rappresentando solo il 2% in Unione Europea dell’area agricola occupata, impiega il 41% dei fungicidi. Fra i principali nemici c’è proprio la peronospora, per combattere la quale i trattamenti annui variano e superano mediamente i venti trattamenti. Rendendo resistente la pianta di vite, attraverso le Tea, agli attacchi da peronospora si diminuisce l’uso di fitofarmaci.
“La varietà Chardonnay è importante per l’economia italiana. E la mutazione è stata indotta in un gene di suscettibilità alla peronospora, quindi la pianta, attualmente testata per la resistenza solamente in laboratorio, ha mostrato un grado di resistenza del 50% superiore a una pianta non editata”. Le Tea, in particolare il gene editing, consentono di intervenire in maniera precisa sul gene individuato. Il lavoro portato avanti dal team veronese non ha previsto l’inserimento di geni della stessa specie all’interno del pool genetico di Chardonnay (cisgenesi) ma è intervenuto sul gene DMR6, conosciuto per la sua suscettibilità alla peronospora, silenziando la sua espressione.
Grazie poi a protocolli sviluppati da EdiVite e Università degli Studi di Verona, le piantine editate di Chardonnay sono state rigenerate. “Si tratta – ci ha spiegato la professoressa Sara Zenoni – di tecnologie molecolari, biotecnologie. Principalmente abbiamo dovuto settare un sistema che permettesse a queste tecnologie di agire a livello di cellula di vite. Quindi, il macchinario molecolare che è alla base di questa mutazione che viene indotta deve fisicamente entrare nelle cellule della vite e poi queste cellule devono essere in grado di rigenerare la piantina”. I ricercatori, prima di andare in campo, hanno anche sequenziato il Dna delle piantine editate per verificare che la mutazione fosse avvenuta correttamente e per escludere la presenza di mutazioni off-target, non desiderate quindi. Ricordiamo che mutazioni spontanee nelle piante avvengono continuamente, in natura. Anche prima dell’avvento delle Tea si inducevano mutazioni a scopo di miglioramento genetico delle specie agricole, prima però le mutazioni erano casuali.
Detto in parole povere, il team veronese, primo in Europa a farlo, è intervenuto nel Dna della vite Chardonnay senza introdurre alcun gene esterno, neanche dalla stessa specie (Vitis vinifera). Utilizzando le forbici molecolari CRISPR/Cas9 per la scoperta delle quali Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier nel 2020 hanno ricevuto il Nobel per la Chimica, hanno fatto in modo di mettere a tacere il gene DMR6 che rende la vite suscettibile alla peronospora. In questo modo hanno reso la vite più resistente agli attacchi.
Tea, intervista a Sara Zenoni, professoressa di Genetica Agraria all’Università degli Studi di Verona
Quando il lavoro in laboratorio è finito, però, prima di andare in campo con le piantine editate per verificare il loro comportamento in un ambiente reale rispetto agli attacchi di peronospora, c’era tutto un altro lavoro da portare avanti, l’interlocuzione con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) per avere tutte le autorizzazioni. Grazie a un emendamento al Decreto Siccità è infatti possibile oggi usufruire di una procedura per mettere a dimora le piante editate, come previsto dal Regolamento UE 2001/18.
“È stato complicato – ha confessato la professoressa Sara Zenoni – ci siamo dovuti rapportare a dei ministeri, a dei tecnici, a dei funzionari che giustamente non hanno il linguaggio da ricercatore, abbiamo dovuto capirci. Ci sono voluti tre mesi interi di interazione continua tra il Ministero, il Mase, che è il primo a ricevere la richiesta di autorizzazione e la valuta. Il Mase ci ha chiesto delle integrazioni. Poi il tutto è passato all’Ispra, istituto che valuta l’impatto ambientale”.
Perché dunque il motto delle Tea è “innovare per preservare la tradizione”? “La vite e le piante arboree hanno un alto grado di eterozigosi. Se andiamo a incrociare o ad autofecondare – ci ha spiegato la professoressa Sara Zenoni – per ottenere una caratteristica che ci interessa, l’assetto di quella varietà che abbiamo selezionato negli anni, proprio perché ha un elevato grado di qualità, si perde. Noi vogliamo una pianta identica alla pianta madre ed è per questo che il sistema di EdiVite ha molto successo, perché bypassa la problematica dell’incrocio. Se noi siamo interessati a una determinata varietà, con quelle caratteristiche genetiche, con questo sistema la preserviamo al 100%. L’unica cosa che facciamo è indurre la mutazione specifica, in quel punto, dove noi desideriamo. La mutazione è nel gene di cui sappiamo la funzione e che abbiamo caratterizzato, il resto resta uguale. Questa tecnica è un modo di preservare anche la tradizione delle nostre varietà della viticoltura veneta, italiana e mondiale”, ha concluso la professoressa Sara Zenoni.
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