Comunque vada a finire l’asta per l’acquisizione dell’ex Ilva non saranno pochi i problema da affrontare da subito, sia sul fronte ambientale che su quello occupazionale. Intanto sono arrivati i rilanci dei candidati all’acquisto. Li hanno presentati, come rendono noto i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in Amministrazione straordinaria e di Ilva in As solo Baku Steel Company Cjsc con Azerbaijan Investment Company Ojsc e l’indiana Jindal Steel International. Non ha partecipato invece il fondo americano Bedrock, ormai fuori dalla partita.
Da fonti sindacati e dalle organizzazioni ambientaliste, che agiscono su vari fronti, compreso quello giudiziario, sono molte le perplessità circa le reali intenzioni di procede con la decarbonizzazione in tempi rapidi
Riguardo ai rilanci presentati dalle aziende straniere, commissari straordinari si riservano alcuni giorni per valutare attentamente le proposte ricevute e formulare il proprio parere, che sarà trasmesso al ministero delle Imprese e del Made in Italy. In vantaggio ci sarebbe l’offerta di Baku Steel che avrebbe garantito anche maggiori garanzie sul fronte occupazionale. A vantaggio degli azeri andrebbe anche la disponibilità di gas, che nella transizione dagli altiforni ai forni elettrici per la decarbonizzazione potrebbe essere un fattore importante. Anche se, però, il gas non può essere utilizzato nell’immediato nella produzione.
In particolare, il gruppo azero Baku Steel avrebbe presentato un rilancio da 450 milioni a circa 1 miliardo di euro, che supererebbe quella presentata dagli indiani di Jindal International, tramite la controllata Vulcan Steel, salita da 80 a circa 200 milioni, ai quali vanno aggiunti però oltre 2 miliardi di investimenti futuri previsti.
Per quanto riguarda invece l’occupazione, il piano di Baku prevederebbe uscite non superiori alle duemila unità rispetto ai circa 10.000 attualmente dipendenti di AdI, mentre gli indiani prevederebbero tremila uscite. E questa sarà una battagli impegnativa per i sindacati, dal momento che non considerano fuori i 1.700 lavoratori collocati in Ilva AS, per i quali chiedono garanzie.
Ma Jindal ha fatto subito sentire la sua voce, esprimendo stupore per il vantaggio attribuito ai concorrenti azeri, soprattutto in virtù della loro maggiore consistenza industriale e produttiva a livello internazionale e per via dei preannunciati investimenti futuri, anche ambientali. Segnalano, inoltre, la scarsa esperienza produttiva accumulata dagli azeri fino ad oggi. Ma scarsa chiarezza si intravede sui programmi iniziali degli indiani, che chiuderebbero da subito le cokerie importando dall’estero il preridotto da utilizzare nelle acciaierie, almeno fino alla costruzione dei forni elettrici.
Da fonte sindacale si chiede una convocazione urgente dal ministero “Sarà fondamentale – afferma Valerio D’Alò, segretario nazionale dellaa Fim – esaminare il percorso per cui arrivare a una decarbonizzazione nei tempi, nei modi e sugli impatti occupazionali che ci saranno. Il piano industriale e gli investimenti devono prevedere il rilancio di tutti gli impianti e non accetteremo esclusioni di pezzi della filiera. Non dimentichiamo che nel 2018 fu necessario più di un anno di tempo per realizzare un accordo e che i tempi fanno parte di un percorso complesso che ponga fine alla vertenza ex Ilva. Come abbiamo più volte ribadito la soddisfazione positiva delle condizioni che come sindacato abbiamo più volte richiesto consentiranno tempi più veloci della fase sindacale.
Attendiamo da Palazzo Chigi la convocazione non appena sarà chiaro il percorso e chiediamo al Governo un impegno forte in termini di norme certe e durature per chi acquisirà il Gruppo, ed una stretta sorveglianza dei tempi di realizzazione delle opere necessarie e la presenza dello Stato nella società per dare stabilità economica e finanziaria oltre che garanzia per gli investimenti da realizzare per il rilancio dell’azienda. Non ci sarà un’ulteriore amministrazione straordinaria, come Fim diciamo a gran voce di fare presto e bene per i lavoratori e per il Paese”.
Intanto, il governo, che esclude assolutamente una sua qualche partecipazione alla futura gerstione, ha già provveduto a mettere disposizione risorse per il rilancio dell’Ilva, garantendo 100 milioni di euro in più al prestito ponte da 320 erogato dal Mef con l’ok della UE e il passaggio da 150 a 400 milioni di una precedente misura a carico di Ilva in amministrazione straordinaria, attuale proprietaria degli impianti, mentre Acciaierie li gestisce in fitto.
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