Nuovo Giornale Nazionale – LA CRISI UCRAINA IN UNA SVOLTA CRUCIALE

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di Sergio Restelli

La crisi ucraina si trova a un punto di svolta cruciale, con la diplomazia internazionale che si muove su più fronti. L’Europa, che finora ha mostrato divisioni interne e una certa esitazione nel prendere un ruolo guida, rischia di essere tagliata fuori dalle trattative decisive per la fine della guerra.

L’iniziativa francese di convocare un vertice straordinario a Parigi, con la partecipazione dei principali Paesi europei, rappresenta un tentativo di rimettere l’UE al centro del dibattito sulla sicurezza del continente. Nel frattempo, gli Stati Uniti in particolare con la mediazione dell’entourage di Donald Trump sembrano determinati a gestire la crisi direttamente con la Russia, senza un coinvolgimento attivo dell’Unione Europea. L’Europa e il tentativo di un fronte comune. L’assenza di un chiaro comunicato ufficiale da parte dell’Eliseo sul vertice parigino evidenzia le difficoltà europee nel costruire una linea d’azione comune. Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, è stato il primo a confermare l’incontro, seguito dal suo omologo francese Jean-Noël Barrot, che ha parlato di una “riunione di lavoro” senza fornire dettagli. Questo silenzio riflette la complessità di mettere d’accordo Stati membri con visioni diverse sulla strategia da adottare nei confronti della Russia e sul ruolo della NATO.

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Un punto chiave dell’incontro sarà la spesa militare: Macron ha più volte sottolineato la necessità che l’Europa sviluppi una propria industria della difesa e non si limiti ad acquistare armamenti da Paesi terzi, in particolare dagli Stati Uniti. La questione dell’autonomia strategica europea, già sollevata negli anni scorsi dallo stesso Macron, torna quindi al centro del dibattito con urgenza crescente. La posizione di Zelensky e la richiesta di un esercito europeo

A dare un ulteriore scossone al dibattito europeo è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che, dalla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha ribadito la necessità di creare un “esercito europeo”. Il leader di Kiev, ha avvertito che gli Stati Uniti potrebbero non supportare l’Europa in futuro su alcune questioni di sicurezza e che il Vecchio Continente deve essere in grado di difendersi autonomamente. La sua proposta, che si collega ai ripetuti appelli per un rafforzamento della difesa comune europea, non è nuova, ma assume ora un significato più pressante, soprattutto alla luce delle incertezze legate alle elezioni americane e a Trump alla Casa Bianca.

Zelensky ha sottolineato come l’Ucraina, essendo l’unico esercito europeo con esperienza diretta in una guerra convenzionale su larga scala, possa offrire un contributo essenziale alla sicurezza del continente. Tuttavia, per farlo, ha bisogno del sostegno dell’UE in termini di armi, addestramento, finanziamenti e unità politica. L’idea di un esercito europeo si scontra però con una realtà difficile: gli Stati membri dell’UE hanno storicamente faticato a mettere d’accordo le loro politiche di difesa e ad assumere decisioni comuni vincolanti in ambito militare.

L’iniziativa americana e il ruolo di Trump

Mentre l’Europa cerca di organizzarsi, gli Stati Uniti si muovono rapidamente per gestire direttamente i negoziati tra Ucraina e Russia. L’ex generale Keith Kellogg, inviato di Trump per l’Ucraina, ha dichiarato che la mediazione sarà portata avanti da Washington e Mosca, escludendo di fatto l’UE dal tavolo delle trattative. Secondo Kellogg, la soluzione diplomatica al conflitto dovrebbe arrivare entro sei mesi, con un cessate il fuoco concordato tra le due parti, ma senza un ruolo diretto dell’Europa.

Questo scenario è motivo di grande preoccupazione per Kiev, che teme di trovarsi di fronte ad accordi imposti senza il proprio coinvolgimento. Zelensky ha reagito con fermezza, ribadendo che “nessuna decisione sull’Ucraina può essere presa senza l’Ucraina”. La sua posizione riflette il timore che un negoziato tra Stati Uniti e Russia possa portare a compromessi sfavorevoli per Kiev, come la cessione di territori occupati da Mosca o la neutralizzazione del Paese.

La dichiarazione di Zelensky vale anche per l’Europa: se il Vecchio Continente viene escluso dalle trattative, rischia di perdere il controllo sul proprio futuro strategico.

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Il vertice di Parigi sarà un test fondamentale per capire se l’Europa è in grado di rispondere con unità ed efficacia alla crisi ucraina. La questione dell’autonomia strategica si scontra con le dipendenze storiche dell’UE, sia dal punto di vista della sicurezza (fortemente legata alla NATO e quindi agli USA) sia da quello economico-energetico, con molti Paesi ancora vulnerabili rispetto alla Russia. Macron cercherà probabilmente di spingere per un maggiore impegno militare europeo, magari rilanciando l’idea di una forza di difesa congiunta. Tuttavia, permangono forti divisioni tra i Paesi membri: alcuni, come la Germania, sono riluttanti ad aumentare drasticamente la spesa per la difesa, mentre altri, come Polonia e Paesi Baltici, spingono per un riarmo rapido e un maggiore coinvolgimento della NATO.

Il rischio, per l’Europa, è quello di rimanere spettatrice di un negoziato deciso altrove, con gli Stati Uniti e la Russia a guidare le trattative. Se il vertice di Parigi non produrrà un’azione concreta e coordinata, la marginalizzazione dell’UE nella questione ucraina potrebbe diventare un fatto compiuto, con ripercussioni a lungo termine sulla sicurezza e l’influenza geopolitica del continente.

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