Tutta l’innovazione e l’automazione possibile nei frutteti porterà a un miglioramento generale: il problema è che la mentalità delle persone non sempre va di pari passo con l’automazione e, in agricoltura, c’è una drammatica mancanza nel ricambio generazionale. Se ne è parlato venerdì 14 febbraio 2025 a Lugo, nella sede della Fondazione Fresh presso Unitec a Lugo (Ravenna), durante il convegno “Sostenere i nostri frutteti con l’innovazione e l’automazione“.
Luca Corelli Grappadelli
Dopo i saluti introduttivi di Luca Corelli Grappadelli (Unibo), si è entrati nel vivo delle relazioni.
Damiano Zanotelli, dell’Università di Bolzano, ha proposto una panoramica sulle varie tipologie di sensori che si possono mettere in campo. “Partendo da strumenti semplici, siamo arrivati a sensori molto evoluti. Raccogliamo in continuo i dati di tensione del suolo e li trasmettiamo a una piattaforma online. La conseguenza è che si ha una misura continua in tempo reale. Ad esempio, al momento opportuno il sensore fa scattare un’elettrovalvola per dare il via all’irrigazione. I vantaggi sono: costi accessibili, semplicità di utilizzo, velocità. I sensori al suolo però hanno come limite la superficie e la profondità limitate, rispetto al frutteto, quindi ne servono molti”.
Damiano Zanotelli
“Altri sensori sono quelli applicabili a tronco, foglia, frutto, per misurare la crescita quotidiana. Poi ci sono le misurazioni del flusso di linfa e del potenziale idrico della pianta nel tronco. È importante anche misurare il microclima nel frutteto con una centralina dedicata all’interno del frutteto. I dati pubblici con stazioni meteo poste, ad esempio, a qualche centinaio di metri di distanza può dare differenze anche notevoli, rispetto al nostro frutteto. Si pensi ad esempio alla presenza di reti antigrandine, che comportano comunque variazioni di microclima”.
Altra tecnologia utilizzata è il telerilevamento. Ha spiegato Zanotelli: “Il telerilevamento, che misura la variabilità spaziale del frutteto, sfrutta un sensore ottico montato ad esempio si una trattrice agricola oppure su droni. Si misura la riflettanza, cioè la radiazione non usata dalla pianta, e lo spettro varia a seconda dello stato di salute della pianta. In base a questo, si fanno scelte nutrizionali e/o irrigue. I sensori nelle trattrici permettono di raccogliere informazioni ogni volta che si effettuano operazioni colturali. Un esempio pratico è concimare diversamente nelle varie zone del frutteto, a seguito del vigore registrato dai sensori”.
“In conclusione, i vantaggi dell’uso dei sensori sono molteplici. Vanno integrate le informazioni a terra e il telerilevamento. Le applicazioni sono in rapido sviluppo e tutte le informazioni facilitano il lavoro degli agronomi, ai quali comunque spetta il compito di interpretare i dati”.
Dario Mengoli
È stata poi la volta di Dario Mengoli dell’Università di Bologna, il quale ha spiegato lo stato dell’arte delle piattaforme robotiche. “L’agricoltura di precisione non può fermarsi ai trattori, ma deve usare piattaforme robot, altrimenti la raccolta di tutti i dati è fine a se stessa. In commercio vi sono già piattaforme robotiche per attività di campo. Vigneti, orticole e seminativi al momento sono i campi dove si registrano le maggiori applicazioni. In diversi casi, queste piattaforme potrebbero sostituire le trattrici tradizionali. Il dubbio ancora sta sulla sicurezza generale di queste macchine, in grado di muoversi da sole senza creare danni. Manca ancora una legislazione e una certezza assoluta”.
“Da considerare in questo ambito anche i droni, sempre più utilizzati; però vi sono problemi di pesi e di leggi che vietano la distribuzione di fitofarmaci tramite drone. Negli Stati Uniti e altrove invece è permesso. Noi di Field Robotics stiamo creando una piattaforma compatta, leggera e multiattrezzo chiamata HammerHead (totalmente elettrico). Il limite della guida autonoma sta nella mancanza di riferimenti in campo. La nostra navigazione autonoma in vigneti e frutteti deve basarsi su qualcosa di diverso e non può affidarsi solo al gps: ad esempio, le reti antigrandine possono ostacolare il segnale. Ma alcuni sensori creati e istruiti su misura permettono di vedere i filari e svoltare alla fine di ognuno. Diserbo meccanico e trattamenti sono le operazioni colturali alle quali ci stiamo dedicando di più, compreso il controllo delle infestanti interceppo, lavorazione del terreno compresa. Allo stesso tempo, la piattaforma potrà contare i frutti e valutarne l’accrescimento tramite l’implementazione di telecamere e software.
Matteo Golfarelli dell’Università di Bologna, Campus di Cesena, ha illustrato la situazione della digitalizzazione nelle aziende agricole. “In campo agricolo, abbiamo 10 anni di ritardo nella digitalizzazione rispetto agli altri settori economici. C’è chi vede questa evoluzione come un’opportunità, altri hanno paura. Il ritardo non è solo negativo: si può fare tesoro delle esperienze (ed errori) precedenti”.
Matteo Golfarelli
E ha continuato: “Sento parlare troppo di sensori e tecnologie, ma manca una vera cultura di base. Il cambiamento digitale è una questione di organizzazione e servono nuove figure, persone con una nuova mentalità. Non bastano i sensori di ultima generazione. Non si tratta solo di comprare un software, ma è un percorso da compiere, avendo sempre chiaro l’obiettivo. Occorre fare piccoli passi, ognuno dei quali sostenibile economicamente, gestibile in un tempo limitato e in grado di dare un valore aggiunto. Investire nella cultura del digitale nelle persone. E quando arriveremo all’obiettivo capiremo che già si è evoluto; allora ecco che torna il concetto del percorso, dell’innovazione continua”.
Golfarelli ha poi accennato al tema dell’intelligenza artificiale: “Poi si va a mode: ora tutti stanno inseguendo l’intelligenza artificiale, la si pubblicizza e la si sta inflazionando; poi vi sarà una stabilità verso gli aspetti davvero utili alle aziende e che portano a risultati economici concreti. C’è una maturazione delle tecnologie, e occorre saperle scegliere. Il valore non è portato solo dalle tecnologie: spesso il valore aggiunto è nell’applicazione. Ad esempio, l’applicazione mycicero per parcheggiare sfrutta tecnologie vecchie di 20 anni, ma è l’aver soddisfatto una richiesta e averla saputa proporre alle persone giuste ad aver portato il valore aggiunto”.
Sala gremita a Lugo
“Il sistema raccolta dati va pensato come raccolta collettiva e a più livelli. La trasformazione digitale è un fatto di strategie. Manca però la visione finale sull’obiettivo. Il modello digitale è estremamente reale, con una riproduzione digitale della realtà per fare prove e simulazioni per arrivare a ridurre la dispersione. Poi si fa il confronto con una vera sperimentazione in campo”.
Lorenzo Marconi
Lorenzo Marconi dell’Università di Bologna ha parlato del digital twin del frutteto. “Ci occupiamo di simulazioni computerizzate per creare situazione reali e trovare soluzioni. Ad esempio per diminuire la dispersione nei trattamenti fitofarmaci. Sfruttiamo modelli matematici per sistemi naturali: il problema è complesso, ad esempio predirre l’accrescimento di una mela. L’intelligenza artificiale aiuta, ma non risolve. È un campo multidisciplinare dove serve un approccio ragionato e modulare. Attenzione all’effetto ubriacatura: serve una road map guidata dagli utenti finali che conoscono bene di cosa hanno bisogno. Alla produzione non servono cose belle, ma inutili”.
Davide Viaggi
Davide Viaggi, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari, ha parlato di validazione e scelta economica dell’innovazione. “Le nuove tecnologie in agricoltura convengono? Dipende, perché serve a monte un progetto”.
È stata poi la volta di Walter Guerra (Centro di sperimentazione Laimburg): “Il produttore deve aumentare le rese a ettaro e le tecnologie digitali possono aiutarlo. Abbiamo realizzato già da qualche anno LIDO, un laboratorio digitale a cielo aperto per la melicoltura e viticoltura, allo scopo di testare, sviluppare e dimostrare nuove tecnologie digitali. Sistema di impianto Sophia con filari dove si fanno trattamenti diversificati per filare. Abbiamo un sistema di gestione dati e la smart irrigation è al centro dell’attenzione. Ogni anno apriamo dei bandi per chi è interessato a collaborare con noi. Concordo sul fatto che non basta avere i dati: servono gli esperti che li capiscano, interpretino e traducano in un’azione concreta, sulla base dei propri obiettivi aziendali. Fra le innovazioni allo studio, vi è un sensore elastico e leggero per misurare la crescita del frutto, senza impatti e senza manutenzione. È un obiettivo ambizioso, per valutare la crescita dei frutti. Stiamo inoltre studiando una trappola intelligente per la carpocapsa”.
Walter Guerra
Mirko Piani dall’Australia, ricercatore, laureato in Agraria, sta continuando a studiare sistemi di analisi di immagini e applicazione di intelligenza artificiale. “I nuovi esperti devono saper scegliere le tecnologie più appropriate con un ritorno di investimento ottimale; saper estrarre i dati ad alto valore economico, sapere comunicare e lavorare insieme ad altre figure professionali”, ha detto.
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