CRISI ORGANIZZATIVA NELLA REGIONE, NOMINE FIDUCIARIE E GESTIONE SOTTO ESAME – Talenti Lucani

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Il modello organizzativo verticistico non si tocca. Nonostante le proteste dei Sindacati, nonostante i dubbi della Corte dei Conti, nonostante lo scenario che il Consiglio di Stato ha aperto sui direttori generali esterni e che presto porterà ad una sentenza di merito. Un modello verticistico , quello della Basilicata, che ha la specificità di confondere volutamente livello di decisione politica e livello di attuazione amministrativa, mettendo  direttamente a disposizione del vertice politico gli uffici con le maggiori responsabilità. Ne consegue che  l’attività ordinaria dei Dipartimenti è fortemente compromessa per via del calendario imposto dal vertice: prima le cose che richiede la politica e poi tutto il resto. Solo che tutto il resto sono migliaia di cittadini che aspettano una autorizzazione a fare un’opera minima in aree tutelate, società di servizi in ambito sanitario che aspettano da anni l’autorizzazione ad aprire, le famiglie con nefropatici o altre malattie gravi che aspettano i rimborsi, gli imprenditori degli inerti fluviali che non possono più lavorare,.nonostante la richiesta dei cantieri si sta moltiplicando per effetto di opere urgenti ed importanti. E questo solo per offrire alcuni esempi di tanti e tanti ritardi, tanti e tanti dinieghi,provocati da una amministrazione i cui direttori generali,  anzichè guardare al funzionamento quotidiano dei loro uffici, sono con la testa rivolta in alto,e con le mani incollate al telefono pronti a rispondere alle priorità che un capo di gabinetto o un superdirettore generale gli comunicano. Come dire campare alla giornata aspettando di dare una risposta ai capricci del Re. E bisogna riconoscere la franchezza (o la sfacciataggine) di queste vecchie fiiigure di vertice che da anni fanno il bello e il cattivo tempo, di aver risposto in prima commissione che i “pieni poteri” non si toccano perchè sono una scelta politica. E questo in dispregio, sembra, degli accordi presi tra i partiti in campagna elettorale secondo i quali queste figure del cerchio magico sarebbero dovute sparire. Il capogruppo Lacoirazza, ironizzando con Azione, Lega e Fratelli d’Italia ha giustamente concluso che sono bastati tre sottosegretari , uno a testa, per fargli cambiare idea. Alla faccia della coerenza. Per chi non avesse compreso la gravità della questione, riepiloghiamo alcuni termini della vicenda. La recente riorganizzazione della macchina amministrativa della Regione solleva interrogativi sulla compatibilità tra nomine fiduciarie e gestione operativa. Il modello organizzativo adottato assegna ai dirigenti generali un ampio ventaglio di responsabilità gestionali, ma emerge una contraddizione di fondo: se questi sono stati scelti fiduciariamente dalla Giunta regionale, possono svolgere funzioni gestionali?
Un nodo giuridico e amministrativo
La delibera della Giunta regionale, approvata alla vigilia di Ferragosto dello scorso anno, ha nominato sei dirigenti generali, tutti esterni alla dirigenza regionale di ruolo. Questa scelta solleva dubbi giuridici, considerato che l’articolo 4 del d.lgs. n. 165 del 2001 vieta agli organi politici l’esercizio di attività gestionali. Di conseguenza, se il dirigente generale è un fiduciario della Giunta,
anche a lui dovrebbe essere precluso lo svolgimento di tali funzioni. A rafforzare questa lettura è l’articolo 3, comma 1, del DL n. 44 del 2023, convertito nella L. n. 74 del 2023, che ribadisce il divieto per il personale fiduciario di svolgere attività gestionali. Il quadro normativo sembra dunque chiaro: le scelte discrezionali della Giunta per le nomine dirigenziali devono limitarsi a ruoli di staff, senza sconfinare nelle funzioni gestionali, così come ribadito anche dall’art. 2, comma 8, LR n. 31 del 2010.
Un assetto dirigenziale sbilanciato. Un altro elemento critico riguarda la distribuzione degli uffici e delle direzioni generali: presso la Giunta regionale sono stati istituiti 52 uffici e 8 direzioni generali, mentre il Consiglio regionale conta 8 uffici e una direzione generale. Tuttavia, vi sono soltanto 20 dirigenti, il che significa un dirigente ogni tre uffici, senza considerare le direzioni generali. La situazione diventa ancora più problematica alla luce del numero elevato di incarichi di reggenza ad interim che i dirigenti generali decidono di autoassegnarsi, ricevendone anche il relativo compenso, diversamente da quanto accadeva in passato. In un caso specifico, un solo dirigente generale ricopre una seconda direzione generale ad interim e gestisce contemporaneamente la bellezza di 10 uffici. Ciò altera profondamente la natura stessa dell’interim, che dovrebbe avere un carattere straordinario e temporaneo, e solleva interrogativi sulla sostenibilità operativa di una tale concentrazione di incarichi. Un’organizzazione dai poteri discutibili. Non mancano perplessità anche sulle competenze attribuite ai singoli uffici. In particolare, desta sorpresa l’assegnazione all’Ufficio Gestione e Progettazione Strategica della facoltà di spossessare altre direzioni generali delle loro competenze, a proprio insindacabile giudizio. Come pure quella attribuita allo stesso ufficio di coordinamento delle altre direzioni generali e degli altri uffici di tutta la Regione, di concerto con il Capo di Gabinetto. Una prerogativa che appare difficilmente conciliabile con i principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. La situazione attuale pone seri interrogativi sul rispetto delle regole amministrative e sulla trasparenza nelle nomine dirigenziali. La Regione si trova ora a dover rispondere a un quadro normativo che sembra ostacolare il modello organizzativo adottato, rendendo necessaria una revisione delle scelte effettuate per evitare possibili ricorsi e problemi gestionali. Una cosa è certa. la protervia con cui si sta procedendo in questa direzione non può passare inosservata.Non vorremmo che questa macchina regionale, dopo averla scassata, la portano a sbattere contro il muro della resa dei conti. ROCCO ROSA


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