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A Trento una mostra-laboratorio: al centro, il tema dello sguardo. Alcuni giovani della magistrale in Beni Culturali sperimentano ideazione e curatela
Rimettere al centro le emozioni, in un momento in cui il dibattito è occupato da opportunità e rischi dell’intelligenza artificiale. Riflettere sulla pluralità dei modi in cui entriamo in contatto con gli altri, a livello personale e sociale. E ancora, tornare a dare spazio all’empatia, per l’arte e per l’altro. Da questi spunti e dall’urgenza di rimettersi in relazione, tre studenti dell’Officina Espositiva hanno scelto il tema al centro della mostra-laboratorio «Intelligenze emotive. Storie di connessioni empatiche», dal 26 febbraio al 4 maggio 2025 alla Galleria Civica di Trento.
«Siamo di fronte a un progetto inedito, non solo per quanto riguarda la tematica scelta, ma anche per la modalità di sviluppo: il progetto dell’Officina Espositiva — nato nel 2022 grazie a Denis Viva, docente di Storia dell’arte contemporanea — permette infatti ad alcuni giovani del corso di Laurea magistrale in Beni Culturali dell’Università di Trento, scelti in base al merito, di confrontarsi con la pratica curatoriale, dalla sua fase di ideazione alla sua ricezione presso il pubblico», racconta al Corriere della Sera Gabriele Lorenzoni, curatore e responsabile della Galleria Civica. Una quarta studentessa di Scienze Cognitive ha, poi, fornito una cornice scientifica al progetto, richiamando il concetto di «Intelligenze emotive» sviluppato e reso popolare dallo psicologo Daniel Goleman nel libro Emotional Intelligence, pubblicato per la prima volta nel 1995, come «forma di intelligenza che coinvolge la capacità di monitorare le proprie emozioni e quelle degli altri, di individuarle e riconoscerle, utilizzando queste informazioni per guidare il pensiero e l’azione». Il percorso si sviluppa in tre sezioni, dedicate all’autoconsapevolezza delle proprie emozioni, al linguaggio non verbale e alla connessione con gli altri.
Il tema — aggiunge Lorenzoni — «viene affrontato attraverso opere d’arte realizzate a partire dagli anni Novanta, selezionate dalle Collezioni del Mart di Trento e Rovereto stimolando letture trasversali e creando connessioni imprevedibili e impreviste. Si affiancano, poi, interventi site-specific realizzati da giovani artisti e artiste e prestiti provenienti dalle gallerie del territorio», che ricordano l’importanza di creare una rete culturale e sociale virtuosa all’interno della città. Anche nella scelta delle opere da esporre il ruolo degli studenti è stato centrale: «Si sono confrontati con le diverse collezioni, creando dei percorsi di senso con al centro il tema dello sguardo. I lavori selezionati — prosegue — mostrano persone che guardano e ti guardano, affinché il visitatore possa riconoscersi nell’altro e riconoscere l’altro. Alcuni ragionano per contrasto, altri sono didascalici, ma tutti suggeriscono nello spettatore l’attivazione di un pensiero».
Si va dal flash-mob Telaio umano di Gisella Meo ai «ritratti-impassibili» del fotografo tedesco Thomas Ruff, passando per i volti di Chuck Close e gli Stages of Love di Giulia Iacolutti che immortala alcuni anziani mentre ballano. Un’attenzione particolare, ricorda Lorenzoni, va poi data al video The Picture of Ourselves (un frame è stato usato come locandina dell’esposizione, ndr): Rä di Martino analizza la spensieratezza dell’infanzia che diventa un monito per la vita adulta, partendo dal «primo piano di una bambina dal volto angelico che si trasforma in un’inquadratura allargata in cui si vede un uomo che la tiene per i polpacci, rendendole possibile dondolarsi a testa in giù. Suscitando in chi osserva diversi interrogativi». Tutti i lavori ci ricordano come «per avere un riscontro sociale, l’emotività non deve essere un cavallo che va a briglie sciolte, ma deve essere allenata. L’emotività non è una tempesta che ci travolge e ci impedisce di ragionare, ma è uno strumento per osservare il mondo», conclude il curatore.
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