Unione Africana: verso una nuova leadership

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contabilità

Buste paga

 


Il 38° summit dell’Unione Africana (UA) è in corso nella capitale dell’Etiopia Addis Abeba, sede ufficiale dell’organizzazione. Il vertice si tiene annualmente, ma quello di quest’anno è particolarmente importante perché sarà l’occasione in cui i Capi di Stato e di Governo dei 55 membri dell’organizzazione (tranne quelli dei paesi attualmente sospesi) eleggeranno il nuovo Presidente della Commissione dell’UA, un nuovo vicepresidente e sei commissari. L’attuale Presidente, il ciadiano Moussa Faki Mahamat, infatti, è giunto alla fine del suo secondo mandato. Come ogni anno, si terrà poi il passaggio di consegne della presidenza a rotazione dell’Assemblea dell’UA tra il presidente mauritano Mohamed Ould Ghazouani e il presidente angolano João Lourenço.

Come nuovo presidente dell’Assemblea, questi darà la sua linea per trattare i temi prioritari dell’organizzazione nei prossimi dodici mesi. Tra questi spicca quello che l’UA si è data come tema dell’anno: “Giustizia per gli africani e le persone di origine africana attraverso le riparazioni”. Quello delle riparazioni per i danni a lungo termine causati dai paesi coloniali durante la tratta degli schiavi e il colonialismo è infatti un tema sempre più centrale e su cui si l’organizzazione si prefigge di creare un fronte comune africano. Ma sono anche molti altri i temi caldi per i vertici dell’UA, in un contesto di crescente frammentazione regionale causata dai colpi di stato, il deterioramento della sicurezza in molte aree di conflitto e il rallentamento delle riforme istituzionali.

L’UA: dalla decolonizzazione all’Agenda 2063

Le radici dell’UA si fondano sull’organizzazione che l’ha preceduta, l’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA). Ispirata da ideali panafricanisti, l’OUA era stata creata nel 1963 dai 32 stati africani allora indipendenti e si proponeva di sostenere il completamento del processo di decolonizzazione dell’Africa e promuovere le istanze africane sulla scena internazionale. Nel 1999, alla luce dell’avvenuto completamento della decolonizzazione ma anche di alcuni evidenti limiti dell’operato dell’OUA (tra cui una paralizzante frammentazione politica al suo interno e l’incapacità di fermare i conflitti, divenuta lampante in particolare dopo il genocidio rwandese del 1994), si decise con la Dichiarazione di Sirte la nascita di un’organizzazione che avesse priorità nuove: accelerare il processo di integrazione economica e politica del continente, promuovere la pace, la sicurezza e i diritti umani nonché rafforzare la posizione dell’Africa a livello globale. L’Atto Costitutivo dell’UA fu adottato nel 2000, e nel 2002 si tenne il primo vertice dell’Assemblea a Durban (Sudafrica). Il mandato dell’UA mostrava un impegno più marcato verso i principi democratici e lo stato di diritto: essa si riserva infatti il diritto di sospendere gli stati che, in seguito a colpi di stato o cambiamenti di governo incostituzionali, vìolino principi democratici e si pone un principio di “non indifferenza”, che le consente di intervenire in casi di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Sul fronte dell’integrazione regionale, l’UA persegue i propri obiettivi tramite otto Comunità Economiche Regionali (REC), raggruppamenti di paesi su base regionale che promuovono, con risultati variabili tra di loro, sforzi di integrazione tra i paesi che li compongono (libera circolazione di persone e merci, l’unione doganale, e altri). Ma importanti iniziative sono di respiro continentale: la più significativa è probabilmente il lancio dell’Area Continentale Africana di Libero Scambio (AfCFTA), che mira a creare un mercato unico per beni e servizi, facilitare gli investimenti e rafforzare in modo massiccio lo scambio commerciale tra paesi africani, al momento carente. Lanciata nel 2018, è stata ratificata da parte di tutti i paesi membri, tranne sei, a cui si aggiunge la mancata firma dell’Eritrea, ed è operativa dal 2021: a pieno regime, dovrebbe essere l’area di libero scambio più grande al mondo.

Fondamentale, sia sul fronte dell’integrazione che della promozione degli obiettivi di sviluppo del continente, è stata anche l’adozione nel 2015 dell’Agenda 2063, il framework strategico per uno sviluppo inclusivo e sostenibile.

La struttura dell’UA: il peso degli stati membri

L’assetto istituzionale dell’UA richiama in parte quello dell’Unione Europea (UE), ma rispetto a questa, l’organizzazione africana si distingue per la natura fortemente intergovernamentale, in cui la cessione di sovranità da parte degli stati membri è molto limitata. È questa una caratteristica che spesso si manifesta anche nell’ambivalenza delle posizioni dei paesi africani di fronte a temi di politica globale in cui è difficile riunire il continente dietro a una posizione unitaria.  L’UA è, rispetto alle sue premesse fondative, un’entità in evoluzione, organizzata sulla base di una divisione del potere legislativo, giudiziario ed esecutivo; l’Articolo 5 dell’Atto Costitutivo definisce nove istituzioni chiave, ma non tutte sono pienamente realizzate e la struttura dell’organizzazione è cambiata nel corso degli anni.

Al vertice si trova l’Assemblea, composta dai 55 Capi di Stato e di Governo dei paesi membri (l’UA riconosce infatti la Repubblica saharawi come proprio membro). Essa definisce la direzione strategica dell’UA e prende decisioni sulla base delle raccomandazioni degli altri organi. Ha anche il potere di sanzionare gli stati membri o di intervenire nei loro affari interni in caso di gravi violazioni dei diritti umani, ed elegge il presidente della Commissione. L’Assemblea ha a sua volta un presidente, un ruolo rinnovato annualmente e ricoperto a rotazione su base regionale. Giunti al termine del mandato del presidente mauritano, Mohamed Ould Ghazouani, il vertice di quest’anno confermerà un nuovo Presidente, scelto preventivamente dagli stati membri durante una serie di consultazioni volte a creare consenso intorno a un solo candidato. Quest’anno  spetterà al Presidente dell’Angola, João Lourenço prendere le redini dell’organizzazione.

Vi è poi il Consiglio Esecutivo, composto dai ministri degli Affari Esteri degli stati membri. Questo organo si occupa di definire i dettagli delle politiche che verranno adottate dall’Assemblea, ma possiede anche poteri decisionali vincolanti in ambiti di interesse comune agli stati membri, come commercio, energia e salute.

La Commissione dell’UA è composta da un presidente, un vicepresidente e sei commissari responsabili di altrettanti dipartimenti. Ufficialmente questa funge da segretariato dell’UA con funzioni esecutive – gestisce operazioni quotidiane, coordina le politiche tra gli Stati membri e supervisiona la loro implementazione – e il suo campo d’azione è limitato dall’Assemblea, a cui spettano le decisioni finali. Tuttavia, nel corso degli anni il presidente della Commissione ha acquisito una crescente indipendenza e oggi rappresenta una delle cariche più influenti all’interno dell’UA. In qualità di Chief Executive Officer e rappresentante legale dell’Unione, questi ha il potere di parlare a nome dell’UA nei forum internazionali, consentendogli di esprimere una propria visione e formulare risposte collettive alle crisi che il continente si trova ad affrontare.

Altri organi previsti dall’Atto Costitutivo dell’UA svolgono oggi principalmente una funzione consultiva. Il Parlamento Panafricano, originariamente concepito come un organo legislativo eletto a suffragio universale, non si è ancora concretizzato come tale ed è attualmente un organo consultivo per l’Assemblea, privo di poteri legislativi. I suoi 275 membri sono scelti dai governi di ciascun Stato membro, con cinque parlamentari per paese. Ci sono poi organi come il Consiglio Economico, Sociale e Culturale (ECOSOCC), le Commissione Tecniche Specializzate e la Commissione dei Rappresentanti Permanenti, che però non hanno poteri decisionali.

La corsa alla presidenza della Commissione

È proprio l’elezione del presidente della Commissione dell’UA, visto il suo ruolo nella definizione dell’agenda dell’UA, ad essere uno dei momenti più attesi del 38° Summit. La votazione avverrà durante la sessione dell’Assemblea dell’UA del 15-16 febbraio. I capi di Stato esprimeranno il loro voto in modo segreto, un elemento che rende particolarmente arduo fare propostici, e per l’elezione sarà necessaria una maggioranza di due terzi dei voti. Significativamente, le elezioni devono seguire un principio di rotazione regionale – ovvero le candidature alla leadership della Commissione sono assegnate a turno alle cinque regioni dell’UA secondo un ordine prestabilito basato sull’alfabeto inglese – per cui quest’anno la persona prescelta dovrà provenire da un paese dell’Africa orientale.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Vi sono tre candidati. Raila Amolo Odinga, un politico kenyano di lungo corso che è stato Primo Ministro e cinque volte candidato alle elezioni presidenziali, è il favorito nonostante la tarda età. Durante la campagna elettorale si è presentato con un profilo panafricanista, capitalizzando anche sulla sua esperienza e rilevanza durante la sua lunga carriera politica che gli darebbero autorevolezza presso i membri dell’Assemblea. Il suo principale sfidante è Mahmoud Ali Youssef, Ministro degli Esteri del Djibouti dal 2005, che si è presentato come una figura tecnica con una profonda conoscenza dei meccanismi dell’UA. Un terzo candidato, Richard Randriamandrato, ex Ministro delle Finanze del Madagascar, ha mantenuto un profilo più basso e ricevuto scarso sostegno visibile da parte di altri governi, divenendo l’outsider di questa corsa.

Le proposte politiche dei candidati riflettono una generale convergenza tra i tre sulle priorità della prossima Commissione. Tutti i candidati hanno sottolineato la necessità di accelerare le riforme istituzionali, con particolare attenzione all’autosufficienza finanziaria dell’UA, che al momento dipende in misura consistente da finanziamenti esterni, incluso il sostegno della UE; sul fronte della difesa degli interessi africani a livello globale, essi propongono la riforma della composizione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con l’allocazione di due seggi permanenti per l’Africa. Tuttavia, emergono anche delle differenze nel loro approccio: sul tema dell’integrazione economica, ad esempio, Odinga sostiene una profonda integrazione economica e grandi progetti infrastrutturali, mentre Youssef enfatizza la cooperazione regionale attraverso le comunità regionali.

Oltre alla scelta del presidente, la sessione dell’Assemblea eleggerà anche un nuovo vicepresidente, che ricopre un ruolo chiave per la gestione delle finanze e delle operazioni della Commissione. In linea con le riforme sulla parità di genere dell’UA, ad essere eletta Vicepresidente dovrà essere una donna. La principale competizione si gioca tra Selma Malika, dell’Algeria, e Latifa Akharbach, del Marocco, riflettendo la più ampia rivalità tra i loro paesi di origine: l’Algeria mira a mantenere la sua storica influenza all’interno dell’UA, mentre il Marocco cerca di consolidare il suo ruolo nel continente dopo essere rientrato nell’UA nel 2017.

Il vertice vedrà anche la nomina di sei commissari, ciascuno responsabile di uno dei principali dipartimenti della Commissione, eletti dal Consiglio Esecutivo. Tra questi, la corsa più seguita è quella per il Commissario per gli Affari Politici, la Pace e la Sicurezza, un incarico cruciale per la prevenzione e risoluzione dei conflitti nel continente.

L’eredità di Moussa Faki, tra successi e frammentazione

Il presidente uscente della Commissione, Faki, è stato eletto per la prima volta nel 2017 e riconfermato nel 2021. Sotto il suo mandato si sono raggiunti obiettivi rilevanti. Tra questi, quello che più proietta l’Africa sulla scena globale è stato l’ammissione dell’UA nel G20 nel 2023, alla stregua dell’UE, dando all’organizzazione un seggio in un forum prominente nel quale promuovere temi cari al continente, in primis quelli dell’Agenda 2063, la riforma dei sistemi finanziari globali e la gestione del debito. Le voci africane nel G20 diventano quindi due, assieme al Sudafrica già membro del gruppo e per il 2025 anche suo presidente a rotazione.

Sul piano economico, Faki ha registrato un grande successo con la promozione e il lancio dell’AfCFTA, un processo come si è visto in essere ma dal grande potenziale sul fronte dell’integrazione economica del continente. In ambito di sicurezza, il mandato di Faki ha visto l’approvazione della Risoluzione 2719 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel dicembre 2023, la quale ha stabilito un quadro che consente alle operazioni di pace guidate dall’UA di accedere ai fondi dell’ONU, rafforzando così la sostenibilità finanziaria e l’efficacia delle missioni di mantenimento della pace africane.

Nonostante questi passi avanti, la prossima Commissione dovrà affrontare sfide significative. La crescente violenza in molte regioni del continente ha alimentato lo scetticismo sulla capacità dell’UA di essere una guida sufficientemente forte per gestire le crisi securitarie in atto. La guerra in Sudan, ad esempio, viene spesso addotta come esempio di un fallimento di leadership, in cui i piani di mediazioni proposti dall’UA hanno visto scarsi progressi e sono stati scalzati da iniziative parallele proposte da altri attori extra-africani. In Repubblica Democratica del Congo, dove una crisi di lungo corso nelle regioni orientali è al centro di una contesa regionale che in questi giorni sta vivendo una fase particolarmente acuta, il processo di Luanda, avviato dall’UA nel 2022, è collassato nel dicembre 2024 dopo il ritiro del presidente del Rwanda, Paul Kagame, dimostrando come le iniziative continentali siano spesso ostaggio delle divergenze tra gli stati membri.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Su altri fronti, l’UA affronta anche una fase di “frammentazione” in seguito alla sospensione di vari stati membri per ragioni afferenti alla protezione della good governance nel continente. Come accennato sopra, infatti, Mali, Burkina Faso, Niger, Guinea, Gabon e Sudan sono attualmente sospesi a seguito dei colpi di stato militari che hanno generato in questi paesi dei cambiamenti di potere incostituzionale. Normalmente, tale condizione viene revocata in seguito a una transizione politica che porti a elezioni democratiche. Tuttavia, questo strumento appare al momento sempre più spuntato: a eccezione del Gabon, che ha programmato le elezioni per il prossimo aprile, le giunte del Sahel hanno più volte rimandato le elezioni, posticipando ad libitum le transizioni, mentre la guerra civile in Sudan non lascia immaginare il ritorno allo stato di diritto in tempi ravvicinati. Al contrario, nel Sahel ha sempre più preso forma una crisi del regionalismo: la decisione di Mali, Burkina Faso e Niger di creare una confederazione, l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES) e di uscire dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), ha determinato un momento di grande crisi per una delle comunità regionali più consolidate del continente. 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link