Ucraina nella Nato, perché Starmer insiste? Cosa c’è dietro il legame di Londra con Kiev (e la tensione con Mosca)

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Keir Starmer è il leader europeo che ha stroncato nel modo più deciso il piano di Trump sul futuro dell’Ucraina. Se l’Unione europea ha protestato contro l’esclusione del vecchio continente dalle trattative – o per lo meno dalla fase preliminare – Starmer ha contestato uno dei principi trumpiani più cari a Mosca: l’esclusione di Kiev nella Nato. 

L’Ucraina rimane su “un percorso irreversibile” verso l’adesione alla Nato, ha detto il premier britannico a Volodymyr Zelensky in una telefonata.

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E Downing Street ha aggiunto che “il concreto sostegno del Regno Unito all’Ucraina, durerà finché sarà necessario”.

Starmer in realtà non sembra avere intenzione di fare il primo della classe nella contrapposizione Europa-Stati Uniti. Ha preso le distanze da Bruxelles nella partita dei dazi, ha mutuato ampi tratti della comunicazione trumpiana sui migranti, addirittura con video e foto di espulsioni e arresti di irregolari. Cosa rende dunque così duro il giudizio su Trump e l’Ucraina? 

Le misure contro la Russia 

Poco prima della telefonata, il Foreign Office ha imposto sanzioni a personaggi che lavorano nel governo russo, tra cui Pavel Fradkov, ministro della difesa, e Vladimir Selin, che dirige un ramo del ministero. E ha detto di aver sanzionato anche Artem Chaika, la cui società supporta le aziende statali russe e due entità collegate alla società di energia nucleare russa Rosatom.

Ma le sanzioni di oggi, da parte di Londra, arrivano dopo una lunga serie di scelte fatte in questi anni di conflitto: i servizi segreti britannici hanno ammesso di aver condotto operazioni segrete, il Regno Unito ha autorizzato Kiev a usare i suoi missili Storm shadow in territorio russo. E il capo dell’esercito britannico nei mesi scorsi ha addirittura chiesto ai cittadini di prepararsi a una guerra con Mosca. Da dove viene questa durezza?

La Londra sul Tamigi 

Bisogna ricordare che, dopo il disfacimento dell’impero sovietico, sono stati moltissimi i russi che hanno scelto di trasferisi nella capitale britannica arrivando a toccare quota 300mila residenti. Gente comune ma anche decine di oligarchi, con una notevole capacità di penetrazione nell’economia e nella finanza del Regno Unito. Molti, come Roman Abramovich, hanno lasciato il suolo britannico dopo l’invasione dell’Ucraina. Molti altri erano dissidenti e sono morti in circostanze misteriose.  

Una lunga scia di delitti 

Oltre alla tradizionale guerra di spie, ad avvelenare i rapporti tra Mosca e Londra negli ultimi 20 anni, è stata proprio una lunga scia di omicidi mirati avvenuti in territorio britannico: il più noto  è l’assassinio di Aleksandr Litvinenko, ex agente del Kgb (poi Fsb), avvelenato con un tè al polonio e morto dopo una lunga agonia in ospedale nel 2006. Nel 2007 ci fu la morte misteriosa del petroliere Yuri Golubev, amico di Khodorkovskij, il magnate di Yukos, nemico di Putin. Nel 2008 morì – ufficialmente per un infarto – Badri Patarkatsishvili, amico e socio dell’oligarca Boris Berezovskij, anche lui nella lista nera dello zar. Nel 2012 a perdere la vita fu Alexander Perepilichnij, nel 2013 toccò allo stesso Berezovskij: trovato impiccato in casa. Johnny Elichaoff, magnate televisivo, ex alleato poi rivale di Putin, finì i suoi giorni a Londra suicida. Ma il culmine della tensione, tra Londra e Mosca, fu raggiunta con l’avvelenamento di Sergei Skripal (ex agente dissidente del Gru, servizio segreto militare prima sovietico poi russo) e di sua figlia Julia, trovati privi di coscienza su una panchina di Salisbury. Alla lunga lista si aggiungono cittadini britannici morti in circostanze misteriose mentre assistevano personalità russe in esilio.

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La simpatia bipartisan per Kiev 

Nonostante la girandola di premier che si sono alternati a Downing Street, poi, la simpatia per Volodymir Zelensky e per la causa ucraina non è mai venuta meno. In sintonia con l’opinione pubblica del Regno. Da Boris Johnson – considerato un amico personale del presidente ucraino – a Liz Truss (ex ministra della Difesa, un falco nei confronti di Mosca), a Rishi Sunak (che firmò svariati pacchetti di aiuti), fino a Keir Starmer. E proprio Starmer – unico laburista del gruppo – è arrivato un mese fa a firmare un patto di sostegno a Kiev della durata di 100 anni. Insomma, per sbarrare la porta della Nato a Kiev Trump dovrà vedersela con Londra. 

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