Il colonnello Ferdinando Mazzacuva, il tenente colonnello Francesco Mirarchi e il procuratore Giovanni Fabrizio Narbone
di Alessandro Luzi (foto di Fabio Falcioni)
Operazione “Fake dress”, circa 170mila articoli e accessori contraffatti sequestrati in varie regioni d’Italia e 17 gli indagati, di cui tre in provincia di Macerata (due a Potenza Picena e uno a Morrovalle).
E’ l’indagine coordinata dalla Procura di Macerata, partita da un controllo di routine in un outlet a Morrovalle. Da lì è stata ricostruita la rete della filiera del falso. Questa mattina la conferenza stampa nella sede del Comando provinciale della Guardia di finanza in cui sono stati resi noti i dettagli dell’indagine.
Il colonnello Ferdinando Mazzacuva
«I canali di vendita avevano i requisiti tipici dei prodotti sicuri – ha esordito il comandante provinciale Guardia di Finanza, Ferdinando Mazzacuva -. I capi venivano esposti tranquillamente in vetrina. L’operazione è volta a tutelare sia le imprese che i consumatori. In questi casi il consumatore diventa vittima di una truffa perché crede di acquistare prodotti originali ma così non è.
Il prezzo di vendita della merce non era nemmeno eccessivamente sottocosto rispetto ai prodotti originali per non dare prova che fosse contraffatta. Oggi siamo qui anche per dire che per accompagnare i cittadini in un acquisto sicuro ci sono le autorità. In caso di dubbio sui prodotti acquistati noi siamo a disposizione per accertare se effettivamente sono originali».
Il consulente tecnico Pietro Dal Ben con il procuratore Giovanni Fabrizio Narbone
«Per ricostruire la filiera sono state fondamentali le intercettazioni telefoniche – ha spiegato il procuratore Giovanni Fabrizio Narbone -. Oggi c’è chi dice che non servono e invece sono importantissime. Dopo i primi accertamenti nell’attività di Morrovalle, è stato presentato alla Procura un quadro merito di approfondimento investigativo. L’attività è stata svolta in sinergia con la polizia giudiziaria e la Guardia di finanza.
Abbiamo emanato 26 decreti di perquisizioni in sei regioni del territorio nazionale. Ciò ha portato al sequestro di circa 170mila capi e materiale necessario alla produzione e all’assemblaggio della merce. Siamo comunque ancora in fase di indagini preliminari quindi vige il principio presunzione di innocenza. Per loro ci saranno le possibilità di rappresentare difese e puntualizzazioni con riferimento alle singole posizioni».
I 17 finiti nell’inchiesta sono commercianti e sono indagati per detenzione e commercializzazione di prodotti contraffatti e di ricettazione. Tre sono del Maceratese: una coppia di Potenza Picena (una 66enne e un 69enne) e un 53enne di Morrovalle.
Sono sette le società deferite per responsabilità amministrativa dell’ente. La rete del falso operava nelle province di Taranto, Roma, Avellino, Salerno e Cosenza: tutte riconducevano all’attività del principale indagato in provincia di Chieti.
Il tenente colonnello Francesco Mirarchi, comandante del Nucleo di polizia economico – finanziaria
A ricostruire le operazioni della Guardia di finanza il comandante del Nucleo di polizia economico – finanziaria, Francesco Mirarchi: «A novembre abbiamo controllato un esercizio commerciale a Morrovalle e lì abbiamo riscontrato diversi campanelli d’allarme. Infatti diversi capi non avevano la documentazione fiscale necessaria.
Oltre allo studio dei tabulati telefonici e l’analisi digital forensics sugli smartphone, abbiamo esaminato anche i codici di spedizione e il nominativo. Da lì siamo risaliti a un altro commerciante dell’abbigliamento a Potenza Picena e al principale indagato in provincia di Chieti, che distribuiva i capi contraffatti. Lui si riforniva del materiale neutro nella provincia di Roma e Macerata per poi distribuirlo nelle varie regioni».
Le perquisizioni hanno portato al sequestro di 82.008 articoli contraffatti, due opifici abusivi, 22 macchinari e tre cellulari. In un’ulteriore attività di servizio sono stati sequestrati altri 59.618 articoli contraffatti, 100metri quadri di tessuto contraffatto con marchi di note case di moda, ricevute di pagamento di abbigliamento da aziende cinesi, un computer in cui c’erano elementi grafici di noti marchi d’alta moda utilizzati per la stampa e 15 cliché per la stampa flessografica dei marchi. Le operazioni avvenivano in due laboratori abusivi posti sotto sequestro, uno in provincia di Pescara e l’altro di Salerno.
«Il consumatore veniva ingannato anche dalla falsificazione della busta con cui veniva venduto il capo – ha aggiunto Mirarchi -. Per la produzione della merce occorrevano circa 25-30 euro che poi veniva venduta ai negozianti a 60 euro e rivenduta a 90-100 euro». Le perizie sono state affidate al consulente tecnico Pietro Dal Ben. Le indagini sono ancora in corso e potranno portare a ulteriori sviluppi.
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