«Rimettere il debito estero è un atto di giustizia» – Chiesa di Milano

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 


«Perché i poveri sono poveri?». Parte da una domanda il saluto che l’Arcivescovo porta in apertura del Convegno Mondialità, promosso al Centro Pime dalla Diocesi – in specifico dalle Pastorali Missionaria e dei Migranti – e da Caritas ambrosiana.  Introdotto dal direttore di quest’ultima Luciano Gualzetti – che ricorda come l’appuntamento si inserisca nel ciclo della “Cattedre della Carità” pensate per il 50° dell’organismo diocesano -. l’incontro è dedicato a «Giubileo e remissione del debito. A che punto siamo?», o meglio – come dice il moderatore Paolo Brivio, responsabile della comunicazione di Caritas -, «dove eravamo rimasti?», in riferimento alla mobilitazione popolare che, sullo stesso tema, fu registrata nell’anno giubilare 2000.

Quindi il richiamo alla povertà, anche di interi Paesi, è d’obbligo con l’interrogativo posto dall’Arcivescovo, che offre subito qualche risposta ai presenti – tra cui il vescovo ausiliare per la città di Milano e delegato Cel per l’Evangelizzazione e Cooperazione tra dei Popoli, monsignor Giuseppe Vegezzi, i responsabili dei due Servizi diocesani promotori, rispettivamente don Maurizio Zago e don Alberto Vitali – e ai molti collegati in streaming.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Luciano Gualzetti introduce la mattinata

Cambiare mentalità

«I poveri, secondo alcuni, sono poveri perché non sanno organizzarsi, non hanno voglia di lavorare e di impegnarsi per il futuro, insomma per colpa loro. Altri dicono che sono tali perché vivono in un contesto di corruzione e perché la politica non fa il bene della gente. Io penso che lo sono perché sono stati derubati e perché la prepotenza di alcuni ha sottratto ai poveri quello che è loro. Credo che la remissione sia non un gesto di benevolenza, ma un atto di giustizia: vedere le cose da questo punto di vista vuol dire che abbiamo la responsabilità di creare una cultura, una mentalità affinché i ricchi, anche i Paesi ricchi, si sentano in debito come questione di giustizia».

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

Da qui il senso dell’assise, nella quale si sono confrontate più voci. «Un convegno come questo è uno strumento di conversione se ci chiediamo come possiamo essere protagonisti di un cambiamento che contesta l’idea che, chi può, fa quello che vuole. Noi che lavoriamo e pensiamo così siamo pochi, insignificanti, ma questo è un problema marginale. La nostra responsabilità è di creare una mentalità e non solo di informare – seppure è necessario – su qualche meccanismo che metta rimedio alla situazione attuale: deve essere una condivisione di pensieri e di propositi».

Anche perché – come chiede il Papa nella Bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit al capitolo 16 e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2025 – si tratta di interrogarsi in profondità e di agire.   

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

Il debito dal 2000 a oggi

«Tre miliardi di persone vivono in Paesi che spendono più per ripagare gli interessi del loro debito, che per la salute dei cittadini», spiega Riccardo Moro, docente della Statale e grande conoscitore della questione,,membro dell’Istituto Toniolo di Diritto Internazionale della Pace. «Nel momento in cui una comunità, per servire il debito, deve impiegare risorse elevate che non permettono di finanziare in maniera adeguata servizi come l’istruzione, la salute, le infrastrutture, bisogna interrogarsi. Anche l’Italia è un Paese indebitato, ma il punto è che qui si parla di nazioni che hanno condizioni economiche già drammatiche. Basti pensare che, per i 40 Paesi considerati avanzati, il reddito lordo medio pro-capite è 61 mila dollari annui, mentre il 7|8 del mondo può contare su un decimo: meno di 7 mila euro all’anno. Per questa ragione ci fu l’appello alla cancellazione del debito per il Giubileo del 2000 e, come dice l’Arcivescovo, non si deve far passare per carità quella che è giustizia. I governi dei Paesi creditori, il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale decisero nel 2000 di mettere la parola fine ai meccanismi del debito e, nel 2015, venne lanciata l’Agenda 2030, che è figlia di quel movimento. Allora ci fu un’iniziativa internazionale per cui in molti Paesi il debito venne cancellato e, a livello nazionale con promotore Giovanni Bianchi, venne approvata anche una legge nel nostro Parlamento, ma oggi tutto è più complesso», scandisce Moro. Chiediamoci, prosegue, perché «dal 2000 al 2012 non ci sono stati colpi di Stato in Africa e America Latina. Forse perché questo fu il risultato di una promozione di democrazia e trasparenza, di ascolto dei cittadini, legata ai programmi di condono e ad alcune regole da seguire».

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

L’intervento di Riccardo Moro

Che cosa è cambiato, dunque? «È entrato un attore nuovo, la Cina che, offrendo denaro facile ai Paesi che hanno risorse e materie prime, ha portato al nuovo indebitamento di molti Paesi del sud del mondo e, poi, nel novero dei creditori ora ci soggetti privati». La crisi finanziaria del 2008 e il Covid nel 2020 con il lockdown e spese sanitarie alle stelle, hanno fatto il resto: «Oggi abbiamo Paesi che hanno debiti di nuovo insostenibili».

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

Che fare?

«Occorre creare, presso le Nazioni Unite, un forum che definisca le regole, migliori le scelte dei criteri della sostenibilità del debito e la gestione delle crisi. Non a caso, a fine giugno a Siviglia, vi sarà un appuntamento dell’Onu che discuterà dei finanziamenti dell’Agenda 2030. E non dimentichiamo l’appello del Papa sul debito ecologico, dove noi, Paesi ricchi, siamo i debitori. Fare giustizia è ricostruire relazioni umanizzanti in cui ciascuno si fa carico della dignità umana dell’altro».

Proprio sul debito ecologico si sofferma Gabriele Verga, responsabile della Sezione Ricerca e Riflessione del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale: «Per il debito ecologico serve una campagna di presa di coscienza anche nei Paesi indebitati. Dobbiamo aggiornare le modalità con cui affrontiamo il debito e impegnarci tutti nelle Conferenze per il clima di cui ora fa parte anche la Santa Sede. Il concetto del debito ecologico, molto caro a papa Francesco, è stato sostanzialmente accettato anche dalle Nazioni Unite, ma sosteniamo anche le iniziative che vengono dai territori locali, come quelle di Caritas e delle diocesi», osserva.

Alganesh Fessaha

Nella seconda parte della mattinata porta la propria testimonianza di donna di pace, impegnata nella lotta contro il traffico degli esseri umani e nell’assistenza ai profughi, Alganesh Fessaha, di origine eritrea, oggi cittadina italiana, presidente dell’Ong Gandhi Charity e nominata dal presidente Mattarella Ufficiale al Merito della Repubblica.

«Il tema del debito è un tema che ci richiama come comunità cristiana perché è peculiare del Giubileo. Vi è un lavoro politico e di advocacy da mettere in campo nel dialogo con le istituzioni, ma occorre anche un lavoro per sensibilizzare i territori e le comunità, soprattutto perché il debito è come un prisma attraverso cui vediamo le tensioni e le contraddizioni del mondo in cui viviamo», ha evidenziato, in conclusione, Massimo Pallottino, coordinatore dell’unità studi e advocacy di Caritas Italiana, intervenendo sulla campagna “Cambiare la rotta” e le nuove prospettive.

Microcredito

per le aziende

 

Il pubblico presente

«Il Papa ha intitolato “Debito e Pace” il suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, perché i due aspetti sono inscindibili: il debito è collegato alla fame, alla tratta e alle migrazioni, al clima. Dobbiamo costruire una campagna di animazione e vogliamo farla insieme alla maggioranza dei grandi movimenti e degli organismi ecclesiali italiani. È un tema di giustizia, è un tema di presenza nel mondo, è un tema di cittadinanza». «Si tratta, quindi, di un cambiamento dei nostri stili di vita, anche finanziari. Attualmente, per esempio, è in discussione una modifica della legge 185 sul commercio delle armi e c’è una campagna importante della società civile, alla quale ha aderito anche la Diocesi di Milano, in cui si chiede di mantenere delle garanzie di trasparenza. Non è pacifismo: noi vogliamo semplicemente sapere chi finanzia cosa. Dobbiamo essere una presenza e realizzare un atto di cittadinanza esercitando la responsabilità a tutti i livelli».

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Source link