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Fin da piccolo, grazie a mia mamma e a mio papà, operai Fiat colti, ho amato le parole. I miei dodici anni coincisero con l’ultimo anno di vita di mio papà, morì a quarantun anni, il suo ricordo, dopo ottant’anni, è intatto. Era sempre a letto, pallido, immerso in una fragranza di canfora. Mi spiegò che la canfora aveva un effetto cardiotonico per i cuori stanchi come il suo.
Quel per noi orribile anno Quarantasette, papà lo passò quasi sempre a letto. Oramai non aveva neppure più la forza di leggere (leggere era sempre stato il suo tempo libero) così tornato da scuola gli leggevo i resoconti de La Stampa sul dibattito parlamentare legato alla nuova Costituzione. Il 22 dicembre 1947 fu approvata, questo il suo commento: “Non mi piace, a partire dall’art. 1 dove la parola chiave doveva essere “libertà”, non certo “lavoro”. La Costituzione americana era il suo riferimento culturale, sarà anche il mio. Due giorni dopo morì.
Lui mi insegò a scrivere per metafore. Mi spiegò che dovevo imparare a usarle, partendo dai proverbi, ai quali davano dignità. Avrei dovuto concentrami sullo studio, però non bastava, dovevo diventare abile nel fare i “collegamenti” fra concetti e discipline diverse, e un giorno dominare perfettamente il mio linguaggio, scritto e parlato. Allora ero ancora balbuziente per via della “Bomba di Aulla” (le virgolette sono solo per me) quindi mi aveva di molto alzato l’asticella. Crescendo gliene fui sempre grato, mio papà e mia mamma saranno gli unici due miti della mia vita. Le ideologie, la politica politicante di patrizi e di plebei le rispetto, ma nulla più.
Papà mi ricordava spesso che la cultura era l’unico patrimonio permesso a noi plebei. Un plebeo doveva essere più colto di un patrizio (scoprii che non era poi così difficile, impossibile invece batterli sull’arroganza) avere un’autostima molto alta, essendo l’autostima un moltiplicatore naturale di crescita.
Oggi se digitate “metafore”, Google vi risponde: “Trentanove esempi di metafore con il loro significato”. Mio papà, pur senza internet, le doveva conoscere tutte, se mi suggerì la quarta oggi in classifica: “Il tempo è un fiume che non si ferma mai”. Paragonava il tempo a un grande fiume, com’era il Po a Torino; all’altezza della nostra portineria di piazza Vittorio era maestoso, anche perché la diga del Parco Michelotti ne rallentava la velocità.
Questa metafora giovanile mi ha accompagnato per tutta la vita, specie nell’ultima parte, quando l’informazione è diventata la mia ultima attività. Ormai non faccio altro che studiare, scrivere, parlare, ultimamente anche tacere. Tacere lo uso nell’accezione di non poter liberamente parlare o scrivere su certi argomenti. Dal 2020 sento aleggiare una censura sciroccosa per cui preferisco tacere piuttosto di entrare in contatto con Zoo culturalmente a me lontani.
“I factchecker sono stati troppo politicamente parziali e hanno distrutto più fiducia di quanta ne abbiano creata”, dice ora Mark Zucherberg, patrizio oligarca fino a ieri osannato dai patrizi oligarchi suoi simili come factchecker di sistema.
Diventando editore sono diventato patrizio, seppur di complemento, quindi teoricamente dovrei soffrire meno la censura. Non è così, perché quella in essere è una censura codarda che ha come obiettivo nascosto l’autocensura. Sono certo che mio papà sarebbe orgoglioso di me, avendo di recente inventato una mia metafora sull’informazione, che dono ai lettori e agli amici giornalisti perbene (sono la maggioranza) per vivere un bel 2025: “L’informazione o è a goccia o è ad ago”. Uso il grassetto perché lo merita.
L’informazione “a goccia” è l’acqua che scorre lenta ma implacabile, che porta i nutrienti alla terra, il mitico limo egizio, quanto di più simile alla libertà e all’equità. L’informazione di Zafferano è “goccia” in purezza, noi lavoriamo per quello, lo assicuro.
L’informazione “ad ago” è quella in cui hai la sensazione che l’acqua non sia composta da gocce ma da aghi d’acqua, infinitesimi e trasparenti, che cercano, non di scivolare sulla tua pelle (quindi sulla tua vita) come fanno le gocce, ma di trafiggerti (saranno punture o trasfusioni?). Come già avviene sul web, con gli ignobili “hook”, e così su molta stampa che ormai campa di fake truth, fattesi linea editoriale.
Saranno i lettori, se lo vogliono, classificare come “goccia o ago” l’informazione che passano i vari editori, e comprare il giornale a loro più congeniale.
© Riproduzione riservata.
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