A poche ore dall’annuncio fatto dai commissari di Acciaierie d’Italia in as e Ilva in as che ad effettuare i rilanci sulle rispettive offerte di acquisto sono state soltanto Baku Steel Company CJSC in cordata con Azerbaijan Investment Company OJSC e di Jindal Steel International, che subito si è scatenata una bagarre politico-sindacale al calor bianco
Sul fronte sindacale, Fim, Fiom e Uilm ribadiscono, dai diversi fronti, che «il Governo sta decidendo senza di noi», la Fiom con il segretario Michele De Palma; «Palazzo Chigi convochi e apra il confronto politico», la Fim con il duo Uliano-D’Alò; «La partita è finita. È arrivato il tempo delle scelte», Rocco Palombella per la Uilm. Argomentazioni e richieste, quelle dei sindacati, che saranno sfiorate sicuramente nell’incontro del 18 febbraio convocato a Roma al ministero del Lavoro anche se l’ordine del giorno dell’incontro prevede la discussione sulla richiesta di proroga della cassa integrazione avanzata dai commissari straordinari.
Ma è sul fronte politico che lo scontro si fa più acceso. Ad animare la discussione sono il vicepresidente del M5S sen. Mario Turco, da una parte, e due senatori di Fratelli d’Italia, Anna Maria Fallucchi e Ignazio Zullo, dall’altra. Con il primo a rinfacciare la volontà del governo a voler privilegiare gli azeri di Baku e i secondi a rispondere a muso duro accusando l’esponente dei 5 Stelle di aver provato a vendere, in passato, ai cinesi.
Ex Ilva, Turco: “Con l’arrivo di Baku il Governo svende gli asset di Stato”. Fallucchi e Zullo: “Volevate trasformare Taranto in colonia cinese”
Il vicepresidente M5s Mario Turco esprime forti preoccupazioni riguardo alla possibile cessione di Acciaierie d’Italia agli azeri di Baku Steel. Secondo Turco, questa operazione rappresenterebbe una «svendita di Stato», con un valore previsto attorno a un miliardo di euro, «ben al di sotto del prezzo minimo di gara di 1,8 miliardi». Il parlamentare dei 5 Stelle critica inoltre il governo di Giorgia Meloni per aver deciso «di legarsi a un Paese, come l’Azerbaijan, che è influenzato dalla Russia» e ciò «potrebbe esporre l’Italia a rischi geopolitici e di ricattabilità». Secondo Turco, inoltre, Baku Steel «non porterà innovazioni nel settore della produzione dell’acciaio» e che il processo verso la decarbonizzazione «sembra irrealizzabile» senza contare il fatto il nuovo approvvigionamento di gas, necessario per mantenere le operazioni, «avverrà tramite una nave rigassificatrice ancorata vicino a Taranto, sollevando preoccupazioni ambientali e di sicurezza, data la vicinanza a una base navale della Nato».
Tutte considerazioni rispedite al mittente. «Non c’è da stupirsi – attacca la sen. Anna Maria Fallucchi di FdI – se il senatore del M5S Turco oggi si arrabbi se l’ex Ilva sta finalmente iniziando il suo percorso di rinascita attraverso due rilanci da parte di Baku Steel Company e Jindal Steel International. Non siamo sorpresi – aggiunge – perché il M5S voleva trasformare Taranto in una colonia cinese e non gli è riuscito, contrariamente al ministro Urso che invece ha posto le basi per il rilancio dell’ex Ilva dopo i disastri provocati da Grillo e soci. Magari – conclude Fallucchi – lo sa bene proprio il ministro, che in quel periodo era il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Per questo tanta ira?».
A dar manforte alla sen. Fallucchi ci pensa il collega Ignazio Zullo che rincara la dose. «Perché il senatore Turco del M5S è così adirato?» è l’interrogativo che pone e la quale dà una risposta: «perché è proprio lui che gestì l’accordo con Mittal del 2020 con patti para sociali vergognosi in cui lo Stato, attraverso Invitalia, pagava mentre la multinazionale smantellava gli impianti. E nel frattempo – conclude – è lo stesso Turco che pensava di trasformare Taranto in una colonia cinese, come insegna anche la visita di Grillo all’ambasciata cinese proprio in quei mesi».
La Fim-Cisl: “Palazzo Chigi ci convochi e apra il confronto sindacale”
«Il ricevimento dei rilanci è una fase che non rende definitiva l’assegnazione ma ci fa solo intravedere la fine del percorso di vendita». E, ancora, «deve essere chiaro che si discuterà del Gruppo nella sua interezza e che per noi nessun lavoratore, compresi i 1600 di Ilva in AS, deve essere lasciato indietro». Pensieri e parole sono quelle del segretario generale della Fim, Ferdinando Uliano, e del nazionale, Valerio D’Alò, secondo i quali sarà fondamentale «esaminare il percorso per arrivare a una decarbonizzazione nei tempi, nei modi e sugli impatti occupazionali che ci saranno. Il piano industriale e gli investimenti devono prevedere il rilancio di tutti gli impianti e non accetteremo esclusioni di pezzi della filiera».
Nel frattempo i due segretari Fim attendono da Palazzo Chigi la convocazione «non appena sarà chiaro il percorso e chiediamo al Governo – concludono Uliano e D’alò – un impegno forte in termini di norme certe e durature per chi acquisirà il Gruppo, ed una stretta sorveglianza dei tempi di realizzazione delle opere necessarie e la presenza dello Stato nella società per dare stabilità economica e finanziaria oltre che garanzia per gli investimenti da realizzare per il rilancio dell’azienda».
De Palma (Fiom): “Il Governo sta decidendo senza di noi”
«Il Governo aveva due strade: confrontarsi con noi e invece ha deciso le regole del bando e la gestione del bando senza di noi. Si è assunto la responsabilità di andare avanti e decidere da
solo». Ad affermarlo è Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil, dopo i rilanci delle offerte giunti nelle scorse ore da parte di Baku Steel Company e Jindal International in vista della vendita del gruppo ex Ilva. «Noi abbiamo chiesto un confronto in tutte le
fasi da quella di preparazione del bando fino ad oggi senza riscontro», aggiunge De Palma che ricorda come per rilanciare l’ex Ilva abbiamo chiesto un piano di ripartenza, a opera dei commissari, un piano industriale di produzione di acciaio e trasformazione per aggiungere valore necessario ad avere le risorse per la transizione pubbliche private per la decarbonizzazione e rispondere alle necessità ambientali e di salute e sicurezza sul territorio. Il Governo – conclude il segretario generale Fiom – ha chiara la nostra posizione: per fare questo è indispensabile la presenza in equity pubblica, l’integrità del gruppo e la garanzia per gli occupati e la continuità contrattuale per valorizzare chi rende possibile il funzionamento di tutti gli asset: dalla produzione, che deve salire, fino ai tubifici e la produzione della banda stagnata solo per citare alcune delle attività. Ora tutto è in mano al Governo che ha
chiare le nostre richieste e si sta confrontando con i privati ma senza sindacato e lavoratori».
Palombella (Uilm): “La partita è finita. È arrivato il tempo delle scelte”
«La partita è finita, con la giornata di ieri sono finiti anche i tempi supplementari. Dopo diversi passaggi e scadenze, non si può continuare a dire che tutto è ancora sul tavolo, che ci sono ancora tre proposte e addirittura le condizioni per far rientrare gli altri sette acquirenti che vorrebbero lo spezzatino. Non siamo al supermercato». Parole dure quelle del segretario generale della Uilm, Rocco Palombella.
«In questa vertenza – sottolinea il sindacalista – sono a rischio oltre 15mila lavoratori tra sociali, di Ilva as e dell’appalto, è a rischio tutta la siderurgia in Italia, la produzione di acciaio e il piano di ambientalizzazione dell’ex Ilva. Non c’è più niente da valutare – conclude Palombella -, è il momento di compiere delle scelte e assumersi delle responsabilità. Da tempo chiediamo un incontro urgente alla presidenza del Consiglio. Commissari e governo devono intervenire immediatamente e chiudere questa situazione non più sostenibile per nessuno ma, soprattutto per i lavoratori, le loro famiglie e intere comunità».
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