Nei giorni scorsi la ricorrenza della 33esima Giornata Mondiale del Malato, istituita 33 anni fa da San Giovanni Paolo II nella ricorrenza dell’apparizione della Madonna a Lourdes, ha offerto occasioni di riflessione sul tema della sanità.
Sulle problematiche della sanità umbra si è interrogata la Fipac Confesercenti dell’Umbria (la Federazione Italiana Pensionati Attività Commerciali), con il consigliere nazionale Fipac e presidente Confesercenti Terni, Sergio Giardinieri.
Una riflessione, quella sulla situazione umbra, che inizia dall’annoso problema delle liste di attesa che, da 44 mila che erano in estate, sono quasi raddoppiate agli inizi di quest’anno. “Gli interventi della nuova Giunta regionale, dopo la nomina del nuovo direttore Salute e Welfare della Regione, Daniela Donetti, approvata nella seduta di mercoledì 15 gennaio con gli obiettivi prioritari delle liste di attesa, dei conti delle quattro Aziende sanitarie umbre e del Piano sanitario, e la nomina della dottoressa Enrica Ricci quale responsabile unico dell’assistenza sanitaria (RUAS) dell’Umbria il 30 gennaio scorso con la delibera della Giunta regionale numero 70 – evidenzia Giardinieri – si sono concentrati nell’annunciato piano di azzeramento delle liste di attesa entro tre mesi. Per ora siamo di fronte ad una sforbiciata del 10%, con 8mila posti in più per esami e visite, intervenendo sulle prestazioni più difficili da prenotare; un sistema, quello delle prenotazioni, destinato ad essere modificato”.
Intanto, sottolinea la Fipac, sempre più umbri si curano fuori regione e questa mobilità sanitaria passiva determina un saldo negativo nei conti: lo scorso anno il fenomeno dei cittadini umbri che sono andati a curarsi fuori regione, con l’obbligo di saldare economicamente visite ed esami da parte della Regione di provenienza, ha superato i 119 milioni di euro mentre la mobilità attiva ha di poco superato gli 82 milioni.
Un problema del quale Fipac prova ad analizzare le ragioni: “Diverse e non ultima le lunghe liste di attesa, ma si può anche aggiungere la carenza di personale sanitario. Secondo il presidente di Cimo Fesmed Umbria sono 322 i dirigenti medici del servizio sanitario regionale che mancano, mentre per quanto riguarda gli infermieri, per il Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, il fabbisogno è di oltre mille unità. Per non parlare dei farmacisti che lamentano 150 unità mancanti sul territorio regionale, uno ogni due presidi territoriali. Quelli che sono al lavoro hanno un’età elevata, superiore ai 55 anni il 14,3% dei medici e dei veterinari, il 17,7% degli odontoiatri e il 18,7% del personale infermieristico ad esempio. Entro quest’anno andranno in pensione 29 mila camici bianchi e 21 mila infermieri mentre il 41 per cento del personale infermieristico del SSN ha tra i 50 e i 59 anni. Se si considera che gli iscritti al corso di laurea infermieristica nell’anno accademico 2023-2024 risulta essere in media 1,1 rispetto al numero dei posti disponibili, appare evidente la crisi vocazionale delle professioni sanitarie, le dure condizioni di lavoro che non consentono una adeguata vita sociale e familiare, uno stipendio che è il 19% in meno rispetto alla media europea”.
Eppure, oltre alla carenza del personale, alle lunghe liste di attesa e alla emigrazione sanitaria, i cittadini sono sfiduciati e lo rileva anche l’undicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile di ISTAT. Il numero dei posti letto è diminuito e si stima che negli ospedali italiani ne manchino almeno 100 mila di degenza ordinaria e 12 mila di terapia intensiva e diminuisce anche il numero dei nosocomi, in particolare quelli pubblici.
Una situazione che rischia di pesare maggiormente in alcune fasce dalla popolazione. In Umbria, oltre il 72% dei pensionati ha una pensione che non raggiunge i mille euro e di questi più del 64 per cento è a rischio povertà. Aumentano quindi i casi di anziani in difficoltà che lamentano condizioni di indigenza ed i dati della ricerca sull’invecchiamento Age-it dell’Università di Firenze, ci dicono che la regione, con i suoi 92 Comuni piccoli e medi, ne conta un quarto con rischio per gli anziani come Todi, Gubbio, Città di Castello, ma anche gran parte della Valnerina e quelli del Trasimeno per un totale di 18 Comuni. Le maggiori difficoltà riguardano realtà come Poggiodomo, Costacciaro, Pietralunga Scheggia e Pascelupo.
“Nel frattempo – aggiunge Giardinieri – ci viene ricordato dalla Fondazione Gimbe che l’Umbria risulta la penultima regione per medici specialisti delle aziende sanitarie abilitati alla consultazione dell’Fse (fascicolo sanitario elettronico) alla data del 31 agosto scorso, con una media dell’1% rispetto alla media nazionale del 76%. Viene superata solo dalla Liguria con la totale assenza di medici specialisti abilitati”.
Giardinieri chiude la sua riflessione sulla situazione della sanità umbra ricordando l’istituzione della Commissione speciale sull’attuazione del PNNR missione 6, salute, da parte della Prima Commissione consiliare dell’Umbria con il compito di svolgere audizioni e indagini conoscitive per esaminare l’efficacia degli interventi sanitari già realizzati o in corso.
“Come Fipac Confesercenti – termina Giardinieri – auspichiamo che dalle parole si passi ai fatti e non sia l’ennesimo tentativo di diluire i problemi che, come visto non mancano e sono urgenti”.
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