Il brano sulla madre malata diAlzheimer apprezzato dalla premier e dalla segretaria dem entusiasma la maggioranza. Boccia (Pd): dedicai un suo brano a mia moglie Nunzia
SANREMO «Tanto, anzi tantissimo», ha risposto Giorgia Meloni agli amici che le hanno chiesto se avesse apprezzato il brano. Brano che, sempre in privato, Elly Schlein ha definito «bello», anche a costo di alimentare i mugugni della sua cerchia ristretta di sanremofili accaniti che quest’anno orienta il proprio tifo facendo lo slalom tra l’ortodossia del nuovo cantautorato di Dario Brunori e Lucio Corsi, l’Elodie che non voterebbe a destra «neanche se mi tagliassero una mano», Achille Lauro, Olly e persino Massimo Ranieri, spinto a colpi di sms al televoto dal solo Andrea Orlando.
Oltre ai nomi dei quattro nuovi giudici della Consulta, che hanno surriscaldato dopo mesi di muto la linea telefonica tra Meloni e Schlein, la presidente del Consiglio e la principale leader dell’opposizione si sono trovate d’accordo anche su Quando sarai piccola, il brano sanremese dedicato alla mamma con cui Simone Cristicchi ha messo nel carniere due standing ovation su due in entrambe le esibizioni al Teatro Ariston, oltre all’inserimento nella lista dei cinque brani che finora sono finiti in cima alla classifica sia per la sala stampa che per il televoto.
L’apprezzamento bipartisan ai massimi livelli alimenta il vero enigma politico-culturale dell’edizione 2025 del Festival: e cioè proprio lui, Cristicchi, che quanto a orientamento politico-culturale rappresenta il più visibile degli oggetti misteriosi di Sanremo, con la sua biografia – artistica e non solo – aperta e chiusa a mo’ di fisarmonica da di in queste ore chi cerca disperatamente di incasellarla o, addirittura, di intestarsela. Il Padre nostro declamato nella Chiesa di San Siro a Sanremo e la grande attenzione al ricordo delle foibe, oltre alla sua manifesta contrarietà a quella maternità surrogata che la maggioranza ha di recente iscritto tra i reati universali, l’ha reso una specie di nuovo beniamino della destra di governo, che in un certo qual modo ritrova nel trittico «Dio, Patria e famiglia» una sorta di sintesi che mette d’accordo più di una legge di bilancio; poi però c’è quel San Francesco portato in giro per i teatri – «rivoluzionario, estremista, innamorato della vita, che visse per un sogno», si legge nella locandina – in cui si riconoscono i tanti esponenti del cattolicesimo democratico progressista che dal 1994 hanno fatto dell’appartenenza al centrosinistra una professione di fede, oltre praticamente a tutto il Movimento Cinquestelle che era stato creato «francescano» da Beppe Grillo «perché noi dobbiamo essere i pazzi della democrazia come lui era il pazzo di Dio».
L’enigma Cristicchi, insomma. Nuovo beniamino della destra, il cantante ufficiale per cui tifare a Sanremo, avamposto conservatore dentro la nicchia del cantautorato nostrano che ancora confida nel sogno del campo larghissimo degli avversari? O scheggia impazzita della sinistra, che vent’anni fa – come ha ricostruito Dagospia – scriveva la canzone che si sentiva telefonando al centralino del quotidiano Il Riformista, all’epoca punto di riferimento dei seguaci della via italiana al blarismo che sognavano un partito unico dei riformisti prima che venisse costruito il Pd? E che dire, sogghignano tutti coloro che a Palazzo in questi giorni spulciano gli archivi delle agenzie di stampa alla ricerca di indizi, della volta che Cristicchi aveva suonato nel 2011 sullo stesso palco in cui a Cagliari, alla campagna per le comunali, erano saliti il futuro sindaco «arancione» Massimo Zedda e l’allora leader della sinistra radicale Nichi Vendola?
Il generale Vannacci sembra decisamente dispiaciuto del fatto di essere stato in platea all’Ariston nell’unica serata in cui Cristicchi non si è esibito. «Un mio camerata, in senso letterale, non politico, ne ha scritto benissimo su Facebook. Devo ancora sentire il brano, però», dice l’europarlamentare poco prima di lasciare la riviera ligure. Giovanni Donzelli, l’uomo-macchina di Fratelli d’Italia, confessa invece di essere riuscito a sentire, tra le poche, anche «la canzone di Criticchi, bellissima, mi piace e faccio il tifo per lui». Maurizio Gasparri è estasiato: «Finalmente sul palco dell’Ariston qualcuno che parla di valori che possono e devono essere condivisi, dell’attenzione ai fragili, agli ultimi, non c’è dubbio alcuno che faccio il tifo per Cristicchi e spero davvero anche riesca a vincere, anche se ci credo poco».
Dall’altra parte della barricata, il gradimento al brano del cantautore romano ha praticamente messo Schlein in minoranza per la prima volta da quando è segretaria del Pd. In minoranza ma non del tutto da sola, vista la presenza di alcuni cristicchiani della primissima ora nascosti tra i corridoi del Nazareno o del gruppo parlamentare. Uno di questi viene allo scoperto ed è Francesco Boccia. «Sono cresciuto con Vasco Rossi, De Gregori e De Andrè ma seguo e adoro Cristicchi da prima che fosse conosciuto al grande pubblico. Non sono d’accordo con lui sulla gestazione per altri ma non per questo non lo ascolto. Un suo brano, La cosa più bella del mondo, fu il primo che dedicai a mia moglie Nunzia». Poi si ferma, Boccia, e aggiunge: «Io sono dell’idea che la musica dobbiamo tenerla fuori dalla contesa politica, posso dirlo?». Facile. Anche se solo a dirsi.
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