Adista News – Suicidio assistito: la Chiesa reagisce, ma non ruggisce

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Adista Notizie
n° 7 del 22/02/2025

42146 FIRENZE-ADISTA. Una sentenza della Corte Costituzionale del 22 novembre 2019, la 242/2019, aveva depenalizzato, in alcune particolari condizioni, l’aiuto al suicidio, fino a quel momento punibile in ogni caso con pene fra i 6 e i 12 anni di carcere. In particolare, la sentenza prevedeva, in presenza di una irreversibilità della patologia, di sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente reputa intollerabili, di dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, di capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli, che il ricorso al suicidio assistito non andasse punito. La sentenza chiedeva anche al Parlamento di emanare nel più breve tempo possibile una legge che normasse l’intera questione, evidenziando un preoccupante vuoto legislativo. Fino a quella sentenza infatti, grazie alla legge 219 del 22 dicembre 2017 sul cosiddetto “testamento biologico”, in Italia era possibile solo chiedere l’interruzione delle cure e sottoporsi a sedazione profonda e continua (considerata parte integrante delle cure palliative), per indurre uno stato di incoscienza fino al momento della morte. Non si poteva invece chiedere e ottenere un farmaco letale che permettesse di morire nel momento e nel modo in cui una persona sceglieva di farlo.

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Passati ormai oltre 5 anni dal pronunciamento della Consulta, il Parlamento continua però ignorare il tema. O meglio, a ritenerlo talmente divisivo e foriero di scontro con la Chiesa cattolica da preferire semplicemente non affrontarlo.

Intanto però le Regioni hanno deciso di muoversi autonomamente. La prima è stata la Toscana (ma anche Veneto, Puglia, Emilia e Friuli potrebbero seguirla): dopo un lungo e acceso dibattito, l’11 febbraio, il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza la legge di iniziativa popolare promossa dall’Associazione Luca Coscioni ed emendata nel corso dell’iter di approvazione. Si tratta di un testo che era stato presentato in tutte le Regioni ma, finora, non era mai arrivato all’approvazione. A votare a favore sono stati il Pd (con l’eccezione di Lucia De Robertis), Italia Viva, M5s e gruppo Misto.

La nuova legge regionale prescrive che la procedura per la verifica dei requisiti del malato per accedere al suicidio assistito sia verificata da una commissione multidisciplinare permanente (composta da un medico palliativista, uno psichiatra, un anestesista, uno psicologo, un medico legale e un infermiere, che operano a titolo volontario e gratuito) entro 20 giorni dal ricevimento dell’istanza. In caso di esito positivo, si procede all’approvazione o alla definizione delle modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito entro altri 10 giorni, ed entro altri ulteriori 7 giorni l’azienda sanitaria assicura il supporto tecnico, farmacologico e sanitario per l’assunzione del farmaco letale. La legge stabilisce che tali prestazioni siano gratuite e stanzia 10mila euro all’anno per tre anni per la copertura delle spese. L’aula ha anche approvato due ordini del giorno: uno di Iv per la valorizzazione delle cure palliative; e l’altro del Pd che chiede un intervento legislativo nazionale.

Il governo Meloni ha già fatto sapere di voler valutare il testo approvato e, nel caso si ravvisino norme in contrasto con la Costituzione, di impugnarla.

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No dai cattolici…

Sul versante ecclesiastico per ora le reazioni sono limitate nel numero e misurate nei toni. In parte perché la sentenza della Corte Costituzionale non può prevedere altro sbocco che norme di questo genere, regionali o nazionali. Un po’ perché anche nel mondo cattolico da anni il tema della difesa della vita a prescindere, dal concepimento alla morte naturale, non convince più (anche perché la Chiesa la guerra, come la pena di morte, l’ha a più riprese sostenuta). «Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti», ha scritto Paolo Augusto Lojudice, arcivescovo di Siena e vescovo di Montepulciano, oltre che presidente della Conferenza Episcopale Toscana, in una nota di commento all’approvazione della legge regionale. «Prendiamo atto della scelta fatta dal Consiglio regionale della Toscana ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico di non arrendersi e di continuare a essere portatori di speranza, di vita. Nonostante tutto».

In una conversazione con Vatican News (12/2) il presule ha aggiunto che anche se le norme contenute nel provvedimento partono da un principio legittimo, quello di evitare che il suicidio assistito si compia clandestinamente, la soluzione prospettatata dalla Regione Toscana non è ammissibile: «È un po’ come l’aborto clandestino: certo che creare una situazione in cui non ci sia più nessun aborto clandestino è teoricamente sensato, ma in realtà noi dobbiamo fare in modo che non si legalizzi ciò che non è oggettivamente giusto». Non si tratta di fare una guerra contro questa legge. «Le guerre fanno perdere tutti. Il nostro compito è invece quello di aiutare la gente, soprattutto i più giovani, a misurarsi su delle tematiche di vita cristiana che contengano valori alti. Il pensiero cristiano che attraversa i tempi e le generazioni rappresenta la vera ossatura della nostra società».

Più duro il quotidiano della presidenza della Cei Avvenire. In un editoriale comparso il 12 febbraio, il giurista Giuseppe Anzani manifesta «irritazione» «per l’ipocrisia di chi brandisce il dolore malato come prototipo d’un male che può troncarsi nel suicidio, prototipo anch’esso di una ideologia libertaria che ispira un volontariato di aiuto alla morte». Per Anzani mente chi sostiene «che l’aiuto alla morte suicida è stato sdoganato dalla sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale». «Esso – spiega l’editorialista di Avvenire – resta un delitto, che in casi d’eccezione non è più punibile». E in ogni caso la Consulta invitava a legiferare sulla materia il Parlamento nazionale, non certo le Regioni. Inoltre, continua Anzani, c’è già una legge che consente di interrompere le cure. E ci sono le cure palliative e la sedazione per evitare al malato inutili sofferenze. Per queste ragioni, «diviene poco sopportabile l’insistenza di taluni coadiutori della morte che propongono alle Regioni testi di legge sul suicidio assistito che, secondo l’articolato dei soci Coscioni, innestano il servizio suicidiario nelle prestazioni della salute, veleno e macchinario e tutto compreso». Il messaggio del papa per la Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio) parla di «incontro, dono, condivisione. Il contrario della cadaverica esultanza per una Sanità che si fa ancella della morte».

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Sì dagli evangelici…

Del tutto opposto il commento di un’altra Chiesa cristiana, quella evangelica. La pastora Ilenya Goss, coordinatrice della Commissione per i problemi etici posti dalla scienza delle chiese battiste, metodiste e valdesi ritiene infatti l’approvazione della legge «una buona notizia», «un passo avanti che colma un vuoto normativo». «Vi sono tuttavia – aggiunge – anche aspetti critici da considerare: normare a livello regionale un ambito così delicato e complesso comporta il rischio della disomogeneità nell’accesso al servizio, come già accade in altri ambiti legati alla salute, la possibilità di cure palliative, di accedere a IVG, e come abbiamo visto durante la gestione del Covid, generando disparità di trattamento per i cittadini di diverse regioni. L’ideale sarebbe una legislazione nazionale, ma in assenza di questa, il fatto che una regione abbia definito tempi, modalità pratiche e procedure può rappresentare un segnale per altre amministrazioni e, auspicabilmente, per giungere ad avere una Legge nazionale». 

*Foto presa da Pexels, immagine originale e licenza 

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