La Corte Costituzionale “approva” i tagli alla rivalutazione legata all’inflazione delle pensioni più elevate. Lo ha deciso dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcune sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti. La pronuncia riguarda quanto previsto con la legge di Bilancio per il 2023 che ha ridotto l’adeguamento degli assegni pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps (ovvero dai 2.100 euro in su, ndr). Secondo i giudici costituzionali, il meccanismo legislativo “non è irragionevole perché salvaguarda integralmente le pensioni di più modesta entità”.
Secondo la Corte Costituzionale il meccanismo, per un periodo limitato, riduce progressivamente la percentuale di indicizzazione di tutte le altre al crescere degli importi dei trattamenti, in ragione della maggiore resistenza delle pensioni più elevate rispetto agli effetti dell’inflazione. Le scelte del legislatore, per i giudici costituzionali, risultano coerenti con le finalità di politica economica, chiaramente emergenti dai lavori preparatori e legittimamente perseguite, volte a contrastare anche gli effetti di una improvvisa spinta inflazionistica incidente soprattutto sulle classi sociali meno abbienti. Delle perdite subite dalle pensioni non integralmente rivalutate, del resto, il legislatore potrà tenere conto in caso di eventuali future manovre sull’indicizzazione dei medesimi trattamenti.
Articolo Precedente
La procura di Milano indaga su Amazon per frode fiscale. Il colosso potrebbe dover pagare fino a 3 miliardi
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link