Renzi: «Meloni deve venire in Aula, sulle spie il governo ha paura. Gli spavaldi cadranno sulle bollette»

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di Maria Teresa Meli

Intervista al leader di Italia viva: «Mai accaduto che i servizi segreti fossero trascinati nella battaglia di parte. Il consenso di Meloni ora non cala? Sono un esperto, lo fa tutto insieme, all’improvviso»

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Matteo Renzi, leader di Italia viva, in questa fase lei ha alzato particolarmente i toni contro Giorgia Meloni. Perché questa posizione?
«Perché quello che sta accadendo sul piano istituzionale in questi giorni non ha precedenti nella storia repubblicana».

Addirittura! Non le sembra di esagerare?
«Purtroppo no. Non era mai accaduto che i servizi segreti fossero trascinati nella battaglia di parte. Un giornalista viene intercettato con un trojan in modo illegale e nessuno che in Parlamento ci dica quale forza di polizia ha in uso questo sistema di spionaggio. La Rai è appiattita sul governo, con Bruno Vespa portavoce di fatto della Meloni, mentre la maggioranza impedisce le riunioni della Commissione di Vigilanza. La legge di Bilancio si è scritta di notte con emendamenti preparati fuori dagli uffici del Parlamento. Del resto Meloni per prima fugge dall’Aula per non parlare della vicenda del criminale libico. Mentre le bollette aumentano e la produzione industriale cala, la Meloni spacca le istituzioni».




















































Resta il fatto che spesso da sinistra si è evocato lo spauracchio della deriva autoritaria. Pensi solo a quello che dicevate di Berlusconi.
«Non lo dica a me: mai ho usato questi termini. Rispetto alla Meloni, Silvio Berlusconi è stato un campione di pluralismo nell’informazione e di rispetto della democrazia liberale. Io dico che Giorgia Meloni ha scelto volutamente di mettere le istituzioni l’una contro l’altra. E non era mai successo: pensi solo al caso del Dis che denuncia la procura di Roma».

Chiedete che Meloni venga in aula?
«Sì. E trovo assurdo che lei rifiuti di relazionare al Senato ma si colleghi con Porro in un evento di un singolo cittadino pagato con fiumi di denaro di sponsor dalle società di Stato».

Intanto però i sondaggi dicono che il consenso di Meloni non cala…
«Il consenso cala tutto insieme, all’improvviso: sono un esperto della materia. Ma sono sconvolto che Meloni sia interessata solo alle statistiche del consenso e non a quelle quotidiane della vita dei cittadini. Perché cresce il costo della vita, delle bollette, delle multe. La produzione industriale ha il segno negativo da ventitrè mesi. Il Pil è cresciuto della metà di quello che ci avevano detto sei mesi fa. E se arrivano i dazi di Trump è un problema enorme per molte nostre imprese. I mercati finanziari per ora sono tranquilli, i mercati rionali non più».

Cosa ha capito di questa storia di spie, spioni e spiati?
«Ho capito che il governo ha paura a dirci la verità in Aula. Si rifugiano al Copasir sul trojan israeliano, mandano il povero Nordio a fare figuracce in Aula parlando di cavilli quando è in ballo l’interesse nazionale. A Palazzo Chigi qualcuno ha alzato le mani dal volante e pigiato sull’acceleratore: suggerisco di fare il contrario. Perché queste vicende non finiscono mai nel modo in cui iniziano. E chi parte per menare di solito finisce menato».

Le opposizioni, però, sono divise.
«E questa non è una novità. Meloni è a Chigi per colpa delle divisioni della sinistra: lei ha preso il 26%, esattamente quanto aveva preso Bersani nel 2013. Lei però governa perché il centrosinistra si è diviso».

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Crede che il lodo Franceschini, che prevede candidature comuni nei collegi ma che ciascuno vada con la propria lista, sia una possibilità?
«Dario ha fatto una proposta tattica intelligente: risolvere con le tecnicalità della legge elettorale i problemi politici del centrosinistra. Chi lo critica dice che servono elementi programmatici comuni. E anche questo è comprensibile. Io so solo che con questa legge elettorale se il centrosinistra va unito, la Meloni va a casa: i seggi, specie al Sud, li vinciamo noi se andiamo insieme. Penso anche che nella destra inizi a farsi strada la paura di questo risultato. Non a caso vogliono cambiare la legge elettorale. Si sono presentati per tre anni come invincibili, oggi sono impauriti. Gli spavaldi hanno iniziato a tremare. E voglio essere molto concreto: questo governo perderà la prossime elezioni sulle bollette. Stanno arrivando stangate a casa delle persone normali, le famiglie non riescono a sostenerne il peso».

Cambia anche il clima a livello internazionale. Sembra più vicina la pace in Ucraina e si riaprono spiragli in Medio Oriente.
«Spero siano accordi di pace giusti e duraturi. Trump sta facendo quello che aveva detto. Mi spiace solo che l’Europa giochi un ruolo da comprimario e l’Italia, semplicemente, sia assente. Dossier di questo genere non sono facili, lo capisco. Ma nonostante abbiamo presieduto il G7 fino a un mese fa, non tocchiamo palla su nulla. Tajani funziona alla sagra del vino di Marino ma è irrilevante nelle discussioni dei vertici internazionali. E Meloni si vanta di avere buoni rapporti con tutti ma sulle scelte vere non la cerca nessuno: l’Italia semplicemente è sparita dai radar».

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