Basta riflettere sul calendario delle prossime settimane. Martedì 25 febbraio, alla Camera, si discuterà la mozione di sfiducia preparata dalle opposizioni contro Carlo Nordio per il caso Almasri. Non passerà, certo. È un’arma spuntata, almeno in apparenza. Ed è vero che il centrosinistra (dal quale, per l’occasione, si dissocia Carlo Calenda) non è che abbia altre grandi carte da giocare, in questo momento. Ma intanto il “processo politico” al guardasigilli dovrà celebrarsi.
Nelle stesse ore in cui, mercoledì scorso, la capigruppo di Montecitorio fissava la data per mettere ai voti la sfiducia a Nordio, si è appreso che il Tribunale dei ministri avrebbe disposto l’acquisizione degli atti custoditi a via Arenula e relativi sempre alla liberazione dell’ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli. Contestualmente, si è appreso che l’organo appositamente costituito presso la Corte d’appello della Capitale (come prevede la legge costituzionale numero 1 del 1989) intende procedere, nel caso di Nordio, anche per un illecito non prospettato dall’esposto alla base del procedimento, quello di Luigi Li Gotti: il nuovo reato che grava, in ipotesi, sul guardasigilli è omissione d’atti d’ufficio.
Anche qui, non dovrebbero esserci conseguenze. Perché per i componenti del governo sopravvive ancora (sempre in base alla legge dell’89) l’autorizzazione a procedere che è invece stata cancellata dall’articolo 68 per i parlamentari. Della probabile richiesta che il Tribunale dei ministri formulerà (per interposta Procura di Roma) a carico del ministro della Giustizia, dovrebbe discutere, nel giro di qualche settimana, sempre Montecitorio, Camera d’appartenenza di Nordio: prima nella giunta per le Autorizzazioni (presieduta da Devis Dori di Avs) e poi in Aula. Si può anche dare per scontato che la richiesta di autorizzazione a procedere sarà respinta. Ma si tratterà di un’altra, doppia graticola pesante, per l’autore della riforma sulle carriere dei magistrati.
Ecco: la riforma. Rischia di diventare il vero capo d’accusa nei confronti del guardasigilli. Il motivo per il quale, di qui in avanti, lo si vedrà continuamente sottoposto ad attacchi, accuse, fuoco incrociato. Se ne ha un chiaro indizio da un passaggio della ricordata mozione di sfiducia: “II ministro della Giustizia ha intrapreso, seguendo le indicazioni della presidente del Consiglio, una condotta di netta contrapposizione con l’ordine giudiziario, minando il principio costituzionale della leale collaborazione tra le istituzioni”. Il testo è firmato dal capogruppo dem a Montecitorio Francesco Boccia.
Netta contrapposizione con l’ordine giudiziario”: ci si riferisce, certo, anche alla Corte penale internazionale, e all’intervento quasi sprezzante con cui il ministro ha cercato di smontare, nell’informativa alla Camera dello scorso 5 febbraio, la validità formale dei capi d’imputazione formulati dai giudici dell’Aia nei confronti di Almasri. Ma quella frase evoca ovviamente il più generale e, soprattutto, domestico affronto che Nordio avrebbe rivolto, con la propria riforma, alla magistratura italiana.
È questo il punto: per le opposizioni, o almeno per la loro gran parte (Pd, Movimento 5 Stelle e Avs), Nordio ha non solo la “colpa” di aver liberato e rimpatriato, “in combutta” con Giorgia Meloni e Matteo Piantedosi, il torturatore libico, ma si porta sullo coscienza, più di tutto, l’improvvida (per gli avversari) legge che separa giudici e pm. Ha attaccato la Corte penale internazionale, fino quasi a dileggiarla, nell’informativa a Montecitorio su Almasri, così come intenderebbe annichilire l’ordine giudiziario interno. Un’accusa che unisce, in un unico grande fronte d’inquisizione, opposizione in Parlamento e Associazione nazionale magistrati.
E qui emerge con chiarezza la prospettiva a cui Nordio è destinato per i prossimi mesi, fino alla celebrazione del quasi certo referendum sulla separazione delle carriere: essere bersaglio di accuse convergenti, stereofoniche, di Anm e avversari politici. Nordio sarebbe un ministro della Giustizia che vuole la “rovina” dei magistrati. È il profilo che gli hanno cucito addosso, “sindacato” dei giudici e centrosinistra. Il primo lo ha sfidato, lo contesta (e continuerà a farlo) com’è avvenuto con l’uscita dall’aula della Corte d’appello di Napoli lo scorso 25 gennaio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, non appena lui, Nordio ha preso la parola.
Il centrosinistra farà lo stesso: al momento di esporre la mozione di sfiducia, quando si esprimerà a favore della richiesta in arrivo dal Tribunale dei ministri e in tutte le altre occasioni che si presenteranno da qui al voto popolare sulla riforma. Nordio come bersaglio, come “avversario” da martellare senza pietà: centrosinistra e Anm sono già alleati di fatto. Magari le correnti togate hanno le loro difficoltà, le loro spaccature. Ma nella campagna anti-guardasigilli potranno contare su unsa solida sponda politica.
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