Informadisabilità » La Cassazione e la deducibilità delle spese per l’assistenza alle persone con disabilità: analisi dell’Ordinanza n. 449/2025

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Assistenza per i sovraindebitati

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L’Ordinanza n. 449/2025 della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria Civile, rappresenta una pronuncia di rilievo nell’ambito del diritto tributario e della tutela delle persone con disabilità, con particolare riferimento alla deducibilità delle spese per l’assistenza alle persone con disabilità grave.

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte riguardava l’interpretazione dell’articolo 10, comma 1, lettera b) del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che disciplina la deduzione dal reddito complessivo delle spese sostenute per l’assistenza personale di persone con disabilità grave e permanente.

L’ordinanza chiarisce un punto controverso: le spese per l’assistenza sono deducibili anche se il personale impiegato non possiede una qualifica professionale specifica? La risposta della Cassazione è affermativa, con argomentazioni che si inseriscono nel solco della tutela rafforzata delle persone con disabilità e della loro famiglia.

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Il caso.

La vicenda nasce dal ricorso di un contribuente che aveva dedotto integralmente dal proprio reddito le spese sostenute per l’assistenza domiciliare prestata da due collaboratrici domestiche alla moglie, riconosciuta invalida al 100%.

L’Agenzia delle Entrate contestava la deduzione sostenendo che, ai sensi della normativa vigente, solo le spese per assistenza specialistica prestata da personale qualificato (come infermieri, fisioterapisti o OSS) possono essere dedotte integralmente ai sensi dell’articolo 10 del TUIR.

Secondo l’Agenzia, le spese per assistenza generica fornita da collaboratrici domestiche avrebbero potuto rientrare esclusivamente nell’articolo 15, comma 1, lettera c) del TUIR, che prevede una detrazione d’imposta limitata al 19% della spesa sostenuta, con un tetto massimo di 2.100 euro annui e solo per contribuenti con redditi fino a 40.000 euro.

Il contribuente, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso, impugnando l’avviso bonario dell’Agenzia delle Entrate, sostenendo che l’assistenza prestata alla moglie disabile grave rientrava nelle spese deducibili integralmente, indipendentemente dalla qualifica professionale degli assistenti.

Un primo ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che riteneva non impugnabile l’avviso bonario.

A seguito della decisione, l’Agenzia emetteva cartella esattoriale nei confronti del contribuente il quale a sua volta impugnava detta cartella riaffermando l’integrale deducibilità delle spese.

Questa volta, la Commissione Tributaria provinciale di Torino accoglieva il ricorso del contribuente ed annullava la cartella esattoriale.

Ma sia L’agenzia delle Entrate che il contribuente impugnavano le decisioni di primo grado che li avevano visti entrambi soccombenti alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte la quale accoglieva l’appello del contribuente, dichiarando l’autonoma impugnabilità dell’avviso bonario e rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate, confermando l’annullamento della cartella.

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Avverso questa pronuncia, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione.

La Decisione della Suprema Corte.

La Corte di Cassazione, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sancendo un principio di diritto particolarmente favorevole ai contribuenti che assistono familiari con disabilità grave.

Un punto importante della decisione riguarda l’interpretazione dell’espressione “assistenza specifica” contenuta nell’articolo 10, comma 1, lettera b) del TUIR.

L’Agenzia delle Entrate riteneva che tale locuzione dovesse riferirsi alla qualifica professionale di chi presta l’assistenza, e che, quindi, la deducibilità integrale fosse limitata solo alle prestazioni di personale sanitario o socio-sanitario.

La Cassazione ha invece stabilito che il concetto di assistenza specifica non dipende dalla qualifica del prestatore d’opera, ma dalla finalità dell’assistenza stessa, ovvero il sostegno a una persona con disabilità grave e permanente.

Pertanto, anche le spese per assistenza fornita da collaboratrici domestiche possono essere dedotte integralmente, a condizione che il destinatario dell’assistenza sia una persona con disabilità grave e permanente, riconosciuta ai sensi dell’art. 3, comma 3 della Legge 104/1992 e che le spese siano documentate e finalizzate a garantire la cura del disabile in modo continuativo.

L’ordinanza chiarisce anche la differenza tra le due principali disposizioni fiscali in materia di spese per assistenza.

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L’art. 10, comma 1, lettera b) del TUIR prevede la deduzione integrale delle spese per assistenza a soggetti con disabilità grave e permanente.

Non si limita alle sole prestazioni di personale qualificato, ma si estende a qualsiasi tipo di assistenza necessaria a garantire il supporto alla persona con disabilità.

Mentre l’art. 15, comma 1, lettera c) del TUIR prevede una detrazione del 19% delle spese sostenute per assistenza a soggetti non autosufficienti ed è soggetta a limiti di importo e di reddito, ed è quindi meno favorevole per il contribuente.

La Cassazione ha quindi stabilito che non è corretto assimilare le spese per l’assistenza ai disabili gravi a quelle per i soggetti non autosufficienti, poiché il TUIR prevede un regime fiscale più favorevole per le persone con disabilità riconosciuta ai sensi della Legge 104/1992.

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