La Toscana ha scritto una pagina di storia diventando la prima regione italiana a regolamentare il suicidio medicalmente assistito. Non un dibattito astratto, ma una legge concreta, approvata l’11 febbraio 2025, che stabilisce un iter certo per chi, afflitto da sofferenze insopportabili, chiede di poter scegliere la propria fine. Con 27 voti favorevoli e 13 contrari, il Consiglio regionale ha messo nero su bianco un percorso chiaro: dalla presentazione dell’istanza alla valutazione di una commissione multidisciplinare, fino all’esecuzione della procedura entro 37 giorni.
Un provvedimento storico che ha acceso entusiasmi e polemiche. L’Associazione Luca Coscioni, in prima linea nella battaglia per il diritto al fine vita, ha salutato la svolta come un passo decisivo nella tutela della libertà individuale. Non sono mancate le voci critiche: la Chiesa cattolica e parte della politica parlano di una deriva pericolosa, mentre il governo nazionale sta valutando un possibile ricorso per impugnare la legge, sostenendo che un tema così delicato non possa essere regolato su base regionale.
Mentre la Toscana apre la strada, altrove però il dibattito resta incagliato in lungaggini, ostracismi e cavilli. E altrove ancora il confronto non si è mai nemmeno acceso. E’ il caso del Molise: nessuna proposta di legge, nessuna discussione, nessuna iniziativa politica. Un silenzio che stride con il dramma di chi, come Davide Macciocco, l’uomo la cui storia ha commosso l’Italia intera un anno e mezzo fa, ha dovuto guardare oltre confine per poter vedere riconosciuto un diritto che la giustizia ha sancito, ma che la politica continua a ignorare.
La sua storia è nota: Davide, termolese di 40 anni, ha deciso di morire in Svizzera. “Amo troppo la vita, ed è proprio per questo che oggi la voglio abbandonare”, aveva scritto nel suo ultimo messaggio. Un tuffo da un trabucco, una domenica d’estate del 2003, lo aveva reso tetraplegico. Da allora aveva affrontato la vita con coraggio, ma il dolore, la mancanza di autonomia e la prospettiva di una sofferenza sempre più insostenibile lo hanno spinto a rivolgersi a Dignitas, l’associazione svizzera che assiste chi sceglie il suicidio medicalmente assistito. Il 15 settembre 2023 è morto a Zurigo, la città in cui era nato. Un viaggio amaro, compiuto in solitudine, perché l’Italia non gli ha concesso un’alternativa.
La realtà del fine vita in Italia è un mosaico disordinato. La Corte Costituzionale, con le sentenze 242/2019 e 135/2024, ha fissato i criteri per l’accesso al suicidio assistito: una patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità di decisione libera e consapevole. Tuttavia, in assenza di una legge nazionale, ogni regione si muove in ordine sparso. In Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, le proposte di legge sono state bloccate con pregiudiziali di costituzionalità. In Emilia-Romagna, una delibera di giunta ha istituito un Comitato per l’etica nella clinica, mentre in Liguria è stata presentata una proposta di legge che potrebbe essere la prima a essere votata dopo la Toscana. Nel Molise, invece, il vuoto è totale.
La legge toscana rappresenta un modello, prevedendo un iter certo per chi sceglie il suicidio medicalmente assistito. Entro 15 giorni dalla richiesta, le Aziende Sanitarie devono istituire una commissione multidisciplinare che accerti il rispetto dei requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale. Se la richiesta è valida, ci sono 10 giorni per definire il protocollo per eseguire la procedura, garantendo un iter rapido. Questo approccio evita situazioni di stallo che lasciano le persone in attesa di un diritto che la giustizia ha riconosciuto ma che la politica fatica a tradurre in legge.
Il Molise, una delle regioni più piccole d’Italia, non si è ancora dotato di alcuna normativa sul fine vita. Eppure, sul territorio l’attenzione al tema esiste: anche qui c’è la Cellula Coscioni, nata proprio dopo il caso di Davide.
E c’è l’hospice di Larino, che è un punto di riferimento per l’accompagnamento alla morte con dignità, offrendo cure palliative per chi si avvicina alla fine della vita. Tuttavia, la struttura, pur preziosa, non può supplire alla mancanza di una legge che regoli il suicidio assistito.
Il dibattito sul fine vita in Molise è fermo, ma le storie come quella di Davide Macciocco impongono una riflessione. Senza una legge regionale, i cittadini molisani che desiderano scegliere il proprio destino devono rivolgersi all’estero, affrontando costi elevati e il dolore di dover lasciare la propria casa e la propria famiglia. La politica regionale continuerà a ignorare questo tema, o prenderà atto della realtà e affronterà finalmente la questione con il coraggio e la responsabilità che merita?
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