Il misterioso diamante blu Idol’s Eye e la battaglia della famiglia reale del Qatar: il prestito, la lettera, la sentenza a Londra

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di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Lo sceicco Hamad bin Abdullah Al-Thani ha perso la causa presso l’Alta Corte di Londra contro un altro ramo della famiglia reale per il possesso per un diamante del XVII secolo dal valore milionario: la storia del gioiello

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Lo sceicco Hamad bin Abdullah Al-Thani, noto collezionista d’arte e cugino dell’emiro del Qatar, ha perso la sua battaglia contro un altro ramo della famiglia reale per il possesso dell’Idol’s Eye (occhio dell’idolo), un diamante da 70,21 carati dal valore milionario. Giovedì 13 febbraio l’Alta Corte di Londra ha infatti dato ragione ai familiari del defunto ex ministro della cultura del Qatar, lo sceicco Saud bin Mohammed Al Thani, a loro volta parenti del sovrano e legittimi proprietari del diamante. La controversia riguardava il diritto di acquistare l’Idol’s Eye da parte di Qipco, una società guidata dallo stesso Hamad Al-Thani.

La contesa

Nei primi anni Duemila, la pietra preziosa era entrata in possesso dello sceicco Saud bin Muhammed Al Thani, ministro della cultura del Qatar tra il 1997 e il 2005 e uno dei più prolifici collezionisti d’arte del mondo. Saud, poco prima della sua morte, avvenuta nel 2014, aveva prestato il diamante alla Qipco, che davanti al giudice ha sostenuto che una lettera scritta nel 2020 costituisse un accordo per l’acquisto del diamante per un valore di 10 milioni di dollari. Tuttavia, la Elanus Holdings Limited, che ha base sull’isola di Guernsey nella Manica ed è proprietà della Fondazione Al-Thani, che a sua volta ha sede nel Liechtenstein, e i cui beneficiari sono la vedova e i tre figli dello sceicco Saud, ha contestato la suddetta lettera, sostenendo che fosse stata inviata per errore e che contenesse una valutazione sbagliata del valore del diamante, stimato in realtà intorno ai 27 milioni di dollari.




















































La sentenza

A questo punto, alla Qipco non era rimasto che rivolgersi all’Alta Corte di Londra, nella speranza di ottenere che venisse ordinato alla Elanus di venderle la gemma. Il giudice Simon Birt ha però respinto il caso il 13 febbraio scorso, stabilendo che, se anche inizialmente ci fosse stata l’intenzione da parte di Elanus Holdings Limited e degli eredi dello sceicco Saud di vendere il diamante, tale intenzione non c’era più al momento in cui Qipco ha tentato di esercitare il proprio diritto.

Le origini mitiche dell’Idol’s Eye

Il diamante Idol’s Eye è una gemma di 70,21 carati, nota per la sua leggera tonalità blu e la caratteristica forma triangolare modificata. Si ritiene che sia stata scoperto nel corso del 1600, ai tempi dei Moghul, nelle miniere di Kollur, situate nel Sultanato di Golconda, nell’India meridionale (la stessa origine dei celebri diamanti Hope e Koh-I-Noor). La sua storia, però, è avvolta nel mistero. Dato il suo nome, si pensa che in origine abbia impreziosito lo sguardo di una qualche statua rappresentante una divinità indiana. Un’altra storia racconta, invece, di una principessa di nome Rasheetah che sarebbe stata rapita da un sultano turco. Per pagare il riscatto, lo sceicco del Kashmir avrebbe usato proprio il diamante. Uno dei primi proprietari, secondo un’altra leggenda, sarebbe stato un principe persiano, tal Rahab, che lo cedette per saldare i tanti suoi debiti con l’India East Company (questa versione è riportata anche dal sito Antique Jewelry University). 

Diamante

La ricca ereditiera che lo indossava a colazione

Per molto tempo, del diamante non si seppe più nulla. Finché l’Idol’s Eye riapparve il 14 luglio 1865, messo all’asta da Christie’s, a Londra. Ad acquistarlo, questa volta, fu il sultano ottomano Abdul Hamid II. Ma dopo la rivoluzione nazionalista turca e l’abolizione del sultanato, Abdul Hamid fu esiliato a Parigi, città dove portò anche la collezione di gioielli imperiali, tra cui l’Idol’s Eye. Tuttavia, uno dei suoi servitori lo tradì: arraffato il diamante, l’uomo riuscì a metterlo all’asta a Parigi nel 1909. Acquistato da un aristocratico spagnolo, l’Idol’s Eye sarebbe rimasto per molti anni nella cassaforte di una banca, per riapparire dopo la Seconda guerra mondiale tra le mani del gioielliere Harry Winston, che lo fece incastonare in una collana composta da 41 piccoli diamanti rotondi da 22,50 carati e 45 diamanti taglio baguette da circa 12 carati. 
Nel 1945 fu l’ereditiera e filantropa americana May Bonfils Stanton, figlia di Frederick G. Bonfils, fondatore del Denver Post, a entrare in possesso del gioiello. Leggenda vuole che la donna amasse indossarlo ogni mattina per fare colazione. Alla sua morte, l’Idol’s Eye fu venduto a New York e finì nelle mani del gioielliere di Chicago Harry Levinson, che a sua volta lo prestò al celebre marchio De Beers per esporlo al Diamond Pavilion di Johannesburg nel 1967. Nel 1979 la gemma venne acquistata dal gioielliere britannico Laurence Graff ed esposta al Metropolitan Museum of Art di New York. Da quel momento, il diamante è passato tra le mani di molte persone, finché è stato ritrovato nella casa di Londra di Saud bin Muhammed Al Thani, dopo la sua morte, avvenuta il 9 novembre 2014. Lo sceicco lo avrebbe acquistato dieci anni prima per 7 milioni di sterline, circa 8,5 milioni di euro. Oggi, l’Idol’s Eye ne vale tre volte tanto.

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14 febbraio 2025 ( modifica il 14 febbraio 2025 | 10:25)

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