Il presidente del Senato e i possibili contatti con lo spione di Equalize per la vicenda del figlio. I legali della vittima del presunto stupro di Leonardo Apache: «Chiediamo accesso ai verbali»
«Vorrei proprio sapere da Pazzali chi è che ha commissionato questo dossieraggio e credo che lui debba dirmelo e debba dirlo ai magistrati: chi sono i mandanti?». A novembre scorso il presidente del Senato Ignazio La Russa era su tutte le furie con un suo amico di vecchia data: Enrico Pazzali, all’epoca presidente della Fondazione Fiera Milano e socio maggioritario di Equalize, l’impresa dietro alla quale si è scoperto nascondersi una vera e propria base di spionaggio con legami che arrivano fino alle agenzie dei servizi segreti italiani, oggi al centro dell’inchiesta che vede indagato (a piede libero) il manager milanese, amatissimo dalla destra lombarda.
A fine 2024 dagli atti giudiziari era infatti emerso qualcosa di assai particolare. Il contenuto di un’intercettazione in cui lo stesso Pazzali chiedeva agli uomini della centrale di via Pattari numero 6 (la sede a Milano della centrale di spionaggio), ricerche sui familiari di La Russa e sulla seconda carica dello Stato.
«Esatto… va beh… fammene un’altra nel frattempo! Ignazio La Russa. E metti anche un altro se c’è. Eh… come si chiama l’altro figlio? Come si chiama? Eh. Geronimo come si chiama Geronimo La Russa? Eh…prova Geronimo La Russa, ma non si chiama Geronimo… come cazzo si chiama Geronimo?», «Antonino? Metti Antonino La Russa», diceva per l’appunto Pazzali.
Perché il manager chiedeva agli spioni di Equalize quei dossier? Qual era lo scopo? Pazzali avrebbe voluto usare quel materiale contro l’amico di sempre? Ma con quale motivazione? Al momento sembrerebbe possibile rispondere a tutti questi interrogativi. Il Fatto quotidiano ha infatti riportato alcuni elementi che identificherebbero il “mandante” di quei dossier sulla famiglia La Russa e in particolare sui figli del presidente del Senato in persona.
Spie al telefono
A svelarlo sarebbe stato l’hacker Samuele Calamucci, che per i fatti relativi ai presunti dossieraggi è indagato con l’ex super poliziotto Carmine Gallo sia a Milano e sia a Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla squadra Fiore, altro nucleo di spioni con buone entrature nei servizi segreti italiani.
Calamucci avrebbe parlato agli inquirenti di una telefonata fatta nella seconda metà di maggio del 2023 da un certo “Ignazio” a Enrico Pazzali. Chiamata a cui Calamucci avrebbe assistito e che sarebbe avvenuta dopo poche ore dal presunto stupro di una ragazza da parte del figlio più piccolo di La Russa, Leonardo Apache.
Da evidenziare un fatto: nel momento in cui sarebbe avvenuta la telefonata la faccenda della presunta violenza sessuale non era di dominio pubblico. Il Fatto scrive che il giorno successivo a quello che sarebbe stato un abuso, quindi il 19 maggio, qualcun altro ancora avrebbe contattato l’allora presidente della Fondazione Fiera di Milano. Pazzali cioè sarebbe stato chiamato, oltre che da “Ignazio”, anche da un ufficiale dei carabinieri per un’informazione inerente alla logistica della casa milanese della seconda carica dello Stato, la casa dove sarebbe avvenuto lo stupro sul quale la procura di Milano ha aperto un’indagine, ancora in corso e con due indagati: Leonardo Apache La Russa e un suo amico. Per Calamucci poi le verifiche del manager – quelle che sarebbero state fatte su presidente del Senato e figli – sarebbero avvenute proprio il 19 maggio di due anni fa.
Intanto dai tabulati in mano alle pm dell’inchiesta sulla presunta violenza, Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro, al momento non risulterebbero contatti rilevanti tali da far ritenere che La Russa abbia chiamato Pazzali subito dopo il fatto. Ma se i due avessero parlato su una linea telefonica differente da quella tradizionale? WhatsApp? Signal? Telegram? In questo caso i tabulati non direbbero nulla, perché fanno emergere solo le chiamate di linea. C’è da dire, infine, che il verbale (secretato) in cui Calamucci avrebbe parlato della telefonata non sarebbe tra le carte trasmesse alle magistrate titolari del fascicolo riguardante La Russa junior. Gli approfondimenti della procura di Milano sui possibili legami tra le due inchieste comunque continueranno.
La Russa, tuttavia, nega ogni coinvolgimento, precisando di non aver mai parlato con Pazzali e di aver appreso la notizia riguardante il figlio sui giornali, non come sostenuto dall’ex hacker prima della discovery sulla notizia di reato. «Ombre che risultano prive di logica, costrutto e fondamento», ha dichiarato il presidente del Senato. «Chiedo alle autorità giudiziarie di valutare di desecretare gli interrogatori degli imputati e contestualizzare i fatti, chiarendo in maniera tutte le circostanze».
Intanto, da quanto risulta a Domani, Stefano Benvenuto, il legale della vittima che ha denunciato il figlio di La Russa, ha depositato un’istanza per aver accesso ai verbali di Calamucci, «limitatamente alla parte ove viene confermato il fatto in merito all’accertamento sulla famiglia La Russa», è scritto nel documento consegnato ai magistrati che coordinano l’indagine sullo spionaggio.
Amici miei
Al momento l’unico dato certo è l’amicizia storica tra il presidente del Senato ed Enrico Pazzali. Del resto è stato anche grazie all’appoggio dello stesso presidente del Senato che la carriera di Pazzali è decollata. Nel 2009 il manager è stato promosso ad di Fiera di Milano spa, con il futuro governatore Fontana sulla poltrona di vicepresidente insieme alla berlusconiana Licia Ronzulli.
Ma non importa che Pazzali nel 2015 avesse lasciato un’azienda coi bilanci in rosso. Nonostante questo, infatti – dopo un periodo a Roma, chiamato dal governo di Matteo Renzi come amministratore di Eur spa – è tornato a Milano ed è salito al piano superiore: dalla società quotata in Borsa passa alla Fondazione che la controlla. Fondazione da cui attualmente risulta autosospeso per via dell’indagine su Equalize.
«Dossieraggio illegale, anche per conto e nell’interesse di appartenenti al mondo politico», scrivono i magistrati a proposito degli spioni di alle dipendenze di Pazzali che avrebbero prelevato migliaia di informazioni da banche dati strategiche.
Con quale obiettivo? «Ricattare, estorcere, condizionare gli avvenimenti politici», si legge nelle carte giudiziarie. Se il racconto di Calamucci trovasse riscontri, gli obiettivi per gli spioni della centrale di via Pattari aumenterebbero. Tra di essi probabilmente anche la volontà di avvantaggiare qualche amico storico e molto potente.
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