Nel caso in cui si apra un processo penale a carico degli amministratori, la società, per clausole contrattuali o protezione degli interessi aziendali, può decidere di farsi carico delle spese legali relative alla loro difesa.
Recentemente, la Cassazione ha affermato che tali spese sono indeducibili in quanto non inerenti (Cass. n. 9910/2024, che richiama la Cass. n. 20945/2019). La Corte ha riformato la decisione dei giudici di seconde cure che avevano ravvisato un nesso di inerenza nel fatto che l’esito dei giudizi penali, in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, era direttamente connesso agli interessi della società che, in caso di condanna, avrebbe subito la confisca del profitto del reato, costituito dalle imposte non versate (C.T. Reg. Lombardia n. 3160/9/19).
Alle stesse conclusioni è giunta la Cassazione n. 23089/2012, per la quale le spese per la difesa legale dell’amministratore, imputato per presunte operazioni corruttive, non sono qualificabili come un “costo di operazioni sociali legittime ovvero rientranti nell’oggetto sociale”. In tale pronuncia i giudici di legittimità hanno richiamato la giurisprudenza civilistica che ha negato all’amministratore il diritto al rimborso delle spese sostenute per difendersi in un processo penale ex art. 1720 comma 2 c.c. (Cass. SS.UU. n. 10680/1994).
Secondo le Sezioni Unite, infatti, possono gravare sulla società le spese sostenute dall’amministratore a causa del mandato da esso ricevuto e non semplicemente per attività svolte “in occasione” del mandato stesso. In questa prospettiva, l’illecito penale non è un’attività connessa causalmente al mandato, ma un’attività svolta in occasione dello stesso che determina l’impossibilità di trasferire alla società, in termini di costi, le relative spese. Ciò, secondo i giudici, anche se il processo si conclude col proscioglimento.
Sembra invece destinata a rimanere isolata la decisione assunta dalla Cassazione con l’ordinanza n. 17028/2021, secondo la quale la spesa sostenuta per la difesa degli amministratori è inerente all’attività d’impresa e, pertanto, deducibile. La Corte ha infatti condiviso la decisione dei giudici di secondo grado, i quali avevano stabilito che la spesa sostenuta dalla società, ancorché non obbligatoria, era correlata all’attività d’impresa, in quanto vi era l’esigenza di garantire gli amministratori del fatto che il corretto perseguimento degli interessi sociali non avrebbe cagionato loro alcun danno.
La posizione dei giudici di merito è ondivaga.
Tra le pronunce favorevoli ai contribuenti, oltre a quelle già richiamate, se ne registrano alcune in materia di reati tributari c.d. dichiarativi, nelle quali i giudici hanno dato rilevanza alla circostanza che la condotta dell’amministratore, perseguita penalmente, fosse stata posta in essere nell’esercizio del suo mandato.
Secondo la C.G.T. II Lombardia n. 3791/16/22, la sottoscrizione delle dichiarazioni fiscali “è atto dovuto e atto tipico dell’amministratore, quindi non occasionale, ma funzionalmente connesso all’espletamento delle precipue funzioni”. Pertanto, sono deducibili le spese sostenute dalla società per la difesa dell’amministratore accusato di frode fiscale.
Stesso esito per la controversia al vaglio della C.G.T. I Gorizia n. 38/2/23, secondo la quale la condotta delittuosa oggetto del processo penale (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) è stata posta in essere dall’amministratore nell’esercizio delle sue funzioni e non per fini estranei all’attività societaria.
Parimenti, sono state considerate deducibili le spese sostenute per la difesa dell’amministratore dall’imputazione di omesso versamento IVA e per ipotizzato abuso edilizio in quanto conseguenti allo svolgimento del mandato (C.T. Prov. Reggio Emilia n. 253/1/21).
La C.T. Prov. Trieste n. 20/2/22 ha, invece, negato la deducibilità delle spese legali per la difesa degli amministratori in relazione al reato di traffico illecito di rifiuti, in quanto la condotta contestata era estranea all’attività esercitata dalla società e, di conseguenza, all’esercizio del mandato.
Tra le pronunce sfavorevoli ai contribuenti si segnala poi la C.T. Prov. Torino n. 529/6/22 la quale, nel richiamare l’orientamento prevalente della Cassazione, ha affermato che, ai fini della deducibilità di tali spese, è inoltre irrilevante la volontà della società di evitare che il processo penale a carico degli amministratori cagioni un danno reputazionale all’impresa.
Di recente, anche la C.G.T. II Friuli Venezia Giulia n. 435/1/2024 ha negato la deducibilità ai fini IRAP dei costi per la difesa del presidente del cda. I giudici, richiamando espressamente le conclusioni della Cassazione n. 9910/2024, hanno confermato la decisione impugnata, secondo cui “non può definirsi funzionale al perseguimento dell’oggetto sociale, né correlato ad un’attività potenzialmente idonea a produrre utili, l’assunzione da parte della società dell’onere economico della difesa penale del proprio legale rappresentante, neppure qualora il capo d’imputazione riguardi fatti compiuti nello svolgimento dell’incarico”.
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