Cessione del quinto e costi rimborsabili: emendamento Garavaglia in discussione al Senato

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Prosegue al Senato la battaglia sulla Cessione del Quinto. Il terreno dello scontro, che in questi giorni si svolge presso la Commissione Politiche dell’Unione Europea, ha per oggetto il recepimento della Direttiva in materia di credito ai consumatori (Ccd2) nell’ambito della Legge di Delegazione Europea 2024 (Atto Senato 1258). Il presidente della commissione Finanze di Palazzo Madama, Massimo Garavaglia, ha addolcito il contenuto di un suo emendamento volto a escludere dalla nuova disciplina del credito al consumo le cessioni del quinto dello stipendio, ma soprattutto a introdurre una disciplina dei costi rimborsabili in caso di anticipata estinzione dei contratti. Il testo iniziale era stato ritenuto dalle opposizioni pregiudizievole degli interessi dei consumatori, soprattutto quelli caratterizzati da una condizione di fragilità finanziaria, e finalizzato soprattutto a salvaguardare gli interessi degli istituti di credito che erogano quei finanziamenti. La discussione comunque riprende oggi in commissione e, per il momento, l’emendamento Garavaglia, anche nella sua versione emendata, è stato accantonato.

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Per comprendere il nodo del contendere, occorre fare un passo indietro e ricordare che il problema, di cui Be Bankers si è occupato il 29 novembre scorso, è nato con la sentenza Lexitor della Corte di Giustizia Europea recepita in Italia nel 2022 da una sentenza della Corte Costituzionale. Quella pronuncia ha stabilito il diritto dei consumatori, in caso di estinzione anticipata di un finanziamento, a ricevere il rimborso pro quota di tutti i costi, anche di quelli upfront. La questione ha alimentato nell’ultimo periodo un significativo contenzioso presso l’Arbitro Bancario Finanziario perché le banche – ha ricordato a Be Bankers Magda Bianco, capo del Dipartimento Tutela della clientela ed educazione finanziaria della Banca d’Italia – «spesso non sono disponibili a rimborsare ai clienti i costi, ad esempio di distribuzione, addebitati da terze parti al momento di accendere il finanziamento».

Tornando ora agli emendamenti di Garavaglia, il testo originario stabiliva che, in caso di estinzione anticipata dei contratti, occorreva prevedere una disciplina ad hoc sui costi «effettivamente rimborsabili, tenendo anche conto della tutela della trasparenza dei documenti precontrattuali in vigore nell’ordinamento italiano». Formulazione che è stata considerata dai senatori del Pd in commissione, appunto, sbilanciata a favore delle banche. Il nuovo testo del parlamentare, che nella seduta di commissione dell’11 febbraio ha ottenuto il parere favorevole del Relatore e del Governo, contiene indicazioni più sfumate prevedendo una «specifica disciplina transitoria volta a regolamentare le condizioni pregresse dei contratti sottoscritti o estinti alla data di entrata in vigore della normativa delegata, con particolare riferimento alla protezione dei consumatori in tema di somme rimborsabili in caso di estinzione anticipata dei finanziamenti».

La prima parte dell’emendamento presentato dal presidente della commissione Finanze, rimasta inalterata nelle due formulazioni, dispone l’esenzione dei contratti di cessione del quinto dalla disciplina del credito al consumo. Uno stralcio che ha come riferimento normativo la lettera k) del comma 2 dell’articolo 2 della direttiva comunitaria. Quell’esenzione, secondo la logica del legislatore comunitario, si giustifica nel caso di prestiti «concessi a un pubblico ristretto in base a disposizioni di legge con finalità di interesse generale e a tassi debitori inferiori a quelli prevalenti sul mercato, o senza interessi, o ad altre condizioni più favorevoli per il consumatore rispetto a quelle prevalenti sul mercato».

Tutti elementi – ha osservato nei giorni scorsi Antonio Criscione dalle colonne de Il Sole 24 ore – «che non si ravvisano nella cessione del quinto. Secondo i dati di Assofin (Associazione Italiana del Credito al Consumo e Immobiliare), attraverso la Cessione del quinto sono stati erogati nel 2024 nuovi prestiti per un ammontare di 6,2 miliardi di euro a 360.000 consumatori, oltre la metà dei quali pensionati. Quindi un pubblico anche fragile dal punto di vista economico. A fine dello scorso anno il volume di credito totale in essere sotto forma di Cessione del quinto (la cui durata va normalmente da 5 a 10 anni) è di oltre 25 miliardi di euro e interessa oltre 1 milione e 800 mila italiani di cui più della metà pensionati. Quindi non solo non si rivolge a un pubblico ristretto, ma non si applicano neanche tassi più favorevoli di quelli di mercato: i tassi medi rilevati da Assofin vanno dal 13,19% (per gli importi fino a 15.000 euro) al 9,20% (per quelli oltre i 15.000 euro), mentre i tassi del prestito personale (10,94%) e del credito finalizzato (10,27%) sono a livelli più bassi». La discussione sembra destinata a proseguire oggi in commissione anche perché, per il momento, l’emendamento Garavaglia, compreso il nuovo testo della seconda formulazione, è stato appunto accantonato.

Sul contenzioso attivato dai rimborsi dei costi relativi alla Cessione del Quinto è intervenuto oggi anche un articolo di MF che quantifica in circa un miliardo il valore complessivo delle dispute sorte con la sentenza Lexitor. La pronuncia della Corte di Giustizia – riferisce il giornale – «ha allargato i rimborsi a tutti i costi, compresi quelli di istruttoria o le provvigioni pagate alle reti distributive (cosiddetti upfront), creando scompiglio in particolare tra le società di cessione del quinto (esistono solo in Italia) che non ne vogliono sapere di dover rimborsare ai clienti costi che considerano legati all’avvio del contratto: come l’imposta di bollo o le spese di perizia che servono a capire se ci sono gli estremi per concedere il finanziamento. Così la questione, in caso di estinzione anticipata, spesso e volentieri finisce in tribunale con costi aggiuntivi ed effetti dannosi per il mercato». Per correggere queste storture il Governo, attraverso l’emendamento Garavaglia, avrebbe ora l’intenzione di considerare «non rimborsabili i costi upfront a meno che il contratto non sia ‘opaco’. Una sorta di sanzione per la mancanza di trasparenza».



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