Spese per assistenza a persone con disabilità grave: sono oneri deducibili

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Torniamo indietro di qualche settimana nella nostra disamina delle principali pronunce per segnalare ai lettori l’importante Ordinanza 9 gennaio 2025, n. 649 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Di Marzio, Rel. Rosetti) che interpreta l’art. 10, comma 1, lettera b) del TUIR il quale prevede la deduzione integrale delle spese per assistenza a soggetti con disabilità grave e permanente. Tale assistenza non è limitata, secondo la pronuncia, alle sole prestazioni di personale qualificato, ma si estende a qualsiasi tipo di assistenza necessaria a garantire il supporto alla persona con disabilità. Ciò diversamente dall’art. 15, comma 1, lettera c) del TUIR il quale invece prevede una detrazione del 19% delle spese sostenute per assistenza a soggetti non autosufficienti ed è sottoposta a limiti di importo e di reddito. Le due fattispecie secondo la Corte non sono assimilabili.

Nel caso specifico la vicenda ha avuto origine dal ricorso di un contribuente che aveva dedotto integralmente dal proprio reddito le spese sostenute per l’assistenza domiciliare prestata da due collaboratrici domestiche alla moglie, riconosciuta invalida al 100% . L’Agenzia delle Entrate invece, in tutti gli atti, riteneva che queste spese per assistenza generica e non qualificata non fossero deducibili.

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Ricevuta una comunicazione di irregolarità relativamente all’esito di un controllo formale, il contribuente la impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino ritenendo deducibili le spese di assistenza in questione. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso e ribadendo, nel merito, la legittimità della condotta impositiva e affermando che alle spese per prestazioni assistenziali fornite da personale non in possesso di specifica qualifica professionale si applicherebbe l’art. 15, comma 1, lett. c), D.P.R. 917/1986 (t.u.i.r.) piuttosto che l’art. 10, comma 1, lett. b), del medesimo t.u.i.r. La Commissione tributaria provinciale di Torino, con la sentenza n. 169/14/13, dichiarava inammissibile il ricorso ritenendo non impugnabile la comunicazione bonaria.

L’Agenzia delle Entrate emetteva, allora, cartella esattoriale ai sensi dell’art. 36-ter D.P.R. 600/1973 per il recupero delle spese ritenute indeducibili.

Il contribuente allora impugnava la cartella esattoriale innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino riaffermando l’integrale deducibilità delle spese ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. b), t.u.i.r. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio contestando l’impugnazione della cartella esattoriale e chiedendone l’integrale rigetto. Con la sentenza n. 401/03/15 depositata il 16/3/2015 la Commissione tributaria provinciale di Torino accoglieva il ricorso e annullava la cartella esattoriale.

In appello la Commissione tributaria regionale del Piemonte con la sentenza n. 1048/22/2016 depositata l’8/8/2016 accoglieva l’appello del contribuente, dichiarando l’autonoma impugnabilita dell’avviso bonario, e rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate confermando l’annullamento della cartella.

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduceva la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10, comma 1, lett. b) e dell’art. 15, comma 1, lett. c), t.u.i.r. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Secondo la ricorrente la Commissione tributaria regionale avrebbe errato nel ritenere applicabile alla fattispecie l’art. 10, comma 1, lett. b), t.u.i.r. con il relativo regime di deducibilità delle spese prestate per assistenza specifica, piuttosto che l’art. 15, comma 1, lett. c), t.u.i.r. con il relativo regime di detraibilità delle spese sanitarie non specifiche e cioè non specialistiche perché sostenute per l’opera di personale non specializzato.

La Per la Corte l’art. 10, comma 1, lett. b) t.u.i.r. prevede che si deducono dal reddito complessivo – tra gli altri – i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: “b) le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104… “.

L’art. 15, comma 1, lett. c), t.u.i.r. prevede che dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 22 per cento – tra gli altri – dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo: “c) Le spese sanitarie, per la parte che eccede Lire 250 mila. Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica, diverse da quelle indicate nell’articolo 10, comma 1, lettera b), e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere, nonché dalle spese sostenute per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali, inseriti nella sezione A1 del Registro nazionale di cui all’articolo 7 del decreto del Ministro della sanità 8 giugno 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 5 luglio 2001, con l’esclusione di quelli destinati ai lattanti..”. L’art. 15, comma 1, lettera i-septies), t.u.i.r. prevede la detraibilità delle spese, per un importo non superiore a 2.100 euro, sostenute per gli addetti all’assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, se il reddito complessivo non supera 40.000,00 euro.

Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla Agenzia delle Entrate, la dizione “assistenza specifica” non vale, per i Giudici di Legittimità, a distinguere l’ambito di applicazione dell’art. 10, comma 1, lett. b), da quello dell’art. 15, comma 1, lett. c), t.u.i.r.; la dizione si ripete, infatti, identica in entrambe le disposizioni e non indica una spesa relativa ad assistenza specializzata perché prestata da personale infermieristico o in possesso di specifica qualifica professionale ma indica una assistenza specificamente diretta alla tutela della persona bisognosa.

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La distinzione tra le due norme deriva dal destinatario dell’assistenza piuttosto che dalla natura della assistenza: nel caso dell’art. 10, comma 1, lett. b), t.u.i.r. destinatario dell’assistenza è un soggetto afflitto da grave e permanente invalidità o menomazione tale da avere già determinato il riconoscimento di handicap grave secondo la definizione dettata dall’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e per questa ragione la disposizione prevede il più ampio e favorevole regime della integrale deducibilità; nel caso dell’art. 15, comma 1, t.u.i.r. lettere c) e i-septies) l’assistenza specifica è destinata a soggetti diversi, eventualmente anche afflitti da non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, ma non disabili gravi ai sensi dell’art. 3 della legge 05/02/1992, n. 104.

Viene quindi enunciato il seguente principio di diritto:

“le spese deducibili ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. b), t.u.i.r. perché sostenute dal contribuente per l’assistenza specifica di persona afflitta da grave e permanente invalidità o menomazione, rilevante ai sensi dell’articolo 3 della legge 05/02/1992, n. 104, sono le spese necessarie all’assistenza di detto beneficiario perché specificamente dirette a tal fine, senza che a delimitare la deducibilità e il regime di favore previsto dalla norma sia la natura specialistica della assistenza ovvero la particolare qualificazione professionale del soggetto che presta l’assistenza”.

 





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