nozione di beni tutelati per legge

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Il centro storico di Firenze, inserito nell’elenco dei beni “patrimonio dell’umanità” UNESCO, torna a far parlare di sé sotto il profilo urbanistico-edilizio, dopo le recenti iniziative prese dal Comune per tutelarlo dai deleteri effetti dell’overturism. Oggetto di una controversia giudiziaria è la nuova disciplina degli interventi edilizi sul patrimonio esistente nel centro storico, modificata dalle deliberazioni della Giunta Comunale di Firenze n. 670/2017, e del Consiglio Comunale n. 11/2018 e n. 45/2018, di approvazione della variante al vigente regolamento urbanistico.

La variante ora consente, oltre al semplice restauro conservativo, come precedentemente previsto, anche la ristrutturazione edilizia sugli immobili del centro storico. Pertanto sono ora autorizzabili il mutamento di destinazione d’uso da uso residenziale ed uso commerciale, il frazionamento, l’ampliamento di SUL nell’ambito degli involucri esistenti, il recupero abitativo dei sottotetti.

Interventi edilizi nel centro storico: le possibili alterazioni

Questi interventi, secondo l’Associazione Italia Nostra Onlus, avrebbero determinato una potenziale alterazione del tessuto urbanistico-edilizio e socio-economico del centro della città di Firenze, col rischio di vedere di alterati i caratteri morfologici, con accentuazione della vocazione turistico commerciale a discapito della destinazione residenziale stanziale. Per tale motivo, l’Associazione aveva proposto ricorso contro i succitati atti del Comune ma il Tar Toscana lo aveva respinto con sentenza n. 118 del 12 dicembre 2019. Sentenza confermata in appello dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 7019 del 7 agosto 2024.

La sentenza riveste importanza generale in quanto chiarisce la nozione di beni tutelati per il valore culturale-paesaggistico e la discrezionalità dell’Amministrazione nel consentire interventi edilizi nei centri storici. Infatti, il Consiglio di Stato ribadisce l’affermazione del Tar Toscana (contestata da Italia Nostra) secondo cui il centro storico della città di Firenze non può essere considerato (in sé) alla stregua di bene culturale paesaggistico ex lege.

Centro storico e interesse pubblico: la disciplina degli interventi edilizi

Il Tar Toscana aveva rilevato che l’art. 136, comma 1, lett. c) del dlgs n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) significa solo che i centri storici possono essere dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi degli artt. 138 e seguenti, non essendo compresi nelle aree vincolate ex lege ai sensi dell’art. 142 del Codice. Infatti, la disciplina relativa ai beni culturali consente di vincolare singoli immobili, ma non indiscriminatamente tutti gli edifici di una intera città o del relativo centro storico.

Inoltre l’inclusione di beni nell’elenco dei beni tutelati dall’UNESCO non comporta alcun automatismo nella sottoposizione a vincolo di beni immobili ma è finalizzato a creare le condizioni per la loro valorizzazione tramite appositi piani di gestione che definiscano le priorità di intervento, le relative modalità attuative, le azioni esperibili per reperire le risorse pubbliche e private necessarie, e le opportune forme di collegamento con programmi o strumenti normativi.

Il Consiglio di Stato aderisce a questa tesi, chiarendo che spetta all’Amministrazione apporre il vincolo paesaggistico a un centro storico, in ragione del “caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale”. Secondo il vigente Codice dei beni culturali, dunque, non si può prescindere da una espressa e formale declaratoria del vincolo, sia per la ragione che l’atto impositivo del vincolo può imporre determinate prescrizioni di tutela ulteriori a quelle previste dallo strumento urbanistico o dai piani paesaggistici, sia per assicurare certezza sullo status dei beni nella circolazione dei beni giuridici. La dichiarazione di un bene nel patrimonio mondiale UNESCO può, semmai, integrare una circostanza idonea a giustificare l’avvio del procedimento per la declaratoria di interesse pubblico.

Ristrutturazione edilizia ma con stringenti prescrizioni

Il Comune di Firenze ha ritenuto di rivedere le norme del Regolamento Edilizio, ampliando di fatto la tipologia degli interventi ammissibili nel centro storico, per realizzare gli interventi minimi necessari ad adeguare i fabbricati alle esigenze della vita contemporanea, in mancanza dei quali tali immobili sarebbero stati destinati al progressivo abbandono. La possibilità di effettuare, anche nel centro storico, mutamenti di destinazione d’uso con impianti nonché interventi di ristrutturazione, è soggetta, però, ad una serie di limitazioni e prescrizioni che il pianificatore territoriale è libero di individuare per rendere l’attività edilizia più consona rispetto alle esigenze del proprio territorio e patrimonio edilizio.

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Le limitazioni imposte rendono gli interventi di ristrutturazione edilizia più simili, nella sostanza, a degli interventi di risanamento conservativo. Tuttavia, la nozione legislativa di “risanamento e restauro conservativo” è estremamente limitativa, e non consente di intervenire sugli edifici incrementando il numero di unità immobiliari, o attuando una diversa distribuzione delle superfici o di attuare un cambio di destinazione d’uso anche con opere di modesta entità. Consentendo la ristrutturazione edilizia, ma condizionando la stessa a determinate condizioni, il Comune di Firenze ha scelto di rendere possibili anche gli indicati interventi, con la finalità di rendere interessante il recupero degli edifici del centro storico, che altrimenti sarebbero verosimilmente condannati al degrado.

Tutele del centro storico: le prescrizioni

Per il Consiglio di Stato, la scelta del Comune di Firenze di aprire il centro storico a determinati interventi edilizi risulta scevra da travisamento e da macroscopica irragionevolezza, considerando le stringenti e puntuali prescrizioni per la tutela del centro storico:

  1. il divieto di demolizione dell’edificio esistente (ad eccezione delle superfetazioni);
  2. il divieto di incremento del volume lordo complessivo;
  3. il divieto di modifica della sagoma (esclusione della eliminazione delle superfetazioni e delle modeste modifiche necessarie a migliorare la funzionalità delle coperture);
  4. il divieto di modifiche sostanziali della composizione dei prospetti sulla via pubblica;
  5. il divieto di modifica della quota di imposta della copertura (salvo modeste modifiche necessarie per esigenze di consolidamento, con tecniche e materiali compatibili);
  6. il divieto di modifica della distribuzione principale interna (androni, corpi e scale ecc);
  7. il divieto di modifica dell’imposta e dei materiali degli orizzontamenti strutturali;
  8. il divieto di modifica della quota d’imposta della copertura (salvo modifiche, non altrimenti conseguibili, relative al consolidamento);
  9. obbligo di mantenimento degli apparati decorativi;
  10. il divieto del passaggio dalla destinazione residenziale a quella turistico-ricettiva nel centro storico-Unesco.

Inoltre, viene prevista la necessità di previo rilascio di permesso di costruire o Scia sostitutiva e l’obbligo di accompagnare il progetto di ristrutturazione edilizia con uno studio preliminare teso a documentare le caratteristiche di interesse storico e documentale presenti, e le manomissioni o le alterazioni intervenute rispetto all’originale consistenza o le difformità rispetto al progetto originale per gli edifici di interesse documentale del moderno.

È imposto, inoltre, per l’ambito del nucleo storico-zona A, il mantenimento della composizione architettonica della facciata principale fronte strada e della geometria della copertura, il divieto di introdurre aggetti superiori a quelli esistenti sulla pubblica via, il divieto di realizzare terrazze a tasca, il divieto di chiudere logge e porticati.

La disciplina urbanistica di Firenze

La disciplina urbanistica prevista di Comune di Firenze individua quindi un sistema di tutele stringente che non risulta palesemente distonica rispetto alla finalità di tutelare il centro storico, né, peraltro, risulta porsi in contrasto con la disciplina normativa vigente né con specifiche e puntuali prescrizioni vincolistiche. Ne consegue che non sussistono le condizioni per sindacare la scelta pianificatoria del Comune, dovendosi anche ricordare che i Comuni, nell’esercizio della loro potestà pianificatoria, ben possono “disciplinare in via sostanziale le attività concretamente assentibili in specifiche zone, laddove ciò sia coerentemente rapportato alle peculiarità di un determinato contesto urbanistico ed architettonico”.



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