«Negoziare con Putin è un vero suicidio per l’Occidente»

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Pace o resa? È questo l’interrogativo che serpeggia a Kyiv e che preoccupa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Subito dopo l’insediamento alla Casa Bianca, come anticipato durante la lunga campagna elettorale, Donald Trump ha rotto il ghiaccio e ha iniziato a parlare con Putin. L’obiettivo: ragionare in tempi brevi sulla fine della guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina iniziata quasi tre anni fa. La nuova amministrazione statunitense ha avviato un dialogo con Mosca per “negoziati immediati” e arrivare ad una pace tra Ucraina e Russia.

L’iniziativa di Washington cela però più rischi che opportunità, soprattutto per l’Europa. L’Unione europea, per il momento, è relegata ad un ruolo di osservatrice. Francia, Gran Bretagna e Germania reclamano spazio nelle trattative per il cessate il fuoco. «Trump – dice al Dubbio Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni internazionali nell’Università Cattolica di Milano – sta innanzitutto smantellando quello che restava dell’Occidente. Sicuramente riuscirà a farlo, così come riuscirà a distruggere le fondamenta della leadership americana del secondo dopoguerra».

Professor Parsi, il presidente degli Stati Uniti ha aperto un canale di comunicazione con Putin, solo dopo ha coinvolto Zelensky. Questo metodo è significativo ed indica una strategia precisa? Le trattative che verranno avviate porteranno ad una pace o ad una resa dell’Ucraina?

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Con queste premesse quello che sta trattando Trump è, di fatto, una resa. Ha consegnato tutto quello che Vladimir Putin potrebbe desiderare in premessa della discussione. Putin, quindi, è già in una posizione di vantaggio. Tutto quello che otterrà sarà oltre quello da cui si parte. Si sta attuando una strategia suicida dal punto di vista degli interessi americani e occidentali.

Al centro degli eventuali negoziati ci saranno alcuni territori che ingolosiscono gli Stati Uniti?

Sì, pensiamo a quei territori nei quali sono particolarmente concentrate le terre rare, quello scudo ucraino dal punto di vista geologico che sembra essere l’unica cosa che interessa a Donald Trump. Il problema con Trump è che sembra sempre molto poco informato sui dossier. Ma questo è un problema per tutti gli Stati Uniti, perché tante cose che Trump fa così spiazzanti sono pure totalmente irrazionali.

L’Ucraina rischia di essere nei piani del presidente statunitense una sorta di agnello sacrificale e dovrà fare solo concessioni alla Russia con Putin che, a sua volta, potrebbe assumere il ruolo di negoziatore forte?

Putin non sta negoziando. Putin sta portando a casa tutto quello che vuole. Questo non si chiama negoziato in nessuna lingua del mondo e tutto ciò avviene deriva dalla inconsistenza strategica degli Stati Uniti. Se questa è la strategia di Trump o è suicida o nasconde chissà quale inconfessabile segreto.

L’Europa in questo contesto, nonostante la vicinanza politica ed economica sempre dimostrata nei confronti dell’Ucraina, è stata di fatto messa da parte. È una scelta intelligente dell’amministrazione Trump?

A mio avviso no. Ed è una scelta alla quale l’Europa dovrebbe reagire cercando di assumere delle posizioni unitarie sui dossier così importanti come quello sull’Ucraina. Si dice spesso che dobbiamo assumere una maggiore responsabilità nella nostra difesa. Ma, al di là delle chiacchiere, non lo stiamo facendo. Non basta dire che bisogna mettere i soldi, occorre farlo oltre che annunciarlo.

Francia, Gran Bretagna e Germania stanno manifestando perplessità e preoccupazioni per i piani di Washington. Sostengono che l’Ucraina debba essere messa in una condizione di forza e reclamano un ruolo nei futuri negoziati per il cessate il fuoco. Queste tre potenze riusciranno a farsi sentire?

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Intanto, mi preme sottolineare che stona l’assenza dell’Italia in questo quadretto. Il nostro Paese non conta perché il governo si muove in maniera isolata e non in coordinamento con i suoi alleati europei, pensando di portare a casa qualche vantaggio dagli Stati Uniti. Lo stiamo vedendo in che conto gli Stati Uniti tengano l’Europa.

Più in generale l’Europa rischia di essere fatta definitivamente fuori dai negoziati riguardanti la fine della guerra in Ucraina?

È possibile, ma dipenderà da quello che riuscirà a mettere in campo. Se l’Europa metterà in campo unità e determinazione in merito ad un appoggio sostanziale in favore dell’Ucraina, allora le cose potranno cambiare. Se però continuiamo solo a parlarne, la situazione resterà bloccata.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha sempre espresso massima vicinanza all’Ucraina anche con una serie di missioni a Kyiv. Dovrà tacere di fronte al “metodo Trump” che potrebbe mettere in un angolo l’Unione europea?

Meloni deve scegliere se essere una leader, insieme agli altri, di una Europa che parla collettivamente o se vuole essere la portavoce di Trump nel nostro continente. Questa è la differenza: se vuoi essere un protagonista o un vassallo. Non mancano, inoltre, in questo contesto dei rischi. Nella maggioranza di governo Salvini si è già mosso e continua a muoversi per fare gli interessi di Mosca. Inoltre, all’interno di Fratelli d’Italia ci sono frange che non sono così favorevoli al sostegno verso l’Ucraina. La stessa cosa vale, in parte, anche per Forza Italia. La leadership si dimostra in questi frangenti e in situazioni complesse come quelle che stiamo vivendo. Se Meloni è convinta che la leadership si possa ottenere e consolidare nei sondaggi o facendo la voce grossa con i magistrati, siamo a posto. La leadership si dimostra sui tavoli internazionali. Tu puoi contare quanto vuoi sui sondaggi, ma se sei considerato inaffidabile da quelli che hanno un ruolo primario nel sistema internazionale le cose cambiano di molto.



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