Lo Russo: “Ius soli per rilanciare l’economia, la destra ascolti gli industriali”

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«L’incontro con il Cardinal Zuppi è stato molto cordiale e profondo. Le preoccupazioni sugli scenari sono condivise», ragiona Stefano Lo Russo, sindaco di Torino e vicepresidente dell’Anci per i rapporti internazionali, dopo l’incontro con il presidente della Conferenza episcopale italiana.

Quali preoccupazioni?
«Gli scenari internazionali stanno cambiando rapidamente e l’Europa deve rafforzarsi per restare competitiva. Riscrivere la propria grammatica politica».

Avete parlato dell’effetto Trump?
«Non solo. Davanti alla crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina, solo un’Unione Europea più coesa può mantenere il suo ruolo economico, politico e culturale».

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Come, se si presenta così divisa?
«Per essere forte all’esterno, l’Europa deve prima consolidare i propri valori all’interno. Trovando risposte efficaci su temi cruciali: declino demografico, immigrazione, cittadinanza».

Perché parlarne con il capo dei vescovi italiani?
«Credo che la Chiesa possa giocare un ruolo molto importante nel rafforzare le politiche di coesione sociale, oggi necessarie in Italia e in Europa».

Su quali temi avete impostato il dialogo?
«L’Europa sta attraversando un calo demografico senza precedenti: la natalità è ai minimi storici, l’invecchiamento della popolazione minaccia la sostenibilità economica e sociale».

Dunque politiche per la famiglia?
«Sostenere le famiglie e incentivare le nascite è essenziale, ma non basta. Queste politiche, tra l’altro, richiedono anni per dispiegare effetti».

Nel frattempo?
«È indispensabile affiancare una nuova visione dell’immigrazione, non più basata su una logica emergenziale, ma su una strategia di lungo periodo».

Quale?
«L’immigrazione regolata e inclusiva può essere una risorsa per la crescita economica e il benessere sociale. Investire in percorsi di integrazione, formazione e accesso al lavoro significa rafforzare l’intero tessuto produttivo e culturale italiano ed europeo».

Più ingressi? Una sanatoria degli irregolari? Oppure riforma della cittadinanza?
«Il tema della cittadinanza non è solo una questione etica, ma anche un’opportunità economica. Riconoscere come cittadini coloro che nascono e crescono in Italia significa favorire i processi di integrazione delle famiglie e facilitare l’inserimento nei circuiti economici e sociali. Dare la cittadinanza a chi ha studiato, lavorato e contribuito alla società vuol dire creare stabilità e sviluppo».

Nei mesi scorsi si era parlato di un accordo Pd-Forza Italia. Poi non è successo nulla. Il Pd deve insistere sullo ius soli, la cittadinanza per chi nasce in Italia?
«L’obiettivo strategico deve essere lo ius soli, ma per arrivarci e superare le resistenze politiche si potrebbe partire dallo ius scholae, ovvero il riconoscimento della cittadinanza ai minori stranieri che hanno completato un ciclo scolastico in Italia».

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Dunque convergere sulla proposta di Forza Italia?
«Occorre riprendere la discussione, nel Paese e in Parlamento, nell’auspicio che si possa creare una maggioranza favorevole, eventualmente anche trasversale agli schieramenti. Infatti questa proposta ha già trovato sostenitori anche nel centrodestra e potrebbe essere il primo passo per costruire un consenso più ampio».

Perché oggi potrebbe diventare possibile ciò che finora è stato impossibile?
«Perché un’Italia e un’Europa più inclusive non sono solo più giuste e sicure, ma anche più competitive e capaci di valorizzare tutte le energie presenti sul territorio».

Crede che possa fare breccia oltre il perimetro della sinistra?
«A chi continua a opporsi pregiudizialmente, dico che basta ascoltare cosa pensano, dicono e scrivono gli industriali, per rendersi conto dell’emergenza a cui stiamo per andare incontro».

Nell’incontro con Zuppi lei ha parlato di diplomazie delle città. Che cosa intende?
«Mentre gli Stati faticano a rispondere alle crisi globali, le città stanno emergendo come protagoniste della diplomazia internazionale».

Con quali strumenti?
«Dalla gestione delle emergenze umanitarie ai progetti di cooperazione, creano reti di solidarietà e sviluppo che spesso superano le rigidità della politica nazionale».

Che cosa volete fare?
«Potenziare gemellaggi, scambi culturali e collaborazioni economiche anche attraverso il ruolo delle società partecipate nei servizi pubblici: acqua, rifiuti, trasporti. L’Europa deve riconoscere e rafforzare questa dimensione. L’Anci può essere un potente strumento di diplomazia per le relazioni internazionali e la cooperazione nelle aree di crisi».

Nell’Anci sta rinascendo un “partito dei sindaci”?
«I sindaci e gli amministratori locali, a prescindere dal colore politico, sono abituati più di altri a un pragmatismo che può essere molto utile all’Italia per risolvere questioni concrete anche in scenari più complessi».

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