di Marco Cremonesi
Ad aprile le assise nazionali della Lega. E c’è chi parla di tesseramenti «avventurosi»
ROMA – «Perché, c’è un congresso?». La battuta del leghista di lungo corso racconta bene lo stato d’animo del partito. E peraltro, l’autore è un salviniano convinto. E convinto, come tutti, che per Matteo Salvini sarà una passeggiata.
La Lega tornerà a congresso «prima di Pasqua». Il 5 e 6 aprile (ma la data ufficiale ancora non c’è) Matteo Salvini chiederà al suo partito un nuovo mandato da segretario. Dopo undici anni al timone, due volte da ministro e vicepremier (e due governi impallinati, Conte 1 e Draghi), dopo una navigazione sempre in mezzo alla burrasca, Salvini non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Per quanto riguarda il governo, ieri ha chiarito che «da numero due mi riposo, ma l’obiettivo è tornare numeri uno. L’importante è partecipare puoi dirlo a un figlio di 7 anni che gioca a calcetto». E per il partito, l’intenzione è quella di mettere a tacere una volta per tutte le voci che lo vogliono in difficoltà.
Certo, l’evento di aprile — con il leader che batte sul tasto del congresso «programmatico» — certificherà il cambio di pelle della Lega. Partito non più nordista ma nazionale anche nei delegati che saranno chiamati al voto per il nuovo mandato. Ai delegati del Sud è infatti affidato il compito non detto di mettere al sicuro il risultato del leader. Nel partito si parla di tesseramenti avventurosi, del modo per chiudere la questione degli anni di militanza necessari per far parte della platea congressuale. In breve: dei circa sette o ottocento delegati, moltissimi saranno del meridione. Del resto, spiega un leghista pragmatico, «ci sono territori al Sud in cui la Lega prende più che al Nord».
Roberto Calderoli era convinto che non si sarebbe riusciti a convocare il congresso per aprile. Perché, appunto, la platea congressuale è ancora tutta da costruire. Di fatto, solo i delegati lombardi sono stati eletti. Anche in Veneto, dove pure il congresso regionale si è svolto, i delegati sono stati rimandati a dopo la riscrittura dello Statuto. Ma Salvini ha tirato dritto. E ha affiancato a Calderoli anche i suoi vice: l’abile uomo macchina Claudio Durigon e i giovani Andrea Crippa e Alberto Stefani. Con un input preciso: «Procediamo».
Il nome dovrebbe rimanere quello noto, «Lega per Salvini premier» anche se nel partito alcuni non escludono che il riferimento al nome del leader possa essere superato. Che i giochi appaiano ormai fatti, è un gatto che si morde la coda: difficile che qualcuno voglia uscire allo scoperto, difficilissimo che ci sia una candidato che si schiera contro il segretario uscente. Significherebbe la propria dipartita politica.
E così, i salviniani si attendono di vincere. E di vincere bene. Ironizza Paolo Grimoldi, ex leghista fondatore del «Patto per il Nord» che mercoledì è stato dichiarato incompatibile con la Lega: «Sostengono che chi ha la nostra tessera è incompatibile? Benissimo! E l’associazione di Vannacci?». Grimoldi è sferzante: «Rieletto Salvini, i tesserati che faranno? Passeranno altri dieci anni a lottare per il Sud?».
Ad ogni modo, se congresso deve essere, qualcosa di nuovo andrà pur detto. Salvini inaugurò il suo mandato, nel dicembre del 2013, intessendo l’alleanza con i partiti sovranisti che oggi condividono con lui i Patriots all’Europarlamento. Così come questa volta insisterà sulla linea ultra trumpiana che ha (da tempo) assunto. Però, occorre non dimenticare che la Lega è un partito autonomista, che ascolta i territori. Magari i territori esprimeranno un presidente del partito e il congresso sarà preceduto da tre giornate programmatiche, al Nord, Centro e Sud. Veneto, Marche e Campania. Ma appunto: se è vero che i problemi di Salvini non sono pochi, il congresso della Lega pare proprio che non sia tra questi.
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