Le armi italiane a Gaza: parla Stefania Maurizi

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Stefania Maurizi è una giornalista d’inchiesta con una carriera decennale alle spalle, durante la quale ha lavorato per testate prestigiose come L’Espresso e La Repubblica. Nel 2020, ha deciso di lasciare La Repubblica per continuare a dedicarsi al caso Julian Assange e a WikiLeaks, un tema che riteneva non potesse più essere affrontato con la necessaria indipendenza dopo l’acquisizione del giornale da parte di John Elkann. Maurizi tiene a precisare di non essere mai stata una collaboratrice di Julian Assange o di WikiLeaks, ma di aver sempre agito come media partner, lavorando sui documenti segreti di WikiLeaks per conto del suo giornale. Tra i giornalisti internazionali, è l’unica ad aver analizzato tutti i documenti segreti di WikiLeaks, un lavoro che l’ha portata a scoprire verità scomode e spesso taciute.

In una chiacchierata con InsideOver, Maurizi ci racconta l’ultima sua inchiesta pubblicata su Il Fatto Quotidiano, che rivela nuove informazioni sulla complicità italiana nel conflitto israelo-palestinese e sul ruolo delle basi Nato in Italia. Definisce il bagno di sangue a Gaza come “genocidio”, spiegando che non è una sua opinione, ma “la definizione adottata da Amnesty International”, sebbene ignorata dal governo e da gran parte dei media, anche di centrosinistra.

Nella sua indagine, realizzata in collaborazione con Progressive International, Maurizi rivela che Leonardo, il gigante italiano degli armamenti, continua nel 2025 a fornire assistenza tecnica da remoto, riparazioni e ricambi per la flotta di velivoli M-346, utilizzati per l’addestramento dei piloti israeliani. “Alla nostra richiesta di informazioni sul valore del contratto per il 2025, Leonardo non ha risposto, limitandosi a dire che il contratto risale al 2012”, spiega Maurizi.

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Il governo Meloni ha dichiarato di aver bloccato tutte le nuove licenze di esportazione di armi, ma il contratto per i velivoli M-346, essendo partito nel 2012, non rientra in questa categoria. “Tuttavia, è evidente che la situazione del 2012 non è più quella di oggi. Oggi siamo di fronte a un genocidio, e nascondersi dietro un dito non ci assolverà. Le capacità apprese dai piloti israeliani grazie a questi programmi di addestramento verranno utilizzate sul campo di battaglia”.

David Adler, coordinatore generale di Progressive International, ha dichiarato: “Il fatto che Leonardo abbia confermato la sua collaborazione con Israele anche dopo che i crimini di guerra sono stati documentati dà una misura delle complicità dell’Italia”. L’opinione pubblica italiana si sta mobilitando, ma il governo sembra sordo a queste richieste.

“I documenti segreti rivelati da Julian Assange e WikiLeaks mi hanno fatto capire il ruolo cruciale delle basi NATO in Italia nella macchina da guerra degli Stati Uniti e dei loro alleati”, spiega Maurizi, che deve affrontare su questa storia le ironie e la diffidenza di molti colleghi dei grandi media. “Un cablo dell’ambasciatore americano a Roma, Mel Sembler, inviato prima della guerra in Iraq, descriveva con soddisfazione come il governo Berlusconi avesse collaborato per evitare che il presidente Ciampi sollevasse questioni costituzionali sul dispiegamento della 173esima Brigata Aviotrasportata dall’Italia all’Iraq”.

“Sembler scrisse: ‘Abbiamo ottenuto quello che abbiamo chiesto […] aeroporti, porti e infrastrutture dei trasporti sono state messe a nostra disposizione”. Questo tipo di fatti viene completamente rimosso in Italia, ed è questa rimozione che ci permette di far finta di non avere responsabilità nelle guerre degli altri”.

Nel corso della mattanza a Gaza, Progressive International ha tracciato almeno 13 voli cargo da Sigonella alla base israeliana di Nevatim, operati dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. La nostra inchiesta ha esaminato 631 dei 6.000 voli militari che hanno interessato l’area della Palestina e del Libano dal 7 ottobre 2023 al 7 ottobre 2024. Tra questi, 34 voli sono stati effettuati dall’aereo Beech Shadow R1, utilizzato per la raccolta di intelligence.

La domanda fondamentale è come sia stata usata l’intelligence raccolta dallo Shadow e dai droni. “Questa è la domanda fondamentale. Nel Regno Unito, media indipendenti come Declassified UK hanno sollevato questioni simili, portando Jeremy Corbyn a chiedere spiegazioni in Parlamento. In Italia, invece, non risulta che alcun parlamentare abbia fatto domande al ministro della Difesa, Guido Crosetto, dopo la nostra inchiesta”.

Secondo Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal), le forniture a Israele di componenti come quelle di Leonardo, dopo il 7 ottobre 2023, costituiscono una possibile violazione della legge italiana 185 del 1990 sull’esportazione di armi e del Trattato delle Nazioni Unite sul commercio di armi, ratificato dall’Italia nel 2014.

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L’Italia e gli altri paesi occidentali sono complici, dice Maurizi, venendo meno anche a una certa capacità di ragionare autonomamente dagli Stati Uniti che li aveva caratterizzati in passato: “La Norvegia, ad esempio, supporta il popolo palestinese, ma molte nazioni occidentali, tra cui Italia, Germania e Regno Unito, hanno votato in modo vergognoso sulla risoluzione delle Nazioni Unite del 18 settembre scorso, che chiedeva il ritiro di Israele dai territori palestinesi illegalmente occupati”.Il governo Meloni ha dichiarato che non arresterebbe Netanyahu nonostante il mandato della Corte Penale Internazionale, una posizione che rivela la passività rispetto all’egemone di Washington e tradisce una certa cultura articolata della destra sociale.

Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu ha impedito ai giornalisti internazionali di entrare a Gaza per documentare gli orrori compiuti contro la popolazione palestinese. Secondo il Committee to Protect Journalists (CPJ), al 7 febbraio 2025, 169 giornalisti sono stati uccisi a Gaza, di cui 161 palestinesi, 2 israeliani e 6 libanesi. Sono pochi però in Italia, spiega Maurizi, i media disposti a denunciare il militarismo galoppante e la scelta sciagurata di aumentare la spesa militare a discapito dello stato sociale.

Succede anche in un ecosistema mediatico di centro-sinistra sempre più concentrato sui sintomi della crisi del liberalismo, e non sulle origini della malattia: “I grandi media occidentali sono ormai nelle mani di oligarchi con potenti interessi economici, e promuovono quei interessi. Media che si schierano contro la guerra e difendono valori progressisti sono sempre più rari”.

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