la giudice proscioglie gli imputati

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Sentenza di non luogo a procedere e rinvio a giudizio per un capo d’imputazione. Si conclude così una parte della vicenda giudiziaria che negli anni scorsi ha acceso i riflettori della procura di Catania sulla filiale Unicredit di Cesarò, piccolo centro sui monti Nebrodi in provincia di Messina. A firmare il dispositivo, datato 24 gennaio, è stata la giudice per le indagini preliminari Anna Maria Cristaldi. Tra le persone coinvolte c’erano gli ex direttori della filiale Rosario Merendino e Angelo Cino, rispettivamente difesi dagli avvocati Ermanno Zancle e Fabio Massimiliano. Con loro due operatrici addette allo sportello – Milena Maria Ciofalo e Micaela Pitrone (difese dagli avvocati Mauro Ricciardo e Filippo Fusari) – e un quinto imputato, Gaetano Gusmano, assistito dall’avvocato Silvio Vignera. Erano accusati, a vario titolo, di alcuni episodi di circonvenzione di incapaci ai danni di anziani clienti della filiale. Per Cino, Pitrone e Ciofalo è arrivato il proscioglimento totale, mentre per Merendino e Gusmano una sentenza di non luogo a procedere per alcune contestazioni, mentre per un episodio si andrà a giudizio.

Stando alle accuse, le persone imputate avrebbero – a vario titolo – indotto alcune persone a sottoscrivere delle polizze vita, salvo poi lucrare sulle provvigioni economiche. Cimo e Gusmano, secondo i pubblici ministeri (pm), in una circostanza avrebbero abusato dello stato di infermità di una donna, identificata nell’ultraottantenne Concetta Leanza. Una piccola risparmiatrice, e con una prospettiva di vita limitata, che nel 2018 sottoscrisse una polizza da 15mila euro. In un certificato, risalente al 2020, alla presunta vittima 86enne era stata diagnosticata la demenza senile con aspetti deliranti. «In atti – si legge nelle motivazioni della giudice – non si rinviene alcuna indicazione relativa alle condizioni di salute della Leanza nel 2018 (quanto venne sottoscritta la polizza, ndr)». A mancare, secondo la giudice, sarebbe anche la prova di un rapporto tra l’allora direttore Cino e Gusmano, ossia l’uomo che secondo le accuse sarebbe stato un assiduo frequentatore dell’anziana. «Non vi è alcun elemento – si legge nelle motivazioni – che riveli particolari rapporti tra Cino e Gusmano e che possa far ritenere che gli stessi avessero agito in concorso tra loro e per un interesse comune».

Stesse conclusioni anche per un’altra vicenda in cui una donna, Nunzia Compagnone, stando alla ricostruzione dei pm, sarebbe stata indotta a realizzare degli investimenti e ad attivare delle polizze vita. Anche in questo caso sono stati provati i rapporti tra Gusmano e l’anziana, ma a mancare è la prova di una collaborazione tra l’allora direttore e l’uomo. «A maggiore ragione – sottolinea la giudice nelle motivazioni – queste conclusioni valgono per l’operatrice della filiale Maria Carmela Ciofalo: non vi è alcun elemento che possa portare a ritenere che la stessa avesse in qualche modo circonvenuto la Compagnone».

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Ultimo caso, con ancora protagonista l’anziana Concetta Leanza, risale invece ad aprile del 2020. In questa circostanza la contestazione, sempre per il reato di circonvenzione di incapace, avrebbe avuto come protagonisti gli ex direttori Cimo e Merendino, Gusmano e l’operatrice di filiale Micaele Pitrone. Sotto la lente d’ingrandimento sono finite la richiesta di rimborso anticipato di cedole di un fondo comune d’investimento e la sottoscrizione della polizza vita Univalore Italia, e il presunto accaparramento di provvigioni per 182 euro. «Non è dimostrato – scrive la giudice – che gli atti sottoscritti da Leanza fossero per lei pregiudizievoli, né vi fosse stata un’opera di persuasione da parte degli imputati ulteriore dalla mera proposta contrattuale, dovendosi anche considerare la cifra irrisoria che si sarebbe comunque potuta lucrare da quella provvigione». Per questa vicenda la giudice ha disposto il non luogo a procedere per Cimo e Pitrone, mentre Merendino e Gusmano saranno processati.





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